Arianna Huffington è intenzionata a sbarcare in grande stile in Europa. Ma incontrerà delle grosse difficoltà – L’ industria dei media, spiega su Forbes Benoit Raphael, non è come quella del cinema: lanciare una nuova testata è sempre una nuova avventura, non un sequel – E i segnali che vengono da Londra non sono particolarmente incoraggianti, visti i bassi numeri dei commenti registrati dall’ edizione britannica, partita il 6 luglio
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Arianna Huffington è intenzionata a sbarcare in grande stile in Europa. Ma incontrerà delle grosse difficoltÃ
Ne è convinto Benoit Raphael che, in un ampio articolo su Forbes, spiega perché:
Primo: la situazione è cambiata. L’ Huffington Post non è più il sito progressista lanciato nel 2005 da 5 blogger e un redattore, ma è un’ arma potente nelle mani di AOL che, come ha spiegato il suo CEO, Tim Armstrong, vorrebbe diventare per i contenuti quello che Amazon è diventato per il commercio e Google per le ricerche.
Secondo: la competizione è dura perché dovrà vedersela con dei media molto aggressivi, come il Guardian, che ha – anch’ esso - intenzione di espandersi a livello internazionale.
Terzo: lanciare una edizione in un paese estero è veramente una sfida complessa, come del resto conferma proprio l’ esperienza del Guardian, che nel 2007 aveva fallito il suo sbarco negli Usa e che ora non parla di una ‘’edizione americana’’, ma di una ‘’copertura locale’’ delle notizie provenienti dagli States (paradossalmente, mentre l’ edizione americana fu un fallimento, quella britannica attira molti lettori americani, interessati ad avere un punto di vista esterno sulle loro vicende).
La versione UK dell’ HuffPo è partita il 6 luglio. Ha avuto la fortuna di capitare nel pieno dello scandalo del News of the World e poi delle violente ribellioni scatenate nelle periferie della città . Ma nonostante questo, come ha rilevato un collaboratore del Guardian, il numero medio dei commenti per articolo è stato inizialmente di 2,9. Una cifra salita a 3,9 e poi a 5,4 nelle due settimane successive.
L’ edizione francese dell’ Huffington Post – racconta Forbes – dovrebbe partire invece prima della fine dell’ anno e per preparare il lancio, nel giugno scorso, la signora Huffington aveva incontrato a Parigi, al bar del Bristol Hotel,  uno dei più chic della città , i leader di alcune grosse testate: Pierre Haski, di Rue89, Louis Dreyfus, di leMonde e Jacques Rosselin, direttore del quotidisano  economico la Tribune. E un gruppo di imprenditori e intellettuali, fra cui il suo amico Bernard-Henry Levy, che tiene un blog sull’ HuffPost e che probabilmente è la persona chiave per la costruzione del team francese della testata.
Che ha detto a costoro la signora Huffington? Che l’ edizione francese sarà lanciata prima della fine dell’ anno e che lei non vuole ‘’guerra’’, ma un accordo i media francesi, per dar loro la massima visibilità . La stessa tattica usata per lanciare le edizioni locali del sito a New York e a Chicago.
Con la differenza che lanciare una edizione ‘’locale’’ in Francia non è la stessa cosa che lanciare pagine locali negli Usa, o al limite anche in Uk.
In Francia, escludendo un gruppo di esperti e appassionati del sito (fra cui il sottoscritto) – commentaRaphael – , praticamente nessuno ha sentito parlare dell’ Huffington Post, un nome anche difficile da pronunciare in francese.
Arianna Huffington dovrebbe mettere su una redazione molto forte, con un direttore carismatico, e non basterebbe. L’ ultima testata Usa che ha cercato di conquistare la Francia era stata Slate con la sua edizione,  Slate.fr. Dando vita a un’ azienda collegata con partner prestigiosi come l’ ex direttore di leMonde Jean-Marie Colombani e il noto scrittore Jacques Attali. E affidando la direzione a Johann Hufnagel, ex direttore di Libération e redattore capo di 20minutes, il terzo sito web francese.
Ma nonostante tutto questo Slate.fr non ha mai raggiunto i livelli di audience americani e si è attestata attorno a1 milione di utenti (Nielsen) dopo due anni (843.000 nel luglio scorso). In confronto Le Plus, una testata partecipativa creata da me nel maggio scorso per la rivista francese le Nouvel Observateur- dice Raphael – ha ottenuto 922.000 visitatori unici a luglio, dopo appena due mesi di esistenza e utilizzando 4 giornalisti.
Arianna Huffington avrebbe bisogno di qualcosa in più di un grande team e di una vasta ambizione.
Naturalmente, ‘’le elezioni presidenziali del 2012 potrebbero portare un bel po’ di traffico a HuffPo France’’, come osserva Paul McNally nel suo blog. Ma tutte le testate francesi si sono preparate, e stanno continuando a farlo, proprio prendendo l’ HuffPo a modello. Trovare un blogger francese che non sia stato già interpellato in vista di quella scadenza è veramente complicato. E poi in Francia i collaboratori vengono pagati.
Ovviamente, la maggior parte dei media francesi hanno ben capito quale è la reale chiave del successo dell’ HuffPo: la cura compulsiva dei contenuti di entertainment e un altissimo livello tecnologico che consente di adattare i contenuti a quello che la gente cerca su Google o sui social network. Questo potrebbe essere l’ unico elemento che fa la differenza per quelli dell’ Huffington Post: sono dei guerrieri di Google e Facebook. Riescono a spingere i loro contenuti  ai livelli più alti di ’’viralità ’’ e visibilità nei motori di ricerca.
Basterà questo per riuscire? A me – conclude Raphael – piacerebbe, perché adoro il modo con cui l’ Huffington Post ha cambiato le regole della produzione e della distribuzione editoriale. Ma Arianna Huffington ha molte cose da rimettere a punto prima di tentare lo sbarco in Europa. L’ industria dei media non è come quella del cinema. Lanciare una nuova testata è sempre una nuova avventura, non un sequel. Puoi azzeccare un modello, una esperienza, una visione… ma non i templates adatti.