Huffington Post, una storia emblematica (anche per l’ Italia)
La parabola fortunata del sito fondato da Arianna ‘’la rossa’’ è diventata un punto di riferimento per l’ editoria online ma fa scattare la domanda: quale azienda editoriale italiana sarebbe disposta, ad oggi, ad investire 1 milione di euro in un blog?
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di Marco Renzi
La parabola a lieto fine del quotidiano on line fondato e diretto da Arianna “la rossaâ€, come è stata soprannominata la signora Huffington, è davvero densa di significati per il presente e il futuro prossimo dell’informazione on line; e non solo quella anglosassone.
L’ esempio del sito-portale-quotidiano di informazione che in pochi anni dalla sua fondazione moltiplica il suo valore per 300 dovrebbe servire come riferimento per tutti coloro che volessero, ad ogni latitudine, cimentarsi nell’intricato mestiere dell’ editore in rete.
La storia è nota, ma riepiloghiamola brevemente. Arianna Huffington, piacente signora di origini elleniche, ex moglie di un senatore americano, prima di arrivare a fare la scelta editoriale, era stata a sua volta tentata dalla politica, ma non era riuscita a farsi eleggere nonostante il suo personaggio fosse già molto noto, grazie ad un’indubbia, e probabilmente meritata fama, acquisita come personaggio pubblico/ televisivo.
Folgorata sulla via di Damasco dai nuovi media, la ex signora Huffington, rossa di chioma, e politicamente sinistrorsa, – per quanto possa essere di sinistra un americano schierato con i democratici – , dopo essersi convertita al partito di Obama, prima aveva militato a lungo,  a fianco del marito e poi in proprio, nelle fila repubblicane; fonda, alla vigilia delle ultime elezioni presidenziali, il sito-giornale Huffington Post .
L’azienda editoriale nasce per volontà di un pool di investitori privati fra cui spicca lei, la signora Huffington. La compagine imprenditoriale decide di investire nel blog-politico la non proprio disdicevole cifra di 1 milione di dollari.
La nuova azienda editoriale “internet oriented†assume una ventina di giornalisti per comporre la redazione, ma fonda da subito il grosso del suo lavoro sui commenti on line di decine, se non centinaia di blogger.
Ed è proprio l’ incessante lavoro quotidiano di recensione e commento delle notizie salienti della politica Usa fatto dai blogger, a suscitare l’interesse maggiore del pubblico, e decretare in breve il successo del foglio on line.
Un dato non trascurabile, va sottolineato, per il loro lavoro, i blogger non ricevono alcun compenso. Ma gli accordi erano sati questi dall’inizio dell’attività , non c’erano vessazioni in atto!
Il resto è storia recente, anzi recentissima, l’ Huffington Post diventa in breve uno dei siti più visitati della rete. Milioni di click al giorno e centinaia di migliaia di commenti ne decretano il successo planetario.
Un successo talmente imponente da suscitare l’interesse di una delle più importanti aziende editoriali on line del pianeta:  America On Line, che qualche giorno fa sostanzia il proprio interesse, con un’offerta d’acquisto di 315 milioni di dollari.
E veniamo a noi! La notizia del successo mediatico e imprenditoriali dell’Huffinton Post è rimbalzata in tutto il mondo dell’informazione, Italia compresa, trovando grande spazio, anche nelle prime pagine dei nostri quotidiani.
Ebbene questo è il massimo che l’on line può sperare in Italia, almeno fino ad oggi!
Esempi simili all’ Huffington Post nel Belpaese ce ne sarebbero…ma le differenze di impostazione sono talmente grandi che più che far ben sperare per il futuro, provocano indignazione e sconcerto!
Scusate la domanda retorica ma quale azienda editoriale italiana sarebbe disposta, ad oggi, ad investire 1 milione di euro in un blog?
E poi quale medesima azienda, investimenti a parte, sarebbe disponibile a rischiare di mettere in piedi un organo di informazione “puro†operante solo in rete, assumendo venti giornalisti e creando una rete di alcune centinaia di blogger, senza promettere loro alcun compenso, ma convincendoli ad operare gratis in cambio di visibilità ?
Posso provare a rispondere con alcuni esempi italiani?
C’è una piattaforma professionale di informazione in Italia. Circa 200 blogger discettano sulle pagine on line della piattaforma ogni giorno, sugli argomenti più disparati. E anche molto bene!
Gli argomenti e i post vengono coordinati da una “redazione centrale†in cui operano una decina di persone circa,  e che a loro volta coprono da Milano, dove ha sede l’azienda, gli eventi più importanti che si svolgono nel capoluogo lombardo.
Per mettere in piedi tutto questo, gli imprenditori coinvolti hanno speso forse un decimo della cifra utilizzata dagli investitori dell’ Huffington Post e soprattutto in questa azienda editoriale milanese, definita dai suoi stessi soci fondatori piattaforma professionale di informazione, non opera nemmeno un giornalista. E in Italia, badate bene, c’è un ordine professionale che tutela per legge la professione giornalistica.
Dunque cosa manca fra le italiche sponde?