”Beauté fatale. Les nouveaux visages d’une aliénation féminine”. E’ il titolo di un libro di Mona Chollet, una giornalista francese, pubblicato in questi giorni dalle edizioni La Découverte. L’ autrice smonta i meccanismi di imposizione culturale che caratterizza il ‘’complesso moda-bellezza’’, a cui fanno capo in particolare l’ industria dell’ intrattenimento e le cosiddette riviste ‘’femminili’’ e che tende a produrre una ‘’cultura femminile’’, un insieme di modelli di comportamento, di criteri di giudizio e di principi di gerachizzazione che si impongono a tutte le donne costruendo una scala unica di bellezza.
Pubblichiamo qui di seguito la traduzione di alcune pagine del libro dedicate in particolare ai magazine ‘’femminili’’ (via Acrimed).
Alcune interviste all’autrice sono qui.
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Come i magazine modellano il comportamento femminile
di Mona Chollet*
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(…) I magazine lavorano con costanza al modellamento dei comportamenti femminili sui presunti desideri del mondo maschile, attraverso innumerevoli articoli su quello che gli uomini pensano, amino, detestano, su quello che li fa impazzire, su ciò che li disgusta irrimediabilmente, ecc. Nella loro analisi della stampa per i preadolescenti,  Pierrette Bouchard, Natasha Bouchard e Isabelle Boily fanno un esame autoptico di un articolo della rivista del Québec Cool ! intitolato ‘’10 cose che i ragazzi vorrebbero farci capire’’ e destinato alle ragazzine impegnate nelle loro prime esperienze amorose. Le ragazze vi vengono mostrate – e quindi costruite – come delle creature ‘’eccitate e strambe, accentratrici, senza scrupoli, colleriche e gelose, manipolatrici e, infine, tendenzialmente infantili’’. Mentre i maschietti sono ‘’degli esseri liberi, totalmente indipendenti, che difendono i propri spazi al riparo dalle ragazze e che hanno il potere di prendere le distanze e mettere fine alle relazioni’’.
Alle prime, la rivista ingiunge ‘’di tacere e di non porre troppi problemi, perché ‘’le ragazze parlano troppo, un po’ troppo per i ragazzi’’. Parlare troppo nuoce anchea quella parte indispensabile di ‘’mistero’’ che le ragazze dovrebbero conservare; un obbligo che, per una felice coincidenza, coincide con l’ essenza di quello che ci si attende da loro: che restino al loro posto.
Quanto invece alle donne adulte, citiamo, fra mille esempi possibili, un elenco, pubblicato su una edizione estiva di Elle, di ‘’quello che loro (gli uomini, ndr) amano veramente’’. Alla rinfusa, in questo festival dei clichés per poveracci: lo chemisier sbottonato, i capelli bagnati e le labbra umide; che abbia l’ aria di una ‘’fanciulla un po’ animalesca, liberata’’, ma nello stesso tempo chic e non volgare; che faccia intuire di non portare mutandine; che si facciano allusioni salaci con una leggerezza da camionisti; che ‘’seduca i maschi ‘bevendo’ le loro parole con aria appassionata, cosa che strappa a uno sfortunato ‘’Alexis’’, un ‘’seduttore agguerrito’’, questo grido disperato: ‘’Ah! Vederla ridere senza stancarsi, a una festa, alle frottole di un idiota qualunque!’’. E soprattutto, soprattutto, che si facciano smancerie. Perché si sbaglia se si ha paura di ‘’passare per una brocca’’ e si crede che ‘’bisogna essere sempre intelligenti e pertinenti’’ – una illusione dovuta senza dubbio a  Elle, che ci droga avventatamente l’ intelletto durante tutto l’ anno.
Il giornalista attribuisce a un ‘’giovane professore di filosofia’’ questa confessione: ‘’Ho sempre provato un po’ di vergogna per l’ effetto distruttivo che può farmi una frase sfacciatamente adulatoria pronunciata tubando’’. Perché gli uomini intelligenti ed istruiti amano le ragazze silenziose: è così.
La condanna dell’ indipendenza si esprime anche nel trattamento riservato ai mostri contro natura che deviano dalla norma matrimonio-figli, a quei pericolosi elettroni in libertà ‘’senza padri né proprietari’’.
Quando Elle analizza il caso dell’ attrice Renée Zellweger, l’ interprete di Bridget Jones al cinema, chiedendosi quale sia il suo problema, visto che la povera ragazza non riesce ad accasarsi, sollecita il ‘’parere dello psicologo’’, in questo caso è un certo Robert Neuburger, che con l’ aureola della sua autorità di esperto, risponde: ‘’Questa giovane donna ha vissuto come dovrebbe fare un uomo. Secondo me la cosa affonda le sue radici nell’ infanzia: probabilmente quando era molot piccola si è messa in rivalità con un uomo, un fratello probabilmente. In qualche modo è partita male. Questo atteggiamento l’ ha aiutata nella sua carriera, ma lè è stato fatale in amore. Questo funzionamento maschile – nel senso sociale della parola – non è compatibile col suo orologio biologico di donna. A 41 anni capisce che il suo schema di vita non è quello che avrebbe dovuto scegliere, visto che il suo desiderio era quello di vivere in maniera piena una vita da donna. Nel corso degli anni ha avuto sicuramente un comportamento da predatrice sessuale, che l’ ha allontata dagli uomini, ma anche dalle donne. La sola via d’ uscita, per lei, è quella di incontrare qualcuno, forse più giovane, che trova in lei una ‘nicchia’, una protezione, e che accetta di vivere insieme a una donna con un comportamento da uomo’’.
Difficile non sudare freddo quando si legge che questo tizio lavora come ‘’terapeuta della famiglia e della coppia’’.
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* Mona Chollet è una giornalista al Monde Diplomatique e co– animatrice del site www.peripheries.net. Ha pubblicato La tyrannie de la réalité (Calmann-Lévy, 2004 / Folio – Gallimard, 2006) e Rêves de droite. Défaire l’imaginaire sarkozyste (Zones, 2008)