Un laboratorio multidisciplinare per l’ innovazione nei media

NYT Rilanciata in Francia la proposta emersa (‘’un po’ troppo timidamente’’) dopo gli Stati generali della stampa scritta – Trasformare la ‘’mediapocalisse’’ in una ‘’mediamorfosi’’ – Un intervento di Philippe Couve – Una ipotesi da valutare anche in Italia, alla luce della richiesta di convocare gli Stati generali dell’ informazione che era stata avanzata dalla Federazione nazionale della Stampa, il sindacato dei giornalisti italiani

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Un laboratorio multidisciplinare per stimolare l’ innovazione nei media a un livello adeguato rispetto alle sfide del momento. E’ la proposta, avanzata nella primavera scorsa, che Philippe Couve rilancia ora in Francia su Samsa News, il suo blog,  in un articolo sul design e l’ informazione online.

Secondo Couve l’ attuale architettura delle interfacce dell’ informazione online risente ancora in maniera pesante della tradizione cartacea, tanto che – sottolinea – le homepage sanno ancora troppo di prima pagina.

I giornalisti, se ancora ne restano, devono poter lavorare insieme ai designer e agli ergonomi (oltre che agli sviluppatori) per immaginare i media di domani. Pochi fra di noi si sono già mossi in direzione di quanti si sforzano di ripensare oggetti e servizi adatti ai nuovi usi. E finora sono stati soprattutto i produttori di apparecchi (Apple e iPhone soprattutto) che ci hanno costretto a ripensare la nostra offerta.

Da qui – continua Couve – l’ esigenza di rilanciare la proposta di un laboratorio multidisciplinare per cercare di trasformare la ‘’mediapocalisse’’ che si sta prefigurando ( l’ espressione è di Eric Schrerer dell’AFP), trasformandola in una ‘’mediamorfosi’’.

Una ipotesi da valutare anche in Italia, alla luce della richiesta di una sorta di Stati generali dell’ informazione che era stata avanzata anche dalla Federazione nazionale della Stampa, il sindacato dei giornalisti italiani.

In Francia, un anno fa, erano stati proprio gli Stati generali della stampa scritta a proporre (forse troppo timidamente, secondo Couve) di ‘’riflettere sulla creazione di un laboratorio per i nuovi media’’, ma dopo quello, più niente.

Non manca giorno – faceva notare Couve nel maggio scorso – che dagli Stati Uniti non arrivi qualche notizia di sperimentazioni nel campo del giornalismo partecipativo, dell’ informazione iperfocale o nel settore del data journalism e della visualizzazione dei dati.

Negli Usa il New York Times si è dotato di un laboratorio, potendo però basarsi su delle risorse economiche assolutamente fuori portata per i media europei. Da questa parte dell’ Atlantico si potrebbe fare qualcosa solo attraverso uno sforzo collettivo di più soggetti per mettere in campo gli investimenti necessari.

Le energie esistono, le competenze anche, pur se sono sparpagliate. Il campo di sperimentazione è vasto: editoriale, tecnico, economico, ergonomico, sociologico. Si potrebbe immaginare – spiega Couve – di istituire delle borse di studio per consentire agli studenti in giornalismo di seguirvi un anno finale di formazione centrato sulla ricerca, lo svuiluppo e la messa a punto di prototipi. E immaginare nello stesso tempo che alcuni operatori possano mettere a disposizione dei tecnici e delle tecnologie e la costituzione fra più soggetti di un insieme di docenti nel campo dell’ economia dei media, del marketing e della pibblicità.

Questo laboratorio, secondo l’ osservatore francese, dovrebbe avere come vocazione il lavoro su dei progetti concreti e il coordinamento di tutte le iniziative di ricerca e di analisi nel campo dell’ evoluzione dei media. E, naturalmente, i risultati di queste sperimentazioni verrebbero diffuse a beneficio di tutti.