Come diventare giornalista hacker in 10 lezioni

Giornalisti hacker non si nasce e qui da noi non ci sono scuole come quelle francesi.

Per fortuna c’è il prof. Giovanni Ziccardi, che ha appena sfornato per Marsilio una guida pratica per essere un po’ hacker nella professione, che sarà distribuita gratuitamente a chi parteciperà all’International journalism festival di Perugia, dal 25 al 29 aprile.

“Il giornalista hacker. Piccola guida per un uso sicuro e consapevole della tecnologia” è un compendio prezioso dei fondamentali del giornalismo al tempo di internet.

 

 

di Pino Bruno
L’ ho sfogliato in anteprima.

 

E’ un percorso verso la conoscenza in dieci agili lezioni:

 

 

  • crittografia, per imparare a cifrare i dati
  • anonimato, per navigare invisibili e aggirare filtri e blocchi
  • cancellare (sul serio) i file e recuperare i documenti cancellati
  • usare applicazioni portable per non lasciare tracce
  • usare distribuzioni LIVE per lavorare in un ambiente digitale sicuro e anonimo
  • usare una macchina virtuale
  • adottare una gestione umana intelligente dei propri dati e account
  • imparare a distruggere hard disk e altri supporti
  • creare un’identità anonima in rete
  • usare firewall portatili

 

Come ogni manuale che si rispetti, “Il giornalista hacker” indica, alla fine di ogni lezione, gli strumenti di cui dotarsi per fare pratica. Attenzione, non è che si possa diventare hacker in un’ora – avverte Ziccardi –

 

“…il percorso verso l’hacking è lungo, tormentato, fatto di tante prove e curiosità, di tentativi, di errori, di notti insonni passate a digitare codice”.

 

Si può comunque cercare di superare “quel velo di normalità cui le tecnologie di oggi ci abituano – inteso come utilizzo tipico – e spingersi, anche solo per curiosità, verso strumenti che possano portare benefici immediati anche nella vita informatica di tutti i giorni e, soprattutto, nelle professioni più delicate”.
E i giornalisti, quelli che fanno le inchieste e vanno a infastidire i potenti, sanno di quale delicatezza stiamo parlando. Si devono proteggere le fonti, i cui nomi, recapiti e numeri telefonici sono semmai custoditi in un file del computer in redazione, a casa, sul portatile, dunque facilmente intercettabili da parte di chi si sente scrutato. Si devono cancellare le tracce disseminate durante le ricerche in rete, o nella corrispondenza via mail. Si devono proteggere gli archivi personali, impedire che possano essere oggetto di attacchi informatici.

 

Il paradosso è che la tecnologia – sempre più touch e facile da utilizzare – ci fa dimenticare la prudenza di un tempo, quando il giornalista investigativo conservava le sue carte preziose negli armadietti metallici delle redazioni, muniti di lucchetti e robuste serrature, e faceva le telefonate delicate dalle cabine pubbliche o dal baretto sotto la redazione.
Alla fine l’autore si schermisce:

 

“… non ho scritto, né detto, tutto ciò che c’è da sapere su questi strumenti, ma mi sono limitato a suggerire delle strade per poi lasciare l’approfondimento dei temi a chi è realmente interessato e curioso. E un po’ hacker dentro”.

 

Trentuno pagine preziose. Grazie a Giovanni Ziccardi e Marsilio. Sono certo che già durante il Festival di Perugia l’editore ci farà conoscere il link per il download gratuito de “Il giornalista hacker”.