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L’ età dell’ oro per il giornalismo

Il ‘’miglior giornalista britannico dell’ anno’’, Paul Lewis (Guardian), racconta la rivoluzione che in pochi anni ha trasformato il processo di produzione di una grande testata, assegnando al giornalismo multimediale il ruolo di punta, ed esalta la condizione attuale del giornalismo e il contributo dei cittadini – Wikileaks, la morte di Gheddafi e Bin Laden, le gaffe dei politici… I cittadini partecipano all’informazione, si sostituiscono ai giornalisti e questi ultimi devono saperne approfittare: ‘’Siamo di meno, ma possiamo attingere a una fonte inesauribile di notizie. E’ un momento esaltante per fare giornalismo’’

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‘’Quando sono arrivato al Guardian la redazione web stava al piano di sopra, considerata di importanza inferiore. Poi c’è stato una situazione di parità, ora tutto è capovolto: è il sito a decidere la linea editoriale, la copertura multimediale viene prima delle altre, tra i giornalisti non ci sono più distinzioni’’. E i vecchi scriba hanno razionalmente cambiato idea: ‘’Si sono accorti che mai nel passato avrebbero potuto raggiungere 3-4 milioni di lettori al giorno!’.

E’ così che Paul Lewis, redattore del Guardian (assunto grazie a un programma di tirocinii interni, ora abolito per la crisi) e giovanissimo miglior giornalista britannico dell’ anno (ha 30 anni), descrive la rivoluzione che in pochi anni ha trasformato il processo di produzione di una grande testata assegnando al giornalismo online il ruolo di punta.

In una intervista a Nicola Accardo su Cafebabel.it, Lewis parla del suo ruolo – è ‘special project editor’, tutto quello che è innovazione passa dalle sue mani, e dai suoi tweet –, racconta come grazie al suo lavoro sui social network abbia risolto un caso di omicidio e annuncia: ‘’Viviamo l’età dell’oro del giornalismo’’.

Il ruolo di Paul Lewis al Guardian è «innovare, sperimentare nuove tecniche giornalistiche attraverso il crowd sourcing», dove la fonte principale è la società civile che agisce su internet e le reti sociali. Qui comincia l’ ’’età dell’oro» secondo Lewis. Basta pensare ai grandi eventi del 2011: ‘’Wikileaks, la morte di Gheddafi e Bin Laden, le gaffe dei politici, è tutta una questione di file digitali’’. I cittadini partecipano all’informazione, si sostituiscono ai giornalisti e questi ultimi devono saperne approfittare: ‘’Siamo di meno, ma possiamo attingere a una fonte inesauribile di notizie. E’ un momento esaltante per fare giornalismo’’.

‘’Non vorrei che tu sopravvalutassi il mio ruolo al Guardian – spiega nell’ intervista -,  non sono un caporedattore, ci sono persone che fanno cose molto più importanti di me’’.

In agosto girava le strade di Londra cammuffato da anarchico incappucciato, bisognava raccontare i riots, e bastava un blackberry: ‘’Sì, i 140 caratteri di Twitter sono giornalismo e forse anche di più, ma erano solo la prima fase del mio lavoro. Pubblicavo foto istantanee e audio, poi passavo alla seconda fase: live blogging, articoli di 60 parole per il sito, di 2.500 battute per il giornale. E venivo sommerso di telefonate: CNN, Al Jazeera, BBC, tutti mi chiedevano di raccontare quello che succedeva’’.

I suoi 50.000 followers sono 50.000 collaboratori – spiega Cafebabel -, uno di loro gli ha permesso di vincere il British Press Awards 2010 come giornalista dell’anno. Si tratta di un manager finanziario di New York che si trovava a Londra durante il G20, filmò l’aggressione subita da un edicolante, Ian Tomlinson, prima che si accasciasse a terra.

‘’Le persone sono fondamentalmente buone, poche cercano soldi per vendere scoop. Quel manager non condivideva neppure le ragioni delle proteste al G20, ma ha scelto un giornalista di cui si fidava per affidare il video in buone mani. Gliene sono grato».

Quanto ai problemi economici dei giovani giornalisti, Lewis non ha la bacchetta magica: ‘’Non è detto che questo nuovo tipo di giornalismo trovi la soluzione ai tempi di magra’’.

La sua proposta è radical-socialista: ‘’Come i medici o gli insegnanti, ai giornalisti deve essere riconosciuto un ruolo di utilità sociale. Si andrà verso un giornalismo sempre più finanziato dallo Stato, dalle fondazioni e dalla società civile. E sempre meno si guarderà al profitto’’.

Quello che contano, ora, sono le idee. Il suo ultimo progetto riguarda una ricerca empirica sui riots dell’estate 2011, con centinaia di interviste e 2,5 milioni di Tweet analizzati. ‘’Di redattori ce ne sono sempre meno, ci sono parecchi buchi da coprire: tutti hanno accesso alle fonti e possono farsi notare’’, consiglia Lewis ai suoi coetanei.

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