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Crescono i lettori dei quotidiani, ma il paese è spaccato anche dal ‘’press divide’’

Nonostante il secco calo ( meno 7%) di lettori dell’ edizione cartacea, gli italiani che leggono i quotidiani nelle loro varie forme sono aumentati del 2,4% rispetto al 2009 (come quelli dei settimanali) – Internet sfonda  la barriera simbolica del 50% della popolazione italiana attestandosi al 53,1%  (+6,1% rispetto al 2009) – Ma si accentua vistosamente lo scarto fra chi utilizza la carta e chi no: nel 2006 le persone ‘’estranee ai mezzi a stampa’’ erano il 33,9%, nel 2011 sono diventate il 45,6% degli italiani. Quasi un italiano su 2 non  ha alcun rapporto con l’ informazione su carta – I dati del  9° Rapporto Censis-Ucsi sulla comunicazione in Italia – Internet e le fratture sociali – Italia al 22° posto per penetrazione della rete fra i 27 paesi dell’ UE – Giornalisti poco indipendenti e quindi inaffidabili

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Nonostante il calo netto delle vendite dei quotidiani cartacei a pagamento (meno 7%),  i lettori di quotidiani, globalmente, sono in crescita, mentre internet sfonda  la barriera simbolica del 50% della popolazione italiana, attestandosi al 53,1%  (+6,1% rispetto al 2009), e si accentua vistosamente il press divide nel nostro paese: nel 2006 le persone ‘’estranee ai mezzi a stampa’’ erano il 33,9%, nel 2011 sono diventate il 45,6% degli italiani. Quasi un italiano su 2 non  ha alcun rapporto con l’ informazione su carta.

Sono alcuni dei dati più rilevanti emersi dal  9° Rapporto Censis-Ucsi sulla comunicazione in Italia diffuso in questi giorni a Roma.

Rispetto al 2009,  i lettori di quotidiani sono, insieme a quelli dei settimanali, gli unici gruppi in crescita, entrambi del 2,4%.

Infatti i lettori (persone che hanno letto almeno un quotidiano in una settimana) sono aumentati dal 64,2 al 66,6% fra il 2009 e il 2011; per i settimanali dal 26,1 al 28,5%. Mentre sia la tv che la radio perdono – rispettivamente lo 0,4% (da 97,8 a 97,4% di utenti) e un 1% sul 2009 (da 81,2 a 80,2%). E i siti web di informazione si attestano sul 36,6% (nessun confronto con il 2009).

In particolare, per quanto riguarda i quotidiani, se infatti – come mostra la tabella – il consumo di quotidiani a pagamento cala del 7%, cresce quello della free press (più 1,8%) e quello dei quotidiani online (più 0,5%), con un 18,2% di cittadini che si informano sulle testate quotidiane nella Rete.

Confermando la crisi della carta stampata quotidiana (47,8% di utenza; meno 19,2% di lettori rispetto al 2007), i dati comunque mostrano un interesse crescente per l’ informazione quotidiana globalmente intesa, mentre la crescita dei settimanali è trainata soprattutto dal pubblico femminile, oltre che – spiega il Rapporto – ‘’dagli sforzi  di innovazione e di marketing, a cominciare dagli allegati venduti unitamente ai rotocalchi’’. Si tratta di media soprattutto per donne: più di una su tre legge i settimanali (il 36,4% del totale), mentre solo un uomo su cinque fa altrettanto (il 20,4%)’’.

Il ‘’press divide’’

Resta comunque il forte impatto dei dati sul press divide, che giustamente anche il Censis segnala come uno degli elementi chiave  della situazione del consumo di informazione in Italia. Tanto che gli entusiasmi sullo sfondamento del 50% di italiani che usano internet vengono fortemente ridimensionati da forti elementi di criticità e dall’ evidenza di un paese molto diviso.

Secondo Punto informatico – http://punto-informatico.it/3215717/PI/News/censis-italiani-uniti-nel-digitale.aspx – la crescita dell’ estraneità alla carta stampata dipenderebbe ‘’da una molteplicità di variabili, in particolare il progressivo allontanamento delle fasce di età più giovani (53,3 per cento) dai giornali e il conseguente aumento della navigazione in Rete’’.

La situazione è comunque descritta dal Censis così: da una parte, il 54,4% di italiani che si accostano ai mezzi a stampa, accompagnati o meno da altri media (ma erano di più, il 60,7%, nel 2009); dall’ altra, il 45,6% estraneo a questi media (ma erano di meno, il 39,3%, due anni fa).

Che si tratti di persone che guardano solo la televisione oppure di raffinati acrobati del surfing su Internet, se leggono qualcosa lo fanno solo attraverso lo schermo. I giovani (14-29 anni) vivono abitualmente in rete (l’84,6%), ma sono proprio loro, con una quota del 53,3%, ad abbandonare maggiormente la lettura di testi a stampa. Nel 2009 quest’ ultima quota si fermava al 35,8% della popolazione giovanile.

Internet e le fratture sociali

Massimo Ragnedda, giornalista e docente di Sociologia dei processi culturali e Comunicazione sociale all’ Università di Sassari, in un commento su Tiscali – http://notizie.tiscali.it/opinioni/Ragnedda/1578/articoli/Gli-italiani-si-informano-grazie-alla-TV-mentre-Internet-usato-pochissimo-Una-risposta-ai-cyber-entusiasti.html – sottolinea vari elementi di forte arretratezza del nostro paese.

In particolare:

1) comparando questi dati con quelli dei 27 paesi dell’Unione Europea, l’Italia si trova al 22° posto per la penetrazione di Internet. Peggio di noi solo Bulgaria, Cipro, Grecia, Portogallo e Romania (http://www.internetworldstats.com/stats.htm). Siamo ben lontani dai livelli di penetrazione di internet nei paesi scandinavi: in Svezia la percentuale di cittadini connessa alla rete è del 92,4%, in Danimarca dell’85,9% e in Finlandia dell’85,2%. Inoltre l’Italia è, tra i paesi del G7, all’ultimo posto per la diffusione di Internet tra la propria popolazione.

2) Internet sembra generare nuove diseguaglianze sociali: innanzitutto l’ age digital divide, ovvero lo scarto basato sull’età nell’uso delle nuove tecnologie. Infatti, l’ 87,4% dei giovani di età compresa tra i 14 e i 29 anni usa internet a differenze del 15,1% degli anziani compresi tra i 65 e gli 80 anni. Un altro aspetto, sempre legato all’uso della rete, è il digital divide legato al fattore istruzione: il 72,2% dei soggetti più istruiti dichiara di usare internet contro il 37,7% di quelli meno scolarizzati.

3)   Ma Internet ha davvero cambiato la dieta mediatica degli italiani? Il rapporto ci dice chiaramente che il medium più usato in assoluto è la televisione. Infatti, ben il 97,4% degli italiani guarda la TV. Altro dato interessante è vedere come il numero delle persone con “diete solo audiovisive”, ovvero di persone che usano solo ed esclusivamente la tv e la radio, sia aumentato: nel 2009 era il 26.4% mentre nel 2011 ha raggiunto il 28,7%.

4)      Come si informano allora gli italiani? L’80,9% fa ricorso ai TG come principale fonte di informazione: da qui l’ importanza di controllare, direttamente o indirettamente, i direttori dei principali TG nazionali.

5) E sui siti di informazione presenti su Internet quanti si informano? Meno del 30%, e per la precisione il 29,5% degli italiani. Qui il dato, e il divario, relativo all’età e all’istruzione appare chiaro. Infatti, se quasi la metà dei ragazzi tra i 14 e i 29 anni si informa anche attraverso i siti di informazione online, questa percentuale scende al 6,4% nella fascia d’età compresa tra i 65 i gli 80 anni. Anche in relazione con la fascia d’ istruzione il dato cambia. Infatti se la percentuale dei diplomati o laureati che si informa attraverso siti di informazione è del 42,5%, tale percentuale scende al 19.1% tra chi ha la licenza elementare o media.

Come sottolinea lastampa.it http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=8979 – vi è un ampio ventaglio di ‘’gruppi sociali ancora lontani dal digitale: anziani, lavoratori non specializzati, persone con basso livello di istruzione, abitanti di piccoli centri. Sono gruppi eterogenei che chiedono strategie diverse a diversi livelli’’.

Giornalisti competenti ma moto poco indipendenti

Quanto alla figura professionale del giornalista, per il popolo degli italiani -  osserva Corriereinformazione.it -  , la categoria dei giornalisti sarebbe si competente, per il 76,9% degli intervistati, ma poco indipendente, per oltre il 67,2% degli intervistati.

‘’Scarsamente indipendenti ed eccessivamente legati al potere politico o finanziario, di conseguenza complessivamente inaffidabili’’, commenta Punto informatico.

Quanto alla credibilità dei mezzi di informazione: Tv credibile al 5,74; giornali al 5,95; la radio al 6,28, mentre Internet, col voto di 6,55, viene giudicato come il mezzo “più libero e disinteressato”.

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