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Il giornalismo online è sostenibile solo con 30 milioni di visitatori/mese?

Il lancio del Daily (30 milioni di dollari) e l’ acquisizione di Huffington Post da parte di Aol (315 milioni di dollari) mostrano che la scala economica delle strategie editoriali nel digitale sta crescendo in maniera impressionante – L’ informazione online è diventata una partita fra giganti – E, alzando il velo sui progetti che nascono da idee di giovani innovatori, si scopre che spesso poggiano le fondamenta su grossi finanziamenti: il filo di Arianna, ripercorrendolo all’indietro porta infatti a un primo investimento di un milione di dollari, cifra con cui non certo tutti possono partire per realizzare un progetto

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I parametri di sostenibilità dell’ editoria giornalistica digitale  diventano sempre più elevati e le cifre in gioco crescono vertiginosamente.

Lo testimoniano i due avvenimenti chiave di questi giorni. Il lancio di The Daily (30 milioni di dollari di investimenti da parte della News Co.) e, soprattutto, l’ acquisizione da parte di Aol dell’ Huffington Post, avvenuta con un impegno di 315 milioni di dollari.

Piero Macri, su Ejo, osserva che ‘’il giornalismo online diventa una partita tra giganti’’. Ma non è tanto la cifra finale che dà il senso dell’ evoluzione del settore, quanto il fatto che, per arrivare a questo livello, ‘’le testate online debbano ormai poggiare su investimenti di un ordine di grandezza che non molti possono permettersi. Fino ad oggi il giornale online diretto dalla signora Huffington aveva già raccolto 37 milioni di dollari di finanziamenti, somma che ha permesso nel tempo di strutturare il giornale online avvalendosi di risorse tecnologiche e di redazione sempre più potenti ed efficienti’’.

Insomma, il giornalismo online è sostenibile ma a patto di riuscire ad arrivare a numeri altissimi: 30 milioni di dollari di fatturato nel 2010 e l’ obiettivo ancor più ambizioso di arrivare a 100 milioni nel 2012. Ma per raggiungere questo traguardo – rileva Macri – il giornale online ha dovuto raggiungere la cifra iperbolica di 26 milioni di visitatori al mese. Che secondo comScore sarebbero diventati ora oltre 30 milioni.

Per l’ HuffPost, quindi, Aol avrebbe pagato più di 10 dollari per ciascun visitatore unico mensile.

D’ altra parte è il terzo giornale online al mondo in termini di visitatori unici mensili e il secondo sul mercato Usa.

Secondo Estrategia Digital, un blog del Pais, dopo la fine del suo idillio con Time Warner, la nuova strategia di AOL passa per i contenuti e la loro gestione commerciale.

E per puntare sui contenuti doveva passare all’ acquisizione di siti importanti. Il primo è stato un blog prestigioso ed influente,  TechCrunch, che però portava in dote eccellenza ma solo sul piano della tecnologia. L’ HuffPo. era allora una alternativa perfetta, una testata notissima, con un volume di audience spettacolare, per giunta ‘’nativa’’. Un brand fortissimo intorno a cui agglutinare tutto il resto dei contenuti più o meno disperso che fanno capo ad Aol.

L’ altra carta jolly – continua El Pais – era proprio Arianna Huffington. Aol ha comprato un prodotto ma soprattutto un target pubblicitario online, diventato ora molto più interessato di prima. Il costo dell’ operazione, senza dubbio, provocherà tantissime analisi dal momento che Facebook è stata valutata recentemente 50 miliardi di dollari e il trezo giornale al mondo in termini du audience costerà poco più di 300 milioni.

Ma – ed è una notazione molto importante per il mercato italiano – il successo di siti come l’ HuffPo, ma anche delle altre varie ‘’fabbriche di contenuti’’ (content farms), sta in una politica dei compensi intelligente e non da negrieri come in Italia.

Come rileva Il Secolo XIX, ‘’il motivo per cui la gente risponde così bene alle chiamate delle redazioni internet che lavorano dietro questi nuovi padroni del Web è perchè tutti, da Huffington Post alle fabbriche di contenuti, riconoscono un compenso ai loro utenti-collaboratori che varia dai 5 e i 30 dollari per un articolo e tra i 10 e i 40 euro per i video’’.

In ogni caso, osserva il quotidiano genovese, il livello di scala è difficilmente pensabile per casa nostra (almeno per ora) :

‘’ Alzando il velo sui progetti che nascono da idee di giovani innovatori, si scopre che spesso poggiano le fondamenta su finanziamenti importanti elargiti da persone o gruppi che di mestiere fanno anche questo: valutare e investire sui più interessanti per poi trarne una fonte di guadagno. Il filo di Arianna, è il caso di dirlo, ripercorrendolo all’indietro porta infatti a un primo investimento di un milione di dollari, cifra con cui non certo tutti possono partire per realizzare un progetto’’.

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