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Vendite sotto i 5 milioni (come nel 1939) per i quotidiani italiani

Nel 2009 la diffusione dei quotidiani è scesa al di sotto dei 5 milioni di copie giornaliere, cioè ai livelli del 1939, quando l’Italia era un paese prevalentemente rurale.

Il dato emerge dal “Rapporto 2010 sull’industria italiana dei quotidiani”, elaborato dall’Osservatorio Tecnico per i Quotidiani e le Agenzie di informazione “Carlo Lombardi”, che nei prossimi giorni verrà diffuso in forma completa, ma le cui linee sono state presentate in occasione della della XIII edizione di WAN-IFRA Italia, la conferenza internazionale per l’industria dell’editoria e della stampa quotidiana, organizzata da WAN-IFRA, in collaborazione con FIEG e ASIG, e dedicata alla stampa industriale e alle nuove frontiere della stampa digitale.

Gli investimenti pubblicitari sui quotidiani nel 2009 – anticipa Key4biz.it – sono diminuiti del 16%. Dal 2000 al 2009 – sottolinea il Rapporto – la stampa quotidiana ha perso il 40% del fatturato pubblicitario, mentre i ricavi complessivi, nello stesso periodo, sono scesi del 20%.

In sostanza, ha sottolineato il Presidente dell’ Osservatorio, Alberto Di Giovanni , i nodi strutturali del mercato – la scarsa propensione alla lettura di ampi strati della popolazione, le distorsioni del mercato pubblicitario, la rigidità del sistema distributivo, la scarsa efficienza dei servizi postali – sono stati ulteriormente amplificati dalla crisi economica.

Secondo Di Giovanni, che ha lanciato un appello alle autorità pubbliche chiedendo un “intervento organico e profondo di ridefinizione dei nuovi equilibri dell’industria editoriale”, gli Stati Generali dell’editoria, più volte annunciati dal Governo (il sottosegretario Bonaiuti, proprio alla Conferenza Ifra, ne ha annunciato la convocazione per ottobre), costituirebbero “una occasione unica per intervenire su nodi quali la lettura, la diffusione, la formazione – ma anche per rivedere e semplificare un quadro normativo oggi disperso e contraddittorio, compartimentato in settori sempre più permeabili tra loro: ha senso oggi per esempio avere una regolamentazione separata per carta stampata e televisione? Ha senso fare distinzione tra prodotto editoriale cartaceo e online?”

“Non può essere rimandato oltre – ha concluso Di Giovanni – un intervento che punti a preservare l’informazione di qualità quale presidio insostituibile dei valori di libertà e pluralismo, anche attraverso un’ equa redistribuzione di costi e ricavi tra i vari attori del processo di produzione-distribuzione delle notizie, in un’ ottica di sostegno e riequilibrio del sistema”.

Una posizione in piena sintonia con la linea della Fieg, come Key4biz.it sottolinea ricordando le affermazioni espresse dal presidente FIEG, Carlo Malinconico, in un suo intervento alla Camera dell’aprile scorso. “…E’ un dato assodato – aveva rilevato il presidente degli editori di giornali – che parte significativa del traffico online deriva dalla ricerca di notizie di vario contenuto, fornite essenzialmente dal mondo dei giornali. […] Il beneficio di tale traffico, tuttavia, va ai motori di ricerca e alle imprese che forniscono servizi di connessione alla rete […] nessun introito proveniente da queste attività va a coprire, neppure in minima parte, i costi di produzione dei contenuti offerti dagli editori”.

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Slide: http://www.key4biz.it/files/000141/00014162.pdf

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