Un giornalista diventato comunicatore racconta il mondo delle PR digitali

chieffi0

In una intervista a Lsdi Daniele Chieffi , Media relations manager per Unicredit, parla di “On line media relations”, un saggio pubblicato in primavera da Sole 24ore, e dei nuovi meccanismi che regolano l’ ecosistema digitale – ‘’L’ approccio di marketing è solo una conseguenza di una sana gestione in termini di reputazione. Cattiva reputazione fa cattivo marketing e la reputazione, sulla rete, te la costruisci interagendo bene con i media online, ovvero con tutti quei luoghi, siti, personaggi, influenti sul web e quindi in grado di influire sulla percezione del pubblico’’

——

a cura di Marco Renzi

«Pensate – disse un redattore di una grande testata online, fra i sorrisetti divertiti degli astanti – che gli uffici stampa che contatto mi  rispondono cose tipo “Ti richiamo nel pomeriggio”, “Ti faccio sapere domani… Non hanno capito proprio come funziona». La distanza fra mondo dell’informazione Web e uffici stampa è tutta qui: due mondi fuori sincrono, che non si conoscono, non si capiscono e parlano linguaggi diversi, con diverse linee temporali.

In questo brano dal libro “On line media relations” di Daniele Chieffi, uscito per i tipi del Sole 24 Ore,  è pienamente riassunta a mio avviso l’ essenza del testo.

Un saggio per addetti ai lavori, che può essere letto con piacere anche da chi non conosce il mondo dell’ informazione,  è  pervaso da sottile ironia e matura competenza ed evoca i problemi del difficile rapporto fra mondo analogico e digitale,  ma suggerisce anche interpretazioni e valide risposte per “lavorare” le notizie sul  web senza dimenticare le necessarie basi del mestiere di giornalista.

L’autore, Daniele Chieffi, è da quasi tre anni  Media relations manager per UniCredit ovvero si occupa di gestione dei media online per le media relations del gruppo bancario.

Gli abbiamo rivolto alcune domande.

ChieffiPartiamo dalla peculiarità della tua figura professionale, vero trait d’ union fra giornalismo analogico e digitale.

-  Bisogna essere giornalisti per poter fare i comunicatori. So che in questo modo rischio di scatenare parecchie polemiche,  ma ne sono profondamente convinto.  Riguardo poi al legame fra queste due figure, il comunicatore  è, e  deve continuare ad essere,  una fonte, autorevole e credibile, per il giornalista. Qualcuno obietterà che non si tratta di fonte neutra?  Ma quale fonte, in realtà, lo è?

Facciamo qualche passo indietro per capire meglio il percorso che ti ha portato prima ad essere giornalista “analogico”, poi sperimentatore delle nuove frontiere digitali del giornalismo,  e infine comunicatore come tu stesso ti definisci nel tuo attuale ruolo.

– Nasco giornalista per passione. Con la voglia di rendermi utile. Per me, qualche anno fa, fare il giornalista era un mestiere “sociale”. Ho iniziato giovanissimo facendo cronaca nera a Napoli, per poi sbarcare a Roma, a Repubblica. Un po’  la curiosità per la comunicazione, un po’  la disillusione di un mestiere che poi così socialmente utile non si è dimostrato, mi ha portato presto a interessarmi ad Internet.  Mi affascinava il mondo che ci si apriva davanti, a metà degli anni ’90. Intuivo le grandi potenzialità, anche professionali. Così, lasciata la carta, ho preso a dirigere la redazione di Vivacity.it.  Mi affascinava soprattutto l’ assenza di barriere d’ ingresso e l’ enorme potere di comunicazione che Internet dava a chiunque. Da allora ho sempre più approfondito la conoscenza e lo studio della Rete. Un vero innamoramento, direi!

Poi sei approdato in Unicredit cambiando il tuo punto di vista e il tuo orientamento professionale e da cercatore sei  diventato fonte

– Anche qui è stata la curiosità a spingermi e la voglia di mettermi in gioco a motivarmi. Conoscevo ormai bene il mondo da una parte della barricata, m’ interessava scoprire quello dall’ altra parte. Un’ azienda complessa come una banca era una grossa sfida,  ma la cosa fondamentale è stata la possibilità di occuparmi di online media relations, un settore quasi completamente inesplorato, nel quale avrei potuto – come faccio a tutt’ oggi -  portare tutta la mia esperienza di giornalista digitale.

Il tuo particolare ruolo in seno alla banca è nato con te ?

Sì. Nasce dopo una crisi del settore  comunicazione innescata dal web. L’ ufficio stampa si rese conto di non avere gli strumenti, né concettuali, né pratici, per affrontarla. Mi cercarono. Riuscii, come si dice, a “metterci una toppa” e da allora è nata la mia posizione professionale in seno ad Unicredit .

Hai notizie di posizioni simili alle tue nel mondo bancario o  in altre aziende pubblico/private con cui vieni o sei venuto in  contatto?

– Con un incarico di online media relations credo di essere fra i primissimi nel nostro Pese. Esistono, come è ovvio, all’ interno dei vari uffici stampa, figure o team che si occupano di interfacciare i media digitali ma, in genere, o lo fanno unitamente ad altri media analogici,  oppure attuano un approccio molto più di marketing e commerciale. La mia filosofia si base su presupposti diversi: per interagire con la Rete devi conoscerla e dedicarti ad essa. Seconda cosa: l’ approccio di marketing è solo una conseguenza di una sana gestione in termini di reputazione. Cattiva reputazione fa cattivo marketing e la reputazione, sulla rete, te la costruisci interagendo bene con i media online, ovvero con tutti quei luoghi, siti, personaggi, influenti sul web e quindi in grado di influire sulla percezione del pubblico.

Il titolo del tuo libro corrisponde alla definizione del tuo ruolo professionale in azienda?

– Sì e raccoglie anche tutta l’ esperienza professionale di questi quasi tre anni di lavoro in Unicredit .

Ancora una volta sei uno sperimentatore. In questa tua posizione essere giornalista ti ostacola, ti aiuta, oppure…

– Non riuscirei a fare il mio mestiere senza essere un giornalista. E non è una questione di tesserino, s’ intende,  ma una questione di passione e sensibilità per le notizie e i fatti, con un’ attenzione particolare alla deontologia e alla trasparenza del proprio operato.

In un paese come il nostro dove gli uffici stampa sono a mala pena sopportati dalle redazioni giornalistiche, lavorare nella versione digitale di tali uffici non deve certo  essere una cosa facile…

–  E’ difficile come può essere difficile in molti altri campi. La percezione della portata copernicana della rivoluzione del Web è, almeno in Italia, ancora molto bassa. Il web è ancora sminuito e relegato a fenomeno di serie B. In realtà non ci si rende conto che Internet è già un media “potente”, in grado cioè di dettare l’ agenda e lo sarà sempre di più. Negli uffici stampa il problema è ancora più grave, perché queste sono storicamente strutture nate per interfacciare i media tradizionali, sono ritagliate sui ritmi, le prassi, le consuetudini del giornalismo di carta stampata e televisioni.  Con il Web saltano tutti i presupposti e il ruolo di comunicatore va completamente ripensato. In questo senso, in Italia, le PR non sono pronte e faticano a comprendere la portata del cambiamento.

Il tuo ruolo, inoltre,  non è certo riconducibile semplicemente all’ufficio stampa on line…vogliamo provare a definirlo…

–  L’ online media relator è qualcosa di più di un semplice addetto stampa. Il Web è una grande comunità di persone su piattaforma digitale. Chiunque, azienda, ente organizzazione o singolo che sia, entra nella comunità e vi gioca un ruolo. Si costruisce, in estrema sintesi, un’ identità e una reputazione digitali, sulla base di quello che dice, che fa, come lo dice e come lo fa. L’ online media relator è colui che concretamente vive e agisce nella comunità per nome e per conto dell’ azienda, dell’ ente o dell’ organizzazione che rappresenta. Deve essere in grado non solo di interfacciare i media autorevoli della comunità ma di diventare esso stesso un membro autorevole, rispettato e conosciuto della community. Deve, in poche parole, riuscire a “legittimare socialmente” il soggetto che rappresenta. Solo così potrà interagire con gli abitanti della rete, gli utenti, i media autorevoli, gli influencer. Solo accreditandosi  avrà il diritto di parlare alla comunità e poter così fare il suo lavoro di fonte informativa per gli abitanti  e i media di quella comunità.

In questi anni mi sono reso conto di quanti bravissimi giornalisti lavorino online. Nel web ho ritrovato quella passione, quella voglia di fare un mestiere “utile socialmente” che non incontravo da tempo nell’ analogico. Credo che questa sia la grande ricchezza della rete: un media senza barriere d’ ingresso, che permette a chiunque di esprimersi al massimo. Una vera ricchezza democratica.

Una ricchezza anche utilissima per la professione giornalistica, aggiungiamo noi, soprattutto in termini di nuovi posti di lavoro!