I dati sull’ analfabetismo dimostrano che il numero di potenziali lettori in Italia tende costantemente a diminuire non solo in virtù dell’alternativa internet, ma dalla presenza di un pubblico che si dimostra privo di quelle conoscenze e capacità che permettono di comprendere un articolo di natura politica, economica e sociale – Una riflessione dell’ Osservatorio sul giornalismo
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Incrociando i dati sull’ analfabetismo con quelli sul calo della lettura si ottiene un quadro veramente preoccupante della situazione del nostro paese.
Lo rileva Piero Macri che, sull’ Osservatorio sul giornalismo, rileva:
Come dimostrano i dati sull’analfabetismo – totale, parziale o di ritorno – espressi da Tullio De Mauro – il numero di potenziali lettori tende costantemente a diminuire non solo in virtù dell’alternativa internet, ma dalla presenza di un pubblico che si dimostra privo di quelle conoscenze e capacità che permettono di comprendere un articolo di natura politica, economica e sociale.
Viviamo in una società ipertecnologica, che ha moltiplicato e potenziato i mezzi di informazione, ma che in definitiva sembra perdere progressivamente un pubblico capace di interpretare il prodotto che essa stessa produce.
Macri segnala in particolare le considerazioni del linguista Tullio De Mauro, secondo cui il 70% degli italiani fatica a leggere e scrivere. Nel dettaglio: il 5% è assolutamente analfabeta, il 33% stenta a decifrare un semplice articolo di giornale, e un altro 33% sta slittando nelle sabbie mobili dell’analfabetismo. A rafforzare quanto affermato da De Mauro e a lanciare l’allarme è la commissione europea che in base alle indagini svolte rivela che un quindicenne su cinque è analfabeta.
E’ chiaro che, come affermava Piero Ricca a commento dei dati forniti da De Mauro, la tendenza al declino delle competenze e all’analfabetismo di ritorno riguarda tutte le società occidentali. Ma in Italia il fenomeno ha un impatto maggiore. Tant’è vero che siamo in coda all’Europa per lettura di libri e giornali.
Secondo l’Istat più della metà degli italiani non legge nemmeno un libro all’anno, mentre la tv generalista, pur in declino, rimane il mezzo di comunicazione dominante.
Dal 2000 ad oggi le copie di quotidiani vendute vendute sono diminuite del 32%: da circa 6 milioni si è passati a poco più di quattro milioni (4.067.843, calcolando i 57 quotidiani censiti da Ads). Da queste, come suggerisce un articolo su linkiesta, se si sottraggono le copie vendute da i tre grandi quotidiani sportivi, rimangono tre milioni 461 mila copie. Il Censis, in un rapporto pubblicato un anno fa definisce marginale il ruolo della carta stampata nel processo dell’opinione pubblica nel nostro Paese.
La crisi della carta stampata deve quindi essere analizzata anche al di fuori degli schemi classici che circoscrivono la disaffezione dall’ acquisto del quotidiano solo e semplicemente in conseguenza alla maggiore disponibilità delle persone a rivolgersi a internet come fonte di informazione. L’ edizione online dei quotidiani non moltiplica il numero di persone che vogliono essere informate con frequenza giornaliera su fatti e accadimenti importanti che scandiscono la vita dei cittadini. Moltiplicano semmai l’informazione soft, in tutte le accezioni attraverso le quali può essere declinata, testo-voce-immagini.
E così, alla fine,”viviamo in una società ipertecnologica, che ha moltiplicato e potenziato i mezzi di informazione, ma che in definitiva sembra perdere progressivamente un pubblico capace di interpretare il prodotto che essa stessa produce”.