Anche i fumetti per il rinnovamento del giornalismo
I media ‘’emarginati’’ come i comics, che in generale raccontano storie di persone emarginate, possono ridare senso alle testate mainstream per cercare di rendere il giornalismo, ancora una volta, uno strumento di denuncia popolare e rispettato – Il lavoro di Sarah Glidden, che ha affidato alla tecnica dei comics un suo  reportage sui 2 milioni di rifugiati iracheni in Siria – L’esperienza del Cartoon Movement
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La battaglia per la sopravvivenza di circa due milioni di profughi iracheni rifugiati in Siria negli ultimi otto anni dopo l’ invasione dell’ Irak è  il tema di The Waiting Room, un servizio di comic-journalism (giornalismo a fumetti, ma il nostro termine suona molto riduttivo) realizzato da Sarah Glidden, un’ artista di Brooklyn col pallino per il giornalismo che, senza fondi e senza nessuna specifica preparazione giornalistica, è riuscita a finanziare il suo reportage appoggiandosi a un sito di fundraising e aggregandosi a un gruppo di reporter ‘’veterani’’ del Common Language Project di Seattle.
Lo racconta sul sito Truth-out.org Adam Bessie, in un lungo articolo in difesa del giornalismo grafico – dal titolo  ‘’Warning: This Article Contains Graphic Journalism’’ – e delle sue grandi possibilità .
Nella passione, tenacia e idealità democratica cher lo caratterizza, il giornalismo grafico sta cercando di delineare una via più ottimistica per il cosiddettoo ‘’Quarto potere’’, spiega Bessie: ‘’un giornalismo indipendente che dice la verità non solo alle élite, ma a tutti i cittadini, come i fumetti hanno sempre fatto’’.
Brooklynese, sui trenta e qualcosa, giornalismo-dipendente per sua stessa ammissione e disegnatrice, Sarah Glidden – racconta Bessie – lamenta che l’ Iraq è diventato “notizia vecchia”, che i direttori trattano come fosse pane raffermo, un argomento stantio. Mentre gli stivali delle truppe restano sul terreno, le redazioni dei media stranieri – quello che è rimasto di loro – stanno chiudendo e quindi l’ occupazione in Iraq si è ritirata dalle prime pagine per finire in qualche notiziolina nelle pagine interne dei giornali, l’ ultima destinazione prima di sparire del tutto.
Glidden non ce la faceva a guardare dalla distanza di sicurezza del tuo Internet Explorer come la narrazione dell’ occupazione irakena lentamente andasse morendo e come le vicende dei rifugiati che scappano dalla guerra fossero destinate a diventare delle semplici note a pie’ di pagina di un futuro libro di storia che in gran parte verrà ignorato dagli studenti dei college.
E così ha deciso di prendere la storia nelle sue mani. Senza nessuna promessa di fondi e nessuna formazione giornalistica specifica, Sarah Glidden, già autrice di un libro di viaggio a fumetti , How to Understand Israel in 60 Days or Less, Vertigo, pubblicato su Cartoon Movement), si è prefissa di far luce sulla vicenda, in grandissima parte ignorata, di circa 2 milioni di iracheni che si sono rifugiati in Siria durante gli otto anni di guerra. E si è rivolta al sito di fundraising , Kickstarter, per sovvenzionare il suo viaggio, ottenendo circa 80 contributi personali, alcuni dei quali anche inferiori ai 10 dollari, per finanziare il suo viaggio.
Glidden – continua Adam Bessie – non scrive, non scatta fotografie, non conosce le tecniche di ripresa delle immagini: usa gli acquerelli per illustrare la vita dei rifugiati che cercano di sopravvivere a Damasco in una storia a fumetti intitolata  The Waiting Room.
Per i non addetti ai lavori, il progetto di Glidden di fare un servizio in Siria senza esperienza giornalistica e senza risorse, e di farlo per giunta a fumetti,  potrebbe sembrare ridicolo. Ma la prima a sorridere dovrebbe essere proprio Sarah Glidden, con cui ho parlato al suo rientro dal viaggio in Iraq e Siria fatto insieme a un gruppo di inviati veterani che fanno capo al Common Language Project di Seattle. Mi ha raccontato che era intimorita di fronte al lavoro dei grandi reporter ed era pienamente cosciente del fatto di non essere un reporter e che i fumetti non sono un mezzo che un lettore medio può prendere sul serio.
Ma, contrariamente ai resoconti tradizionali e sterili dall’ Iraq, il racconto per immagini di Glidden è pieno di vita: si è gettata  in una storia poco nota spendendo i suoi soldi e dedicando un gran numero di ore a tradurre in immagini le interviste, con un racconto accurato e appassionante.
Giornalisti ‘’a fumetti’’ come Sarah Glidden – osserva Bessie – utilizzando media marginali per raccontare storie emarginate di persona emarginate sperano di ridare senso ai media mainstream per rendere non solo i fumetti, ma il giornalismo stesso,  ancora una volta, uno strumento di denuncia popolare e rispettato.
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– Sarah Glidden racconta su Graphicjournos.com la storia del suo reportage.
– Molto interessante il sito del Cartoon Movement