Un genocidio via radio
La tesi di una studentessa dell’ università di Padova analizza il ruolo di una emittente radiofonica nel massacro del popolo tutsi in Ruanda - ‘’La voce dell’ odio, il genocidio in Ruanda e il ruolo dei media’’, ricostruisce in profondità la vicenda di Radio-Télévision Libre de Mille Collines, l’ emittente manovrata dai circoli estremisti hutu del Paese: utilizzata inizialmente come principale mezzo per fomentare la propaganda dell’ odio etnico e poi come vero e proprio strumento per dirigere i massacri - Fondatori, giornalisti e collaboratori più stretti sono stati accusati di genocidio e di crimini contro l’ umanità dallo speciale Tribunale internazionale perché ‘’pienamente consapevoli del potere delle loro parole nei confronti della popolazione ruandese’’
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Nel 1994 in Ruanda venne perpetrato un genocidio: in soli 100 giorni più di ottocentomila persone vennero sterminate. I massacri raggiunsero un ritmo così violento e sostenuto con l’ aiuto di un particolare mezzo di comunicazione: la radio. Un medium capace di raggiungere istantaneamente grandi masse e che in questo caso accelerò il processo di coordinamento dello sterminio rivolgendosi direttamente al popolo ed spingendolo ad imbracciare i machete e ad uccidere.
Si tratta di Radio-Télévision Libre de Mille Collines, l’emittente manovrata dai circoli estremisti dominanti della politica delpaese, che svolse il compito di principale mezzo di promozione della propaganda di uovere la propaganda dell’odio etnico inizialmente, e successivamente come vero e proprio strumento per dirigere le operazioni di genocidio.
La vicenda è al centro di ‘’La Voce dell’ odio; il genocodio in Ruanda e il ruolo dei media’’, una tesi con cui una studentessa vicentina, Anna Tognetto*, si è laureata in Comunicazione all’ università di Padova con Raffaele Fiengo e che Lsdi pubblica.
La radio – ricostruisce la tesi – venne allestita nel 1993 da alcuni dirigenti politici di etnia hutu, intenzionati a ostacolare con tutti i mezzi – per non perdere i propri privilegi – il processo di sviluppo democratico che attraversava il paese e che prefigurava ,la nascita di un governo  multipartitico, col ritorno in patria di quella parte della popolazione, i tutsi, fuggiti dalle terre del Ruanda dopo la rivoluzione avvenuta nel 1959 in cui la maggioranza della popolazione, gli hutu, istituirono un regime totalitario.
La radio – racconta il lavoro – avviò una campagna di odio e terrorismo ideologico senza precedenti, addossando ai cittadini di etnia tutsi tutte le responsabilità per i problemi che affliggevano il Paese in quegli anni e aizzando la popolazione contro di essi.
Da quella radio si parlava così:
“E’  domenica 19 giugno 1994. Sono le 16.22 nel bunker della RTLM. Avviso a tutti gli scarafaggi in ascolto. Il Ruanda appartiene a coloro che lo difendono realmente. E voi, scarafaggi,voi non siete ruandesi. Tutti ora si sono sollevati per combattere questi scarafaggi. I nostri militari, i giovani, i vecchi, perfino le donne. Gli scarafaggi non avranno scampo.
La nostra fortuna è che i tutsi non sono numerosi. Avevamo stimato che fossero il 10% della popolazione. Ormai sono solo l’ 8%. Rallegriamoci amici miei. Gli scarafaggi sono stati sterminati. Rallegriamoci amici miei.
Dio non è mai ingiusto. Se sterminiamo definitivamente gli scarafaggi nessuno al mondo ci verrà a giudicareâ€.
Ecco, è un esempio degli annunci infiammatori trasmessi dall’ emittente.
Ma i redattori di RTLM – osserva l’ autrice – non lanciavano solo proclami generici, ma cominciarono a promuovere una sorta di dovere al genocidio, obbligando la popolazione a uccidere tutti i tutsi, minacciando di morte chi non l’ avesse fatto.
Il Tribunale Internazionale per i Crimini in Ruanda ha preso in esame il ruolo dei media, ed in particolare di questa radio, nel contesto della giustizia penale internazionale e quindi i fondatori, i giornalisti e gli stretti collaboratori dell’ emittente sono stati accusati di genocidio e di crimini contro l’ umanità perché pienamente consapevoli del potere delle loro parole nei confronti della popolazione ruandese.
“Il potere del mezzo di comunicazione di creare e distruggere i valori umani fondamentali è dotato di enorme responsabilità . Coloro che controllano tale mezzo sono responsabili delle sue conseguenze. Senza l’ arma da fuoco, il machete o qualsiasi arma fisica avete causato la  morte di migliaia di civili innocentiâ€.
Queste le parole pronunciate dal giudice Navanethem Pillay in occasione della sentenza che il 3 dicembre 2003 riconobbe le responsabilità oggettive dei media e dei loro amministratori nell’ istigare e perpetrare il genocidio in Ruanda.
Il processo – osserva la tesi – aveva accertato che ‘’la voce del giornalista di Radio-Télévision Libre de Mille Collines si era insinuata nella mente degli ascoltatori. Fu la voce ridondante che riempì l’ animo del popolo hutu di odio, rancore e disprezzo nei confronti dei tutsi. Questa voce riuscì a brandire chi brandì i machete e portare a compimento lo sterminio di quasi un milione di ruandesi’’
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‘’La voce dell’ odio, il genocidio in Ruanda e il ruolo dei media’’
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*Anna Tognetto, 22 anni, vive a Barbarano Vicentino (Vicenza). Dopo la laurea all’ Università di Padova si è iscritta al Corso di specialistica in Strategie di Comunicazione. Punta a lavorare nel campo del giornalismo.