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‘’La Guantanamo dell’informazione in Italia’’, l’ ha chiamata PierLuca Santoro sul suo Giornalaio.
Mentre l’ informazione in tutto il mondo diffondeva e commentava i files diffusi da Wikileaks domenica sera su Guantanamo, e molti quotidiani, anche Europei, erano riusciti ad uscire con la notizia in grande evidenza in prima pagina, in Italia ieri fino a metà mattinata, eccezion fatta per Il Post, regnava il silenzio più assoluto dopo più di 10 ore dalla diffusione della notizia. ‘’E’ il segnale lampante dell’arretratezza dell’informazione nel nostro paese’’, commentava il blog.
Una ulteriore conferma di una condizione di debolezza e di minorità culturale che emerge da una tesina che una studentessa di Scienze della Comunicazione dell’ Università di Padova ha dedicato poco tempo fa al Cablegate e all’ impatto che Wikileaks ha avuto sulla stampa.
Di fronte alla valanga di documenti che l’ organizzazione di Julian Assange ha messo a disposizione del mondo nelle scorse settimane, ‘’la stampa italiana non ha portato a termine appieno la sfida – conclude l’ analisi -, rivelando ancora una volta una serie di debolezze rispetto a quelle testate internazionali che hanno lavorato in prima battuta insieme al sito e sono riuscite a trovare un ruolo di alto livello nel panorama giornalistico mondiale’’. Esse infatti non hanno agito solo come “cassa di risonanza†delle notizie ma hanno contribuito a dar loro forma, ponendosi come degli “artigiani dell’ informazione†e riuscendo a destreggiarsi fra la molteplicità di canali e di linguaggi in modo efficace.
Chiara Signoria, l’ autrice della tesina* – ‘’Wikileaks sotto la lente di ingrandimento. Cablegate: l’ antefatto, i personaggi, le conseguenze. E la stampa tradizionale avrà superato la prova?’’ -, compilata nell’ ambito del corso di Linguaggio giornalistico condotto da Raffaele Fiengo, ha realizzato una ampia analisi di Wikileaks, fornendo una approfondita ricostruzione della sua nascita, del suo funzionamento e degli uomini e delle strutture che lo sostengono. Basandosi su una serie di dati e di testimonianze che, nonostante la notorietà della vicenda, sono ancora poco noti.
La ricerca racconta l’ esperienza dei Pentagon Papers degli anni ’70 e descrive la “Modern Media Initiative†islandese messa a punto l’ anno scorso .
Infine un ampio capitolo dedicato all’ analisi degli articoli che il New York Times ha dedicato ai Cables e un confronto con quelli realizzati dalla stampa italiana e in particolare dalla Repubblica.
La stampa italiana
La stampa italiana – che complessivamente si è comportata in modo più o meno omogeneo – ha seguito una linea condivisa dai giornali di molti paesi, concentrandoci su quei documenti che più direttamente riguardavano i rispettivi leader e gruppi politici. Pensando così di andare incontro alla domanda e agli interessi dei lettori.
Ma – secondo l’ autrice della tesina – questo comportamento solleva degli importanti problemi ‘’di metodo’’. Innanzitutto, ad esempio, non sono state contestualizzate in modo efficace le notizie, quando invece sarebbe stato molto importante fornire al lettore dei dati “di contorno†per episodi accaduti in un passato recente, ma pur sempre passato, e che riguardano dinamiche cui molti lettori sono estranei. Inoltre, in più di un’occasione il giornalista incaricato di scrivere il pezzo ha scelto un registro medio-basso, che inevitabilmente ha fatto perdere l’ articolo di efficacia e autorevolezza.
Un registro che – aggiunge Chiara Signoria – si inserisce in quella tradizione ormai affermata, tutta italiana, che privilegia una comunicazione colorita o urlata, spesso persino maleducata…
I fatti sono stati spesso banalizzati nella loro portata, quando non contaminati dalle diverse posizioni e opinioni politiche. Il disarmante risultato è stata l’assenza nel panorama italiano di una fonte autorevole che si elevasse al di sopra di schieramenti o ideologie e che premiasse un’informazione di qualità . L’odore di scandalo, il miraggio del gossip mondano – che chiaramente attraggono e fanno vendere – hanno fatto passare in secondo piano quella che potremmo chiamare la “cultura dell’ informazioneâ€.
Il ruolo dei giornalisti attraverso le pagine (cartacee o virtuali che siano) di un quotidiano è sacro: quello di proteggere e coltivare il diritto dei cittadini di essere informati, attraverso un lavoro quotidiano, ma anche attraverso un atteggiamento nei confronti dell’ informazione stessa, che va raccolta, verificata e curata per essere riproposta nel modo più pulito, preciso e puntuale possibile.
Certamente la notizia da tabloid colpirà , ma non ho dubbi nell’affermare che un articolo ben scritto e fondato possa competere. E vincere. Perché quell’articolo sarà foriero di un contenuto credibile, e questa è una ricchezza inestimabile in una realtà sempre più convulsa e frenetica in cui le illusioni e le distorsioni informative si moltiplicano e in cui solo un’autorità che si affermi nella confusione di voci può aiutare a capire e conoscere, ciò che dà la libertà a un individuo…
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*Chiara Signoria, 21 anni, studentessa al primo anno di Scienze della Comunicazione all’ Università di Padova. Ha fatto l’ anno scorso in Canada uno stage alla redazione italiana di OMNI News, che le ha confermato la sua passione per il giornalismo. Obiettivi prossimi: laurea e borsa di studio per un master alla Columbia University
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La tesi:
– Il testo