Giornalismo online: voci dal Congresso Fnsi, aspettative e difficoltà

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Pareri e impressioni dei delegati sindacali riuniti a Bergamo per il 26° congresso della Federazione della stampa – Molte aspettative per la nuova frontiera professionale rappresentata dal giornalismo online, ma anche la consapevolezza delle difficoltà oggettive che il cammino verso l’ integrazione e la regolamentazione di questo segmento professionale porterà con sé – C’ è chi punta sulla qualificazione professionale e la formazione dei giornalisti e chi auspica che Sindacato e Ordine si rendano disponibili concretamente a farsi contaminare da questo cambiamento

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a cura di Marco Renzi

Molte aspettative per la nuova frontiera professionale rappresentata dal giornalismo online, ma anche la consapevolezza delle difficoltà oggettive che il cammino verso l’ integrazione e la regolamentazione di questo segmento professionale porterà con sé.

E’ questo in sintesi quello che abbiamo raccolto all’ ultimo Congresso della Federazione nazionale della stampa, il sindacato unico e unitario dei giornalisti italiani, a cui abbiamo partecipato come osservatori e, soprattutto, come interlocutori visto che avevamo indirizzato ai delegati una Lettera aperta centrata proprio sulla specificità dell’ online.

Nel quattro giorni di Bergamo abbiamo dunque sollecitato e messo insieme pareri e impressioni da parte di alcuni delegati su quello che abbiamo ribattezzato il Convitato di pietra del Congresso: il giornalismo on line. E gli spunti, i suggerimenti, gli inviti, i pareri, i consigli per cominciare a mettere seriamente le mani nel mare magno del giornalismo digitale sono stati davvero molti.

Ve ne proponiamo una parte qui di seguito (e presto li integreremo anche con una serie di video da noi girati), così come li abbiamo registrati.

Congresso Molte delle voci raccolte puntano sulla qualificazione professionale e la formazione dei giornalisti per fare in modo che il web diventi sempre di più il “nostro” vero campo di gara in quanto medium omnicomprensivo in cui possono operare tutti gli specialisti dell’informazione; dalla “vecchia” guardia della carta stampata, ai nuovi adepti cultori della tecnologia e del quotidiano uso dell’ ipertesto.

Ci sono coloro i quali auspicano che il Sindacato e anche l’ Ordine si rendano disponibili concretamente a farsi contaminare da questo cambiamento e aprano canali preferenziali per avviare al più presto percorsi di conoscenza e approfondimento delle tematiche del settore. E ci sono quelli che con grande lucidità e forse un pizzico di coraggio tracciano strategie operative per l’integrazione del “fenomeno on line” di immediata realizzazione.

Del resto se, al di là della correttezza delle sue posizioni sul piano sindacale, il direttore di uno dei maggiori quotidiani nazionali, il Corriere della Sera, si esprime nei modi e nei tempi che abbiamo visto in questi ultimi giorni, auspicando un rapido e deciso passaggio al “nuovo” per riuscire a far fronte al grave stato di crisi in cui versa il mondo dell’informazione, ci sarà pure un motivo?

Il problema naturalmente è come si affronta il nuovo che avanza così impetuosamente e che non si lascia imbrigliare negli schemi (sindacali e industriali) della tradizione.

Come? Non certo come gli editori vorrebbero. L’ intervento di Carlo De Benedetti, al di là dei paroloni, è sufficientemente chiaro:

”De Benedetti e anche gli altri editori parlano di “visibilità multimediale” ma si riferiscono in realtà al lavoro multitestata, cioé per varie testate dello stesso editore pagato però come se fosse un solo lavoro per una sola testata! Come dire, “prendi tre e paghi uno” come avviene ai grandi magazzini e nelle svendite o grandi offerte promozionali, però capovolto e ad uso del signor padrone di mass media” (Agoravox, Editoria, arriva la ‘marchionizzazione’ della redazione”)

Ma certo nemmeno come emerge da una interpretazione presente nella relazione della Giunta esecutiva della Fnsi, che ha sollevato pesanti ironie nel mondo online:

”Le continue irrefrenabili innovazioni della tecnologia – afferma la relazione diffusa al congresso (pag. 9) – hanno creato un mercato parallelo dell’ informazione, quello di internet e dei blog (decisamente differenti, ma nello stesso tempo spesso simili all’ informazione professionale), che non ha barriere nazionali, che non ha vincoli temporali, che non ha costi di produzione e di diffusione. Una concorrenza quasi ‘sleale’ con la carta stampata sempre gravata da costi crescenti di produzione e di diffusione”.

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Ma ecco qui di seguito una panoramica con parte delle dichiarazioni raccolte:
1) L’on line è il futuro del giornalismo?

La risposta di Daniele Carlon, della delegazione veneta, è stata chiarissima nella sua concisione e immediatezza:

– Sicuramente, perchè non c’è un altro futuro!
Più argomentata ma orientata verso la stessa direzione la risposta di due colleghe free lance venete Antonella Benanzato e Paola Vescovi.

E’ sicuramente è il futuro dell’informazione anche perché i giornalisti non possono più pensare di andare in giro con la macchina da scrivere, – sorride Antonella, e poi aggiunge più seria -. Insomma lo stiamo già sperimentando anche noi free lance che le nuove tecnologie sono il nostro futuro. Per quanto riguarda la mia esperienza personale, collaborando con un’agenzia di stampa, normalmente mi trovo ad utilizzare un sistema editoriale particolare. Prossimamente avremo anche la possibilità e l’opportunità di fare dei servizi anche con delle videocamere. Quindi quella è la frontiera verso cui stiamo andando, il progresso è inarrestabile e non possiamo fermarlo. La cosa importante sarebbe avere una formazione adeguata, questo sì, ed è una cosa che noi free lance rivendichiamo e chiediamo a gran voce. Pagateci poco, ma almeno fateci la formazione!
Paola Vescovi ha voluto precisare meglio :

L’on line, la nuova frontiera, le nuove tecnologie, sono comunque un patrimonio che noi free lance comunque già possediamo. Perché ci lavoriamo tutti i giorni, perché apparteniamo a una generazione che è nata e cresciuta con questo. Il punto è che chi è dentro le redazioni non ha dimestichezza con questa “frontiera”, chiamiamola così, ed è lì di nuovo la barriera. Perché invece la formazione dobbiamo farla noi, ma dovrebbero anche farla loro. Usiamo pure l’on line ma prima devi imparare a usarlo. Se sai come utilizzarlo in modo adeguato poi ci puoi anche investire. Invece spesso nascono anche problemi, fuori e dentro le redazioni. Perché appunto dall’ altra parte della barricata c’è questa difficoltà di fondo che va assolutamente superata, altrimenti non riusciremo a capire oggi come va il mondo!

Di diverso avviso è Giovanni Rossi, vicesegretario nazionale della Fnsi uscente, che vede nel giornalismo digitale soprattutto uno strumento più che una scelta professionale:

Io penso che sia uno dei tanti futuri possibili della nostra professione, in realtà. Nel senso che si tratta di uno strumento che viene utilizzato dai diversi comparti nei quali è oramai divisa la nostra professione. Penso ad esempio ad un settore di cui mi occupo in particolare per la Fnsi, gli uffici stampa. Lo strumento on line, può essere per i giornalisti degli uffici stampa uno strumento dove pure i giornalisti degli uffici stampa esercitano in modo nuovo, con tecnologie nuove, con modalità nuove, la loro attività di informazione verso gli altri media. Certamente fa parte del futuro, di questo sono sicuro. Delle modalità con cui ciò avverrà bisognerà fare qualche approfondimento.
Molto convinto delle potenzialità dell’on line si è dichiarato il segretario dell’Associazione Stampa Toscana Paolo Ciampi:

E’ il futuro, un futuro in cui bisogna credere, scommettere e in cui bisogna attrezzarsi, perchè può essere una grande opportunità, ma come tale non cadrà come manna dal cielo. Le grandi opportunità si costruiscono con contratti, regole, percorsi sindacali, con l’ attenzione di una categoria ad un qualcosa che per il momento assomiglia più al far west che ad un assetto professionale riconosciuto con le regole che merita e che dovrebbe avere.  Però noi bisogna scommetterci su questo e ci si scommette soltanto andando a vedere qual è questo mondo, quali sono i colleghi, e ripeto “colleghi”, che in questo mondo vivono, lavorano, cercano, per lo meno di vivere e lavorare. Ma bisogna lasciarsi alle spalle una certa disattenzione e una certa difficoltà di capire che abbiamo avuto in questi anni!

Un parere leggermente diverso sul giornalismo on line arriva da un giovanissimo collega, un precario della Campania, Luca Clemente :

– Credo che l’ on line sia gran parte del futuro del giornalismo. Leggevo recentemente un articolo in cui il giornalismo on line era paragonato alla tv, o meglio il giornalismo analogico era comparato con quello digitale cosi come venivano paragonate la televisione e il teatro. Due canali simili di intrattenimento e spettacolo che continuano il loro percorso parallelamente con un peso differente, che si sta accentuando con il passare degli anni. Credo che questo andamento interesserà anche l’informazione on line rispetto al formato cartaceo, che ritengo abbia comunque vita lunga, benché si differenzierà nei contenuti. Credo che i messaggi abbiano lo stesso effetto, la stessa portata, a seconda del formato in cui vengono realizzati. In linea di massima immagino che il supporto telematico sia più versatile, di più immediata fruizione, ma il “concorrente” analogico conserva intatto il suo valore e un indubbio fascino!
2) Cosa fare per portare razionalità, regole e certezze in un settore in cui al momento la maggior parte dei protagonisti non sono “veri ” giornalisti, oppure non vengono riconosciuti come tali (anche contrattualmente) dagli editori o dal proprio ordine professionale?

Daniele Carlon:

– Sta avvenendo per l’on line, per la multimedialità quello che è successo anni fa con l’introduzione dei primi computer. Io li ho usati da subito e mi definivano l’alieno ai congressi dell’ Fnsi e alle riunioni dell’ Ordine perché arrivavo con la “macchinetta”, come veniva definito allora il computer. Io penso che l’atteggiamento di molta parte dei colleghi delle redazioni rispetto all’on line e alla multimedialità sia esattamente lo stesso che c’era allora: la paura. Il problema è che l’on line è un dato di fatto, la multimedialità è un dato di fatto e devono essere presi in carico da quelli che sono i rappresentanti sindacali  per dire come, dove, per quanti soldi e con chi e con quante persone deve essere fatto. E ovviamente trattare l’argomento dell’organizzazione del lavoro, così come è previsto dal contratto, esattamente come avviene per il resto della carta stampata, o delle tv, o altro!


Paolo Ciampi
:

– Devo dire innanzitutto che questo Congresso mi sembra che per la prima volta registri con una presenza significativa il mondo del lavoro autonomo, qualsiasi cosa voglia dire questo termine. Perché mi rendo conto che a volte anche le parole non sono chiare e possono essere fonte d’equivoco. Non si sa bene se il lavoro autonomo sia tout court lavoro precario, e io non la penso assolutamente in questo modo. O se lavoro autonomo non voglia alludere, presagire, indicare, anche altri percorsi professionali dove c’è ad esempio anche il giornalista che in qualche maniera si porta l’intera sua redazione in un computer portatile che lo segue ovunque vada. Ovviamente perché questo sia vero, bisogna anche in qualche maniera riconoscere diritti, tutele, stipendi, adeguati, perché la redazione viaggiante non sia soltanto una redazione di lavoro fatto a volte con fatica, ma sia anche un lavoro riconosciuto e retribuito per quello che merita.

Io penso comunque che in questo Congresso queste tematiche sono entrate e con una forza che io non mi aspettavo. Sono sparite, o passano un poco più sottotraccia, altre tematiche o altri tipi di giornalismi che in altri congressi hanno avuto una’altra rilevanza. Penso ad esempio agli uffici stampa che mi sembrano un pochino meno al centro dell’ attenzione, rispetto ad altre volte. Però è anche vero che i congressi, se sono veri congressi, devono registrare gli andamenti e gli sviluppi della professione. Magari 10 anni fa la tematica principale era la regolarizzazione degli uffici stampa, e non è che ovviamente abbiamo pienamente raggiunto questo traguardo, però oggi assolutamente, e comunque anche questa è una tematica che si incrocia con quella degli uffici stampa, il tema prorompente, dilagante, su cui bisogna fare fronte è: come incrociare la professione dei contrattualizzati con la professione dei free lance o di chi lavora fuori dalle grandi redazioni.


Giovanni Rossi
:

– C’ è una questione innanzitutto di formazione e poi anche, e lo metterei sullo stesso piano però, di accesso alla professione giornalistica. Quindi c’è un problema, diciamo,  di definire modalità nuove di accesso alla professione, tenendo conto delle modalità nuove con cui si esercita il mestiere. Poi c’è un problema , ovviamente, nella formazione, di acquisire gli elementi tipici della mediazione giornalistica rapportati allo strumento nuovo. Secondo me comunque, qualsiasi siano gli strumenti che il giornalista utilizza (certo, usa linguaggi diversi e deve per questo avere competenze tecnologiche, diciamo, miste e diverse), gli elementi della mediazione, cioè dell’analisi della notizia, della verifica della notizia, della correttezza nel dar la notizia e l’informazione, restano sostanzialmente gli stessi.

Per quanto riguarda le regole per me il problema è in questi termini. Riguarda il giornalismo in generale, e parlo dal punto di vista sindacale e quindi contrattuale, comunque venga esercitato, con qualsiasi metodologia, ma oggi particolarmente nell’on line. Dobbiamo riuscire come sindacato ad avere tanta capacità di elaborazione e anche capacità di inventiva e di costruzione di rapporti con i colleghi che contrattualizzati o no, riconosciuti tali dall’Ordine o no, esercitano poi in realtà la professione in questo settore: determinare regole che facciano emergere questo lavoro, lo riconoscano pienamente come lavoro giornalistico, gli attribuiscano quindi condizioni economiche di dignità e tengano conto dei meccanismi di flessibilità con cui questa attività si svolge.

Non è una cosa semplice. In questo Congresso forse abbiamo parlato troppo poco dei problemi reali e troppo dei nostri problemi organizzativi interni, che sono certamente importanti, ma il mondo che sta fuori l’organizzazione vuole risposte sul reale più che su come funziona , e deve funzionare meglio, il sindacato. Noi dobbiamo invece riuscire ad individuare le modalità, gli interlocutori, per cui la contrattazione giornalistica magari in forme nuove, in forme modificate anche rispetto a quelle che fino ad ora abbiamo perseguito, si espanda nel settore dell’on line, riconosca le figure giornalistiche, le inquadri, ne definisca i livelli dei professionalità, le modalità di esercizio della professione, ne dia garanzie, che sono poi per coloro che usano lo strumento, di deontologia.
Ecco tutto questo andrebbe costruito. Capisco che non
è un congresso che fa queste cose, però dal Congresso dovrebbe, come si usa dire, partire un input perché queste cose diventino ragionamento normale, prassi consolidata del sindacato. Quindi parliamo meno di free lance in modo generico come facciamo oggi. Parliamo meno anche di contrattualizzati in modo generico, come facciamo oggi. Cominciamo ad andare nel concreto: come si esercita la professione, come la stanno esercitando, con quali problematiche e con quali possibilità rispetto agli interlocutori che abbiamo – che sono le imprese, piccole o grandi che siano – possiamo effettivamente regolarlo dando dignità e reddito ai colleghi. Perché questo resta comunque l’obiettivo fondamentale, la ragione per cui esiste un sindacato.


3)
Chi fa informazione on line spesso non è un giornalista e non rispetta le regole deontologiche della professione, e nello stesso modo non è integrato nella categoria. Come fare per ovviare a questo problema?
Antonella Benanzato:

– In questo caso io credo che l’Ordine dei giornalisti dovrebbe vigilare affinché le regole deontologiche siano rispettate. Chi fa informazione anche on line, anche utilizzando le piattaforme tecnologiche particolari, multimediali, deve avere la conoscenza di quelle che sono le regole del giornalismo. Quindi d’accordo: la formazione sugli strumenti tecnologici, ma anche formazione giornalistica delle regole, della legge, e di tutto quello che è “l’ abc del giornalismo”che non è solo la scrittura, ma è anche la conoscenza che certe cose si possono scrivere e altre non si devono scrivere. Insomma le regole devono essere rispettate, non deve diventare una jungla in cui ognuno fa l’anarchico, questo no!

4) Per poter dettare delle regole bisogna però che il giornalismo on line “emerga” perché per il momento è un fenomeno in gran parte sommerso…


Paola Vescovi:

– S
ì è vero, il punto è proprio questo. Allo stato attuale sembra quasi che abbiamo paura di prendere in mano questa cosa che si chiama giornalismo on line e di dire, “questo è il futuro”: che significa, come funziona, come facciamo, come lo sfruttiamo, come lo utilizziamo? C’è una barriera culturale che è veramente spaventosa! Vale per l’on line e vale per tantissime altre cose. In particolare, se noi non riusciamo a fare un salto rimarremo sempre fermi e allora sì che la qualità della nostra informazione andrà sempre più a scadere!

Giovanni Rossi:

– Io spero addirittura che l’on line e il suo sviluppo siano anche un modo per tornare alle origini del giornalismo. Mi rendo conto della contraddizione che apparentemente presenta un’ affermazione di questo genere. Ma penso alle degenerazioni del vecchio sistema dell’ informazione e alle concrete modalità di esercizio del giornalismo reale. Perché molto spesso ora non si dà la notizia ma si fa la campagna politica e faziosa e di parte, non si analizzano i fatti se non ovviamente, – adesso sto generalizzando – alcuni commentatori esperti, alcune parti di giornali. Magari qualche giornale analizza di più rispetto ad altri, impegnati soprattutto a far campagne faziose. Però forse nell’on line, anche per le caratteristiche particolari del rapporto con l’utenza, si può tornare finalmente a dare la notizia, a spiegare perché quella cosa accade. A tornare quindi alle caratteristiche principali del lavoro giornalistico. Chissà che la novità non ci riporti all’origine della professione! Quindi il  cerchio si chiuderebbe, ovviamente è una rappresentazione un poco fantasmagorica ma qualche speranza rispetto a questo credo di averla!

5) Come definite Wikileaks:


Daniela Benanzato
:

–  Wikileaks è una bomba a orologeria che ora è esplosa! Doveva accadere, perché l’era digitale porta in sé anche delle sorprese alle quali non eravamo preparati. Però l’informazione deve diffondersi. Ho parlato di regole, certamente! Però la conoscenza e l’informazione non possono essere bloccate, come anche, diciamo, il giornalismo digitale, l’on line, non può essere fermato. Quindi Wikileaks va bene!


Paola Vescovi
:

– Non sono d
’accordo con chi lo definisce un sito pirata. Concordo invece  con coloro che si aspettavano che un fenomeno come Wikileaks, nell’ambito del mondo digitale,  dovesse prima o poi capitare. Quanto è successo è proprio l’esempio lampante, palese, emblematico, delle contraddizioni, in cui naviga oggi, la cosiddetta informazione. Quindi spero che quanto è avvenuto serva veramente per fare i conti una buona volta con questo “benedetto” giornalismo!


Daniele Carlon:

– Wikileaks, una grande cosa! Uno lo pu
ò anche definire sito pirata ma se c’è l’informazione, il nostro dovere è darle le informazioni, e mi sembra che Wikileaks l’abbia fatto!


Giovanni Rossi:

– Secondo me, forse dico una cosa che dispiace ai più, io non ho trovato così eccezionale ciò che è stato messo in circuito da Wikileaks. E non a caso sono scomparsi rapidamente dall’attenzione generale. E’ accaduto quello che i giornalisti dovrebbero sempre fare cioè: avere le notizie e darle. Raccontare ciò di cui sono a conoscenza rischiandone le conseguenze e lì il rischio è stato grande ed è grande! Per cui in qualche misura poi dovremmo discutere le modalità, gli interessi, addirittura il rischio di notizie guidate. Perché il giornalista rischia sempre questo: la notizia guidata, che ti viene data, perché tu la metta in giro, perché ci saranno determinati effetti che non sono quelli di informare l’opinione pubblica ma di avere conseguenze politiche, istituzionali, economiche che sono nell’interesse di quello che ti ha detto la notizia; e lì forse questo elemento in alcuni casi c’è! Però detto questo, nel caso di Wikileaks ci si è scandalizzati – e in qualche misura non si è fatto il ragionamento che facevo io adesso cioè di vedere forse quali meccanismi c’erano dietro -, addirittura si è protestato, per una cosa che è l’assoluta normalità . Il giornalista raccoglie una notizia, la racconta al pubblico. Certo verificando necessariamente l’attendibilità della stessa e della fonte da cui l’ha avuta. Però se non la racconta al pubblico, non esiste, non è un giornalista, questo è il fatto!


Paolo Ciampi:

– Io penso che se andiamo tra i delegati di questo Congresso ciascuno darà una risposta diversa e non tutte forse saranno risposte piacevoli. Dal mio punto di vista credo che Wikileaks sia un patrimonio, una risorsa, sia una possibilità di libertà. Tutto quello che corre nella rete non dico che sia automaticamente buono, legittimo, accettabile. Ed è vero ed ha ragione chi dice che nella rete ci può essere tutto e il contrario di tutto. Però questo mi dice essenzialmente due cose: uno è che chi ragiona su tutto e il contrario di tutto è libero di farlo e quindi significa che la libera circolazione di informazione in rete è fenomeno da incentivare contro le censure di qualunque tipo. Il tutto e il contrario di tutto mi dice anche che lì c’è spazio per la nostra professione perché rispetto alla valanga di circolazione di contenuti, di idee, che è una cosa comunque meravigliosa del web, noi siamo quelli che possono avere un futuro professionale nella selezione, nella capacità di aggregazione della notizia, di autenticazione, di controllo dei fatti e delle notizie. Allora tutto questo mondo, tutto questo sviluppo ci può fare maledettamente paura se pensiamo al giornalismo delle vecchie redazioni ma pensare al giornalismo delle vecchie redazioni è come pensare alla linea Maginot con cui si doveva fermare l’invasione di un potente esercito e che invece non permise di sparare un solo colpo. Se si guarda a questo futuro e se si riesce ovviamente a organizzarlo, a gestirlo, a promuoverlo, c’è un giacimento occupazionale, per usare un’espressione brutta ma efficace, che mi fa ben sperare per il futuro del nostro mestiere!