Come e quando è accaduto che la notizia, invece di essere uno strumento di informazione, sia diventata uno strumento per amministrare una comunità di lettori e promuovere ‘’una società cristallizzata in tifoserie avversarie’’?
Interrogativo chiave di questi tempi,  a cui cerca di rispondere un saggio che Federica Sgaggio ha pubblicato con Minimum Fax: ‘’Il paese dei buoni e dei cattivi. Perché il giornalismo, invece di informarci, ci dice da che parte stare’’.
La prima di copertina sintetizza: ‘’Appelli-petizioni invece di approfondimenti , racconti emotivi e dibattiti tv al posto delle inchieste, personaggi-simbolo da esaltare o distruggere: l’ informazione in Italia si è ridotta a un infinito sermone in cui ci viene detto per cosa indignarci, per cosa commuoverci, per quale causa firmare. Capire questa degenerazione è il primo passo per arginarla’’.
Ai giornali – secondo l’ autrice, giornalista all’ Arena di Verona – ‘’non si chiede, da lettori, la dimostrazione della veridicità di un’affermazione, o dell’effettivo accadere di un evento. Piuttosto si chiede – e si ottiene, ed ecco perché viene da domandarsi se sia nato prima l’uovo o la gallina – una presa di posizione di principio che, per il suo essere chiara, semplice e senza mezze tinte, ci consenta il rispecchiamento’’.
In questo modo, però, alle parole – spiega una scheda dell’ editore – è demandato lo scopo di creare meccanismi di identificazione, di plasmare specchi in cui il target di riferimento può vedere riflessa un’ immagine che lo soddisfa, dove i buoni sono da una parte e i cattivi dall’altra, e dove le risposte sono sempre semplici e immediate. Si è partecipi della vita politica perché schierati da tifosi o emotivamente coinvolti, non in quanto attori politici o per esercizio di spirito critico: è la «democrazia della paletta» dove le adesioni ad appelli, i click compulsivi e le immagini profilo di Facebook sono surrogati di attivismo.