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Come i dati diventano giornalismo: le esperienze del New York Times e del Guardian


Il caporedattore grafico del NYT, Matthew Ericson, e il capo del Data Blog del quotidiano britannico, Simon Roger, spiegano le rispettive strategie nel campo della visualizzazione dei dati – Fornire un contesto, anche geografico, descrivere i processi, mostrare le strutture sono i principali obbiettivi del team che per la testata americana  si occupa della grafica, mentre il Guardian illustra il lavoro di raffinazione che dai dati grezzi porta al valore aggiunto giornalistico

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(a cura di Andrea Fama)

In occasione del Festival Internazionale del Giornalismo di Perugia, il caporedattore grafico del New York Times, Matthew Ericson, ha condotto un approfondito workshop sull’approccio del proprio team alla visualizzazione di alcuni dei dati che emergono dal flusso quotidiano di notizie della testata americana, che vanta una delle sezioni grafiche più all’avanguardia nel mondo giornalistico internazionale.

Ericson ha spacchettato la strategia del proprio team suddividendola in quattro obiettivi primari.

1. Fornire un contesto. La grafica deve aggiungere elementi di novità alla notizia e non limitarsi semplicemente a ripetere le informazioni contenute nell’articolo. “Un grafico ha gli strumenti per collegare storie diverse e contestualizzarle”, sostiene Ericson nel portare come esempio il lavoro svolto in redazione per la crisi nucleare di Fukushima. I reporter del New York Times, infatti, hanno raccolto informazioni sui rischi per la salute, sui livelli di radiazione piuttosto che sulla popolazione, e la sezione guidata da Ericson ha legato queste informazioni con la grafica  rendendo visibile il contesto di riferimento.


2. Descrivere i processi. Sempre in riferimento alla crisi di Fukushima, Ericson ha spiegato che la sua redazione non è interessata ad elaborazioni grafiche che mostrino il funzionamento dei reattori nucleari, perseguendo piuttosto gli aspetti peculiari di ciascuna vicenda che consentano al lettore di comprenderne la specificità, come a dire: “Ogni giornale parla delle barre di combustibile nucleare; ecco cosa sono e come funzionano effettivamente”.

Ma i processi descritti dalla grafica non si limitano ai dati e alla mappatura. Dissecting a Dance è un progetto che ha permesso di scomporre il lavoro del coreografo statunitense Merce Cunningham al fine di spiegarne lo stile, con la voce narrante di un critico del NYT  che descrive le visualizzazioni create a supporto della narrazione.

3. Mostrare i pattern. Raccogliere dei dati e mostrarne i pattern in grado di raccontare una  storia è forse l’obiettivo più comunemente associato alla visualizzazione dei dati. Alcuni esempi? Oltre alle evoluzioni più assodate legate alla densità demografica o al fenomeno migratorio in un determinato lasso di tempo, Ericson ha mostrato una “ grafica narrativa” che traccia i cambiamenti geotermici della roccia fresca sottostante al territorio californiano. Le cosiddette grafiche narrative stanno avvicinando sempre di più il prodotto delle visualizzazioni ai servizi trasmessi dai notiziari.

4. Spiegare la geografia. Scopo ultimo del workshop è stato quello di mostrare al pubblico gli elementi geografici delle vicende narrate. Questa volta la casistica degli esempi ha riguardato le conseguenze dell’inondazione avvenuta a New Orleans a seguito dell’uragano Katrina piuttosto che i versamenti di petrolio nel Golfo del Messico, visualizzati per ampiezza e posizione, e raffrontati ai principali versamenti avvenuti nel passato.

L’intera strategia del New York Times è riassumibile in un concetto tanto semplice quanto pregnante, come più volte è stato ribadito in merito all’applicazione dei dati in campo giornalistico: grafici ed analisti posseggono le competenze per estrarre il senso condensato nei dati, e pertanto l’obiettivo da perseguire non è quello di riversare on-line fiumi di dati, bensì quello di affiancarvi un’analisi ed estrapolarne una notizia.

Guardian: la ricerca del senso nascosto nei dati

La ricerca del senso nascosto nei dati attraverso l’analisi e la notizia è descritta da Simon Roger, a capo del Data Blog del Guardian, attraverso il lavoro del grafico Mark McCormick: “una visualizzazione di dati a proposito della visualizzazione dei dati”, per dirla con lo stesso Roger. Il direttore del data Blog, infatti spiega in pochi semplici punti il processo interno alla redazione che trasforma i dati grezzi nelle visualizzazioni disponibili per gli utenti.

Qui per il video che mostra il flusso di lavoro.

Di fatto, il processo di raffinazione che trasforma un dataset in un prodotto di data journalism consiste al 70% nella pulizia e nell’organizzazione dei dati, mentre solo il 30% riguarda la visualizzazione e la presentazione dei contenuti. Ebbene, quel 70% può essere sinteticamente schematizzato in una serie di passaggi in realtà ben più complessi:

• Localizzare i dati o raccogliere quelli ricevuti, ad esempio, attraverso fonti governative, giornalisti, ecc.;

• Delineare una strategia per utilizzarli, mashandoli ad altri dataset piuttosto che mostrandone l’evoluzione nel tempo;

• Ripulire e organizzare i dati, eliminando determinate colonne, formattando le varie celle ecc., sempre nella speranza che il file fonte non sia un PDF, il peggior formato al mondo per divulgare i dati, secondo Roger;

• Elaborare e verificare i dati alla ricerca di potenziali notizie;

• Realizzare il prodotto finale: sarà un’inchiesta, un grafico o una visualizzazione? E quali sono gli strumenti più adatti alle diverse tipologie narrative?

Roger lascia i propri lettori con questi interrogativi, e con una domanda esplicita: voi come procedereste?

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