Se il sindaco si affida a Facebook: informazione o propaganda?

Renzi

La vicenda di Matteo Renzi, che rivendica il diritto di informare i cittadini come gli pare, accusa i giornalisti di essere una ‘’casta’’ e auspica l’ eliminazione dell’ Ordine, non coinvolge solo il problema del ruolo della mediazione giornalistica – Ma pone una questione molto più delicata: se gli amministratori vorranno coinvolgere davvero il Paese reale nell’azione di governo del territorio attraverso un uso corretto ed equilibrato delle piazze virtuali, dovranno riconoscere dignità sostanziale, e non solo mediatica, ai processi di confronto politico sviluppati sul web, stabilire delle regole certe per il loro utilizzo e limitarne l’uso per fini meramente propagandistici

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di Marco Renzi

Si possono informare i cittadini solo attraverso i social network? E’ lecito che un amministratore pubblico, e non – badate bene – un semplice uomo politico, by-passi completamente i mezzi di informazione e si dimentichi del suo stesso ufficio stampa, per comunicare con i suoi amministratati solo ed esclusivamente  attraverso Facebook?

La questione è al centro di un nuovo conflitto sull’ uso dei media che in questi giorni ha messo di fronte il sindaco di Firenze Matteo Renzi e le istituzioni giornalistiche toscane: l’ Ordine dei giornalisti e l’ Associazione Stampa Toscana.

A una nota di protesta di Ordine e sindacato, il sindaco ha risposto in una intervista al Corriere di Firenze accusando i giornalisti di essere una ‘’casta’’ e invocando la cancellazione dell’ Ordine.

E’ doveroso contestare il sindaco quando dice “credo di poter e dover comunicare nelle forme che credo più opportune”, afferma un documento di Ordine e Ast. Perché un sindaco, quando parla come sindaco, deve parlare in modi che sono fissati anche dalla legge (a partire dalla legge 150 sugli assetti dell’informazione e della comunicazione pubblica), usando in prima battuta i giornalisti dell’ ufficio stampa istituzionale e la mediazione giornalistica che essi sono professionalmente chiamati a esercitare (è questo che disturba?), garantendo massima diffusione (che dire della metà dei fiorentini che non ha nemmeno Internet?) e imparzialità (amici sui social network e non). Nessuno contesta Facebook e i social media, grande opportunità di comunicazione, partecipazione, democrazia, è evidente. Noi come sindacato siamo i primi a usarli. Ma ci sono tempi, modi, regole che devono essere rispettati. E per dirla tutta: con i nostri comunicati non intendiamo arrivare a Wall Street, come ironizza con pessimo gusto il sindaco, ma a quest’ultimo chiediamo una riflessione seria sull’argomento, in nome di quel dovere di informare che è un diritto di cittadinanza.

L’ uso di una piattaforma di social network per informare direttamente i cittadini, insomma, rischia di non essere informazione ma una “semplice” comunicazione di servizio, se non pura propaganda – lecita, per carità, ma sempre propaganda.

Insomma, senza una mediazione  il flusso diretto e molto spesso “ridondante” di informazioni che arriva dai palazzi del potere non informa il cittadino, ma rischia di tessere solo le lodi dei potenti.

Le notizie che l’ ufficio stampa – si badi bene,  l’ufficio stampa e non direttamente il soggetto politico, e quindi una struttura deputata e si presume professionalmente in grado di vagliare, confezionare e  divulgare notizie – trasmette alle redazioni vengono sottoposte ad una nuova valutazione da altri professionisti dell’ informazione, a un processo di verifica, di approfondimento e di valutazione con i soggetti sociali interessati e con le parti politiche opposte. E solo al termine di questo processo – in generale – viene divulgata.

Quello che sta accadendo da un poco di tempo a questa parte, e non solo a Firenze, è dunque, non un uso innovativo di strumenti di divulgazione moderni delle notizie. Ma un uso strumentale, e – permettetemi di dire – davvero poco accorto, da parte di presunti professionisti della comunicazione, dei cosiddetti new media.

Non filtrare una”presunta” notizia attraverso i meccanismi professionali che governano il processo di divulgazione dell’informazione reca grave danno alla comunità che viene in possesso di un’informazione parziale – nel senso raccontata solo da una  parte -  e incompleta, – nel senso di non valutata preventivamente dalle parti in causa e raccontata in modo distorto e parziale.

Ma quello che è più grave, è che un uso distorto di strumenti ancora non bene conosciuti, sia dai professionisti dell’ informazione che da quelli della comunicazione, rischia di generare confusione e  in situazioni di criticità o addirittura di emergenza, in cui invece il tempo a disposizione e le risorse sono molto ristrette, può mettere a rischio la salute stessa delle persone coinvolte nell’evento.

Inoltre,  anche ammettendo la buona fede dei soggetti coinvolti negli episodi di “scavalcamento mediatico”, chi ci assicura che il rapporto diretto con la cittadinanza attraverso le piazze digitali dei social network sia tenuto nel giusto conto dagli amministratori che se ne servono?

Le discussioni on line, che potrebbero davvero contribuire in maniera decisiva ad avvicinare in modo sostanziale amministratori ed amministrati, e quindi a migliorare il processo democratico del controllo del consenso e dell’amministrazione del territorio, vanno davvero ad influire nei processi di governo, e se sì in che modo?

Il dibattito fra amministratori e amministrati “maturato on line” che spesso produce risultati concreti, sotto forma di constatazioni dei problemi sollevati dalla web-cittadinanza.  In che modo viene tenuto nel giusto conto nella vita reale? Le constatazioni  maturate on line trovano poi riscontro  negli atti ufficiali degli amministratori pubblici?

Dove vanno a finire i dibattiti alimentati spesso da centinaia di post maturati in rete fra i rappresentanti dei cittadini e i propri elettori?

Per il momento, queste sembrano soprattutto tutte  domande retoriche, e quindi probabilmente ininfluenti nel reale processo democratico!

Se vogliamo migliorare l’ informazione rivolta ai cittadini attraverso i media digitali, e soprattutto se i nostri rappresentanti, democraticamente eletti, vorranno coinvolgere davvero, e in modo sempre più diffuso, attraverso dunque un uso corretto delle piazze virtuali, il Paese reale nell’azione di governo del territorio,  dovranno al più presto riequilibrare la situazione, riconoscendo dignità sostanziale, e non solo mediatica, ai processi di confronto politico sviluppati sul web, stabilire regole certe per il loro utilizzo e limitarne l’uso per fini meramente propagandistici.