Gli interventi seguiti alle forti critiche che la legge varata a dicembre dal nuovo governo di Budapest aveva suscitato in tutto il mondo vengono visti con scetticismo da Resporters sans frontières e dalla Federazione europea dei giornalisti, che ha lanciato una petizione in cui si indicano alcuni correttivi indispensabili
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di Claudia Leporatti
Dal 24 al 25 marzo 2011 i capi di stato e di governo dei 27 paesi dell’ Unione europea si sono incontrati per il primo summit della presidenza di turno dell’ Ungheria. Oltre alla crisi in Libia e ai problemi della governance economica, tra i temi all’ordine del giorno alla vigilia del vertice veniva dato per sicuro anche il punto sulla legge sui media approvata dal governo ungherese a dicembre scorso e da poco modificata su richiesta della Commissione europea. Ma non si è saputo se l’ argomento è stato affrontato e, se sì, in che termini.  Ma la questione è ancora d’ attualità e può essere utile fare il punto sulla situazione.
La cosiddettaâ€legge bavaglio†non convince ancora l’opposizione nel Parlamento magiaro nè tantomeno i cittadini, come dimostra la grande manifestazione di protesta organizzata  proprio nel giorno della festa nazionale ungherese del 15 marzo, cui secondo la stampa locale hanno partecipato circa 10.000 persone. La manifestazione, secondo i rapporti della Polizia, si è svolta senza incidenti o disordini. Gli organizzatori hanno poi dichiarato quella del 15 marzo 2011 come la più grande protesta civile in Ungheria dal cambio di regime del 1989. Le proteste hanno avuto luogo anche nelle città ungheresi di Debrecen e Gyula, oltre che nelle ambasciate ungheresi a Berlino e Bucarest, e infine a New York, presso il Consolato Generale di Ungheria e nella rappresentanza alle Nazioni Unite.
Riepiloghiamo: la legge sui media è entrata in vigore il 1 gennaio 2011, sollevando proteste sulla scena europea già dalla sua approvazione, a dicembre 2010. La Commissione europea ha scritto al governo magiaro, che ha negato ogni violazione della libertà di espressione, ma le polemiche non si sono placate. Alla fine Budapest ha deciso di emendare la nuova e corposa legge, sperando con questo di aver chiuso il capitolo.
Dopo le modifiche annunciate l’8 marzo sono tuttavia rimasti in vigore alcuni dei punti contestati in precedenza, tra cui la facoltà per il garante unico dei media di multare giornali, radio e televisioni con motivazioni che restano molto vaghe, per non dire arbitrarie.
L’intero sistema dei media, quindi, resta sottoposto ad un corpo di autorità di controllo politicamente omogenee, in altre parole “di parteâ€, con il vertice eletto dal governo stesso.
Tanto che Reporters sans frontières aveva sottolineato* che si trattava in fondo di semplici ‘’ritocchi cosmetici’’, che non avevano modificato la sostanza della legge.  E la Federazione Europea dei Giornalisti (EFJ) ha lanciato una petizione contro la legge , chiedendo una revisione costituzionale della legislazione in materia, la partecipazione di rappresentanze dei lavoratori dei media magiari al processo di revisione della legge, la garanzia di libertà per l’Authority e il rispetto del principio della segretezza delle fonti (che secondo la nuova legge i giornalisti sono obbligati a fornire).
Osservando la situazione da Budapest,  la legge sui media si innesta in un quadro di questioni dalle tinte fosche che formano l’immagine dell’Ungheria sui giornali degli altri paesi. Si pensi ad esempio ad argomenti quali il maltrattamento e le violenze contro i Rom, alle uscite poco felici del partito di estrema destra Jobbik, all’antisemitismo. Temi di cui si scrive sui maggiori quotidiani internazionali, con dettagli e toni che non sembrano salutari per l’economia ungherese.