Il giornalismo come nuovo ecosistema di cui tutti possono diventare parte
Anche se non può definirsi giornalista il cittadino pakistano che su Twitter diede la notizia del raid in cui venne ucciso Bin Laden mentre l’ azione era ancora in corso, quello che lui e altre migliaia di persone hanno fatto e continueranno a fare quando sono testimoni accidentali degli avvenimenti è uno degli elementi chiave del giornalismo contemporaneo – Atti di giornalismo casuale – Ma questo, secondo Mathew Ingram, non deve indurre ”alla tentazione di restringere la nostra definizione di giornalismo”: anche se fuori di esso ci può essere del cattivo giornalismo (ma ce n’ era in grande quantità anche prima che arrivasse internet)
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Quando un cittadino pakistano pubblicò su Twitter le prime notizie sul raid, mentre era ancora in corso, in cui fu ucciso Osama Bin Laden, nacque una discussione sul fatto se quella attività fosse qualificabile come giornalismo.
Andy Carvin, un giornalista della National Public Radio che ha usato Twitter intensamente durante la rivoluzione in Egitto (ma non solo), osservava che esistono una grande quantità di esempi di quelli che lui chiama ‘random acts of journalism’ (atti di giornalismo casuali) da parte di  persone che accidentalmente si trovano in un determinato luogo e forniscono immagini o informazioni sulla vicenda, come accadde ad esempio per l’ aereo finito nel fiume Hudson.
Queste persone sono dei giornalisti?, si chiede Mathew Ingram su Gigaom.com. Assolutamente no. Ma quello che essi fanno è chiaramente uno degli elementi chiave del giornalismo attuale. Perché – spiega – il giornalismo sta diventando un ecosistema di cui chiunque può diventare parte, piuttosto che un concetto statico associato a uno specifico gruppo professionale e a uno specifico insieme di piattaforme e di supporti.
Insomma, ‘’il giornalismo può essere dovunque’’.
Ma a questo punto quello che conta è  imparare come muoversi in questo processo per  aggiungere nuove pratiche giornalistiche ai flussi di informazione che ci coinvolgono. E’ un elemento che diventa più cruciale che mai, al di là di come chiamiamo le persone che lo fanno.
Io – conclude Ingram – penso che dobbiamo resistere alla tentazione di restringere la nostra definizione di giornalismo, anche se fuori di esso ci può essere del cattivo giornalismo (ma ce n’ era in grande quantità anche prima che arrivasse internet).
Come osserva Jay Rosen l’ informazione giornalistica migliora quando la fanno più persone, e noi (giornalisti professionali) dovremmo capire come renderla più facile da fare e non più complicate.