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di Marco Renzi
130.000 contributi fra video e foto, 16.500 utenti iscritti, 4 milioni pagine viste e un milione di utenti unici nell’ultimo mese. Questi i numeri di YouReporter la piattaforma web italiana di video giornalismo partecipativo on line dal 2008.
Nonostante l’ incredibile successo, se cercate fra i contenuti di Google news non troverete traccia del portale italiano. Come mai?
L’ abbiamo chiesto ad uno dei suoi fondatori, il giornalista Angelo Cimarosti:
D: Come sei arrivato a fare il giornalista e cosa fai adesso, a parte YouReporter?
R: Ho iniziato in televisione, sono stato anche al Gazzettino. Per lungo tempo ho diretto Sei Milano, la tv all-news milanese fatta da videogiornalisti (quella fondata da Benetton, su modello NewYork One). E’ proprio da quella esperienza molto formativa, per me e per gli altri, che l’ avventura di YouReporter è stata quasi uno sbocco naturale. Attualmente dirigo un piccolo telegiornale di una syndication Tg,  Canale Italia. Poi nella primavera 2007 abbiamo iniziato, io, Stefano De Nicolo, Luca Bauccio e Alessandro Coscia a progettare YouReporter, che è online dal 28 aprile 2008.
D: Una vita in tv e quindi non troppo improvvisamente arriva un’ idea, a dir poco rivoluzionaria….
R: In realtà è rivoluzionaria perchè i mezzi ora lo permettono. Prima internet, poi la diffusione dei device. Però è la strada che mi ha sempre affascinato, quella dell’ allargamento delle fonti del giornalismo e una partecipazione allargata ai processi di produzione delle news. Perchè è bene dirlo subito, per quanto riguarda il nostro punto di vista di partenza, ed anche per l’idea che ci siamo formati passo passo: il citizen journalism, o meglio il “giornalismo partecipativo” (nella sua valenza etimologica del “prendere parte”) non è un altro giornalismo. Per esserlo gli mancano alcune tappe della filiera, come per esempio la verifica e la gerarchizzazione editoriale. E’ proprio l’allargamento del panorama, la possibilità di avere più fonti. E, da parte dell’utente, quello di raccontare in modo più efficace le proprie storie e il proprio punto di vista. E’ una grande occasione di comunicazione, con qualche ovvio rischio. Quello che se i giornalisti e i media mainstream non fanno poi il proprio lavoro, quello di verifica e di correlazione delle notizie, si rischia il fake, o peggio l’infortunio giornalistico.
D: Dunque come nasce l’idea e poi come è stato possibile realizzare il progetto e infine chi sono i tuoi compagni di strada?
R: L’idea nasce dalla constatazione che in giro c’era molto materiale amatoriale, ma nessun luogo in rete per farlo arrivare. Con l’esperienza giornalistica sul campo, magari ti trovavi sul luogo di un fatto, c’era una persona che aveva un filmato su una telecamera, ma poi non sapeva come inviarlo. La scommessa è stata realizzare un portale di condivisione di foto e video che potessero avere interesse giornalistico ma mandate dagli utenti, a libero accesso per le testate, seguendo le regole di citazione. Per far questo non bastavano due giornalisti, io e Stefano De Nicolo, ma c’è stato bisogno di aggiungere un informatico Alessandro Coscia, e un avvocato Luca Bauccio. In questo modo eravamo un team equilibrato per la start up: abbiamo fatto tutto da soli, nessun finanziamento, nessuna partnership esterna e anche, volutamente, nessun modello di business. Ce lo potevamo permettere: niente banche, niente soci occulti di maggioranza, niente padroni, niente debiti
D: Sul modello di business vorrei eccepire che il modo di far soldi più in voga in rete, forse l’unico valido e usato dalla stragrande maggioranza delle imprese on line, è implicito nel vostro portale: ovvero generare grandi flussi di traffico che a loro volta attraggono pubblicità e quindi si traducono, o dovrebbero tradursi in denaro…
R: Certo, ma questo dei volumi è uno scenario che si è aperto molto dopo. La prima sfida era avere risorse per poter gestire e mandare online quelli che, attualmente, sono 130.000 contributi presenti sul sito, e poi crescere, incrementare le funzioni (in tre anni e mezzo tre cambiamenti totali di grafica con quello che ne consegue). Diventare molto più “solidi” come infrastruttura, per poter reggere, ad esempio, una sorta di ruolo quasi pubblico in “grandi eventi di cronaca” come l’ alluvione della Liguria, o, un anno fa, in Veneto. Dove forse l’80% delle immagini amatoriali girate passa su YouReporter o anche attraverso YouReporter. Poi, certo, crescere.
R: L’ assetto attuale è lo stesso di quello di partenza. Il capitale di investimento, a parte le ovvie spese di legge, registrazioni, brevetti etc, è stato solo il nostro lavoro. Sia chiaro che per dei privati che vivono del loro stipendio, le spese di impianto di un’ attività in una paese “burocratizzato†come il nostro non sono indifferenti, ma stiamo parlando di migliaia di euro, non di decine di migliaia, sarebbe costato immensamente di più se ognuno non fosse stato un esperto nel suo campo e non avesse investito nottate di impegno. Questo è stato l’ investimento: nottate di lavoro per tutti!
Seguire gli attuali costi di gestione è molto complicato: cifre, server, necessità di banda, aumentano e variano in continuazione, posso dire che il bilancio 2010 era in sostanziale pareggio. Siamo rimasti noi 4 affiancati da un gruppo di amici che ci aiuta dall’esterno.
D: All’ inizio vi siete ispirati a You Tube oppure avete pensato da subito di privilegiare l’ aspetto giornalistico?
R: La definizione dell’Ansa appena lanciata YouReporter era stata “lo YouTube dei giornalisti”. In realtà l’ ispirazione guardava siti di citizen journalism all’estero, come iReport. Declinata all’ italiana, quindi permettere, ad esempio, anche l’ invio di foto. YT è solo un imprescindibile riferimento tecnologico per qualsiasi sito di videosharing. Per noi fu subito chiaro il campo operativo: “news from you”.
D: Il successo è stato immediato? Inteso come afflusso di video e foto?
R: In cinque mesi avevamo già toccato le 500 mila pagine visitate/mese.
D: Quando vi sieti resi conto che avevate fatto centro.
R: Questo mese (ottobre 2011) sorpassa nettamente i 4 milioni di pagine visitate e per la prima volta tocca un milione di utenti. Credo che ci si renda conto che la cosa funziona non appena viene ripresa dai Tg e dai media mainstream, Repubblica.it. Corriere.it etc. E questo avveniva giù nel maggio 2008, ad un mese dalla partenza. Poi ci siamo resi conto che la cosa si era radicata con il terremoto in Abruzzo, la tragedia di Viareggio e i molti disastri naturali. Il grande salto è avvenuto un anno fa con l’alluvione in Veneto. Gli abitanti dei luoghi colpiti erano senza le notizie e grazie al nostro lavoro hanno potuto diventare repoter. I video dalle zone della sciagura sono diventati spesso anche materiale di denuncia per sollecitare interventi pubblici nelle aree colpite dal disastro. Attualmente gli utenti iscritti che inviano contributi sono circa 16.500.
D: YouRepoter è relativamente giovane, ma in questi tre anni la diffusione sempre maggiore di telefonini multifunzione per non parlare poi dei tablet e degli smartphone avrà fatto decollare definitivamente l’afflusso contributi sul vs. portale?
R: Questo allarga ulteriormente le possibilità . Un solo dato: dall’ app di YouReporter per Iphone in meno di due mesi sono arrivati 7 mila tra video e foto.
D: E veniamo all’ aspetto giornalistico, YouReporter fa da collettore e basta?
R: YouReporterRit è solo un portale. Non fa filtro e non fa interventi editoriali, è tutto automatizzato. Abbiamo poi un sito a parte, YouReporter News, una testata giornalistica registrata, i cui contenuti vengono redatti da noi e da alcuni giornalisti collaboratori. Per il momento è online, serve soprattutto per le dirette degli eventi più grandi e pubblica solo alcune notizie. In questo spazio vorremmo approfondire dal punto di vista giornalistico spunti e segnalazioni che riceviamo attraverso YouReporteRit o altrove. E’ uno sviluppo che ci interessa molto per il futuro, ma va fatto un passo alla volta e con una copertura di risorse adeguate. Ci sono troppe iniziative lanciate con rullare di tamburi che diventano un bagno di sangue per gli investitori e per chi le crea.
Dal punto di vista tecnico YouReporteRit è una piattaforma di condivisione di video e foto di citizen journalism. Chi si iscrive invia i propri contributi per condividerli con altri e diffonderli. E’ programmaticamente chiaro, e gli utenti dimostrano di saperlo molto bene, che si richiedono per quanto possibile contenuti di interesse pubblico, dalla via sotto casa al grande evento. Ma il sito non è regolato se non dalle sue condizioni d’uso: non fa selezione, non censura, rimuove solo su richiesta motivata e se viene segnalata una violazione di copyright. L’ utente titola la notizia, ne scrive la descrizione, la data e la localizza in uno degli 8.000 comuni italiani o in un paese estero. E’ lui l’editore di se stesso. Con tutti i pregi ma, ovviamente, con le eventuali responsabilità a suo carico se diffama qualcuno o se racconta cose false.
D: Quindi dal punto di vista giornalistico voi non intervenite in alcun modo oppure avete messo a punto un filtro tecnologico per limitare i danni?
R: Noi non interveniamo sulla notizia inviata e nella sua pubblicazione. Come YT e gli altri siti di videosharing del resto. E’ poi responsabilità dei giornalisti che utilizzano queste immagini se di loro interesse, fare le opportune verifiche. Devo dire che la percentuale utilizzata di storie “raccontate” si è rivelata quasi sempre affidabile , con le ovvie possibili eccezioni dovute ai grandi numeri.
D: L’essere diventati una, se non in molti casi l’unica fonte giornalistica per le notizie di punta della cronaca della maggior parte dei Tg nazionali vi lusinga? E’ corretto che sia così?
R: Non siamo assolutamente l’unica fonte. Se da un lato potremmo dire “magari”, dall’altro ci atterrirebbe. Le “fonti uniche” non portano a nulla di buono. Ma a parte che questo pericolo non lo vedo, credo che sia una cosa positiva che le redazioni di news possano accedere a materiale anche non professionistico e ampliare le loro fonti. Si tratta di materiale che può solo integrare, non certo sostituire il lavoro giornalistico. Se un editore pensasse di “sostituire” il materiale amatoriale a quello professionale farebbe un pessimo servizio ai suoi lettori e anche a se stesso. La qualità nel giornalismo è essenziale, e la maggior parte dei 16.500 iscritti di YouReporter sono cittadini che, con alcune interessanti eccezioni, non fanno il mestiere di cronista. Non è una “sfida” al giornalismo, è un aiuto. Sta ai giornalisti saperlo cogliere e riuscire a guidare questo nuovo fiume di notizie nell’alveo della verifica e della selezione. Giornalismo “partecipativo” è la giusta definizione del servizio offerto da YouReporter. In caso contrario si tratterebbe di “giornalismo suppletivo”. Non è la stessa cosa.