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Culture Visuelle, la conversazione come motore di ricerca

Abbiamo pubblicato spesso su Lsdi la traduzione di articoli tratti da Culture visuelle, una piattaforma di analisi e di dibattito scientifico sull’ immagine che fa capo al Laboratoire d’histoire visuelle contemporaine (Lhivic/EHESS), animato da André Gunthert.

Si tratta di un insieme di blog gestiti da ricercatori, insegnanti e studenti che lavorano e dialogano a cielo aperto. Sono soprattutto specialisti dei media, del visuale o della storia dell’ arte, ma anche sociologi, medievisti o antropologi. 

Proponiamo qui una analisi dell’ attività e degli obbiettivi di Culture Visuelle, scritta dallo stesso Gunthert: un esempio molto interessante di sperimentazione nel campo della ricerca di nuove forme di attività scientifica, sociale e collaborativa.

 

Culture Visuelle, ou la conversation moteur de recherche

di André Gunthert

 

 

Culture Visuelle, media sociale di ricerca scientifica, è stata creata nel novembre 2009 sotto la mia direzione dall’ équipe del Laboratorio di storia visuale contemporanea dell’ EHESS (Lhivic), sulla base di ua piattaforma multiblog WordPress 31. Questa opzione permette di disporre di uno strumento tecnicamente efficace e largamente aperto alle interazioni con l’ ambiente del web, e nello stesso tempo di grande semplicità d’ uso e accessibile quindi a chi intende collaborare  senza che sia necessaria una formazione specifica.

 

Invece di riprodurre online il format classic della rivista peer-reviewed, l’ uso mutualizzato di una ‘’fattoria’’ di blog permette di proporre una pubblicazione collaborativa, sul modello ispirato dai  Comptes rendus de l’Académie des sciences (Resoconti dell’ Accademia delle Scienze, un giornale scientifico francese che viene pubblicato dal 1666, ndr), che punta a sviluppare la ricerca via via che viene fatta. Il progetto è caratterizzato soprattutto da:

 

– l’ offerta di uno spazio di pubblicazione dedicato soprattutto al multimediale;

-  l’ edizione aggregata degli articoli sotto forma di un giornale tematico;

– la cultura della conversazione online come supporto della ricerca.

Pienamente operativa dal maggio 2010, la piattaforma conta due anni dopo 157 blog e 507 utenti iscritti (di cui 80 membri della redazione), soprattutto specialisti dei media, del visuale o della storia dell’ arte, ma anche sociologi, medievisti o antropologi. Essa riunisce ricercatori e studenti ma anche, in proporzione minore, professionisti o artisti.

Dalla sua creazione Culture Visuelle ha pubblicato 2.700 post e 10.000 commenti. L’ afflusso alla piattaforma è stimato in circa 90.000 visite/mese.

 

Uno spazio di pubblicazione adatto al multimediale

 

Con la democratizzazione senza precedenti delle risorse multimediali, si è creato un fossato fra gli strumenti di pubblicazione classici e le pratiche dell’ insegnamento e della ricerca. Culture Visuelle si è dato come obbiettivo primario quello di offrire uno spazio di pubblicazione adatto alla gestione di tutte le fonti multimediali – suono, immagine fissa o animata, diaporama, Pdf e qualsiasi altra risorsa che possa essere necessaria.

 

La piattaforma deve poi rispondere a delle precise condizioni in termini di semplicità di utilizzo, comfort di lettura e sicurezza legale. Essa risponde a questi bisogni attraverso una grafica realizzata specificamente, un server potente e la possibilità di restringere l’ accesso alle immagini senza impedire la lettura del testo.

 

La gabbia grafica è stata sviluppata per proporre il miglior compromesso in termini di format, con una larghezza delle colonne di 695 pixel, che permette una visualizzazione piacevole di una immagine, conservandone nello stesso tempo una buona velocità di download. Le diverse possibilità di sistemazione delle immagini e di  utilizzo dei contenuti multimediali rappresentano un salto qualitativo senza pari nell’ universo delle pubblicazioni accademiche.

 

Questa semplicità di gestione incoraggia la pubblicazione di iconografie complesse. La dimostrazione dell’ efficacia del servizio reso viene data soprattutto dalla ripubblicazione di articoli già usciti, la cui messa in rete consente di accompagnare con una iconografia più completa.

 

La possibilità di un largo uso di fonti multimediali favorisce ugualmente l’ analisi di casi particolari, la costituzione di corpus, e la realizzazione di inchieste visuali partecipative. Lo studio in tempo reale di memi o l’ accorpamento di iconografie critiche fanno parte degli apporti specifici della piattaforma. Così come l’ uso di Powerpoint e la faciilità di accesso alle fonti visuali, moltiplicando i documenti analizzati, modificano progressivamente l’ approccio, il blog si rivela un eccellente compagno di studi multimediali e incoraggia la sperimentazione sotto ogni forma: montaggio e associazione di immagini, analisi degli effetti di composizioni significative, ricostituzione di modifiche attraverso test e comparazioni, ecc.

 

Uno dei maggiori ostacoli all’ uso di strumenti pubblici da parte degli universitari sta nell’ incertezza su quello che è consentito pubblicare, nel campo della citazione dei contenuti audiovisivi come della pre o post-pubblicazione dei propri lavori. La vaghezza di editori, musei o chi gestisce i diritti  accentua una impressione di insicurezza giuridica scoraggiante. Esiste un ostacolo specifico alla citazione di contenuti mutimediali che non beneficiano delle eccezioni previste per i testi né di quelle pedagogiche, limitate in principio all’ ambiente delle aule dove si tengono i corsi.

 

Ora, la citazione è uno strumento fondamentale della ricerca analitica in scienze sociali: per poter descrivere, commentare o criticare un contenuto, la prima condizione è che esso sia disponibile. Una condizione che è perfettamente riscontrabile nel caso di un testo – solo materiale a cui si applicava la ricerca scientifica nel 1887, quando fu elaborata la Convenzione di Berna sulla proprietà intellettuale.  La citazione è allora definita come una eccezione al monopolio di sfruttamento dei diritti conferiti dalla proprietà intellettuale, e non è ammessa che a condizione di presentarsi nell’ aspetto di brevi estratti. (articolo L 122-5 del Codice della proprietà intellettuale).

 

Questa condizione non può applicarsi alle opere ‘’brevi’’ come le immagini fisse (ma anche a poesie,  canzoni, haiku, clip, ecc). Per cui, al contrario, qualsiasi utilizzo deve passare attraverso una richiesta di autorizzazione e in alcuni casi il pagamento di un diritto di uso. Questa clausola rende evidentemente problematica la critica dei contenuti e contraddice le esigenze elementari dell’ analisi scientifica.

 

La restrizione della citazione attraverso la brevità crea di fatto due tipi di scienza: la scienza delle opere ‘’lunghe’’, che può essere realizzata in completa indipendenza, e quella delle opere ‘’brevi’’ che ha bisogno del permesso dei titolari dei diritti. Questa ‘’scienza autorizzata’’ è paradossale e incomprensibile in un’ epoca in cui i contenuti multimediali sono diventati un veicolo onnipresente della cultura e dove tutti rivendicano la necessità di una ‘’educazione all’ immagine’’.

 

Questa situazione consente non solo a un editore di rifiutare la riedizione di una immagine, come il ritratto ritoccato di  O. J. Simpson (pubblicato da Time sulla copertina del numero del 27 giugno 1994), ma anche di intentare un processo al ricercatore che osasse infrangere questo divieto. Nessuno, a cominciare dai grandi media, possono rispettare alla lettera queste disposizioni: la diffusione delle fotografie di Abou Ghraib, ad esempio, è stata fatta senza tener assolutamente conto di queste restrizioni.

 

Una delle chance del progetto Culture Visuelle è stata la possibilità di sfruttare l’ introduzione da parte della cosiddetta legge DADVSI (una norma sul diritto d’ autore approvata nel 2006 sulla base della direttiva europea 2001/29/CE, ndr) della eccezione della citazione pedagogica, quando i contenuti vengono utilizzati ‘’a fini esclusivi di illustrazione nel quadro dell’ insegnamento e della ricerca’’ e tale utilizzo ‘’non dia luogo a nessuno sfruttamento commerciale’’. Questa possibilità può essere sfruttata al di fuori degli spazi accademici solo per l’ edizione online, proponendo però un accesso gratuito ai contenuti.

 

Conformandosi a queste disposizioni, soprattutto attraverso l’ iscrizione controllata dei suoi aderenti, e grazie a una funzionalità sviluppata appositamente, e chiamata ‘’cachimage’’ (nascondimmagine, ndr) , che permette di riservare la consultazione dei contenuti audiovisivi ai soli membri della comunità, Culture Visuelle può proporre un ambiente corrispondente ai requisiti legali. Applicando cachimage, il contenuto iconografico di un post viene inserito in uno stato equivalente a quello di un intranet controllato, preservando in ogni caso l’ accessibilità del testo in lettura e la indicizzabilità da parte dei motori di ricerca2. Ma questa funzione è rimasta però una possibilità teorica, che per il momento non è stata mai utilizzata.

 

Ispirato dalla pratica dei blog, l’ uso diffuso su Culture Visuelle corrisponde a una sorta di estensione dell’ eccezione della citazione alle opere brevi. Non si tratta di una appropriazione selvaggia: la citazione è dotata di identificazione della fonte e soprattutto della motivazione del suo utilizzo. Per illustrare uno dei miei articoli, mi era capitato di usare una riproduzione di un fumetto di Boulet a titolo decorativo3. In un commento, l’ autore aveva segnalato giustamente che l’ uso della sua opera non veniva giustificato all’ interno del post, e questo mi ha spinto a ritirare l’ immagine. Al contrario, un altro articolo era stato dedicato all’ analisi di una tavola dello stesso autore, che è nuovamente intervenuto nei commenti, ma questa volta senza opporsi alla riproduzione della sua opera.

 

Questo esempio dimostra l’ applicabilità delle regole della citazione al di fuori della condizione di brevità, cosa che permette di estenderla alle immagini. Una sperimentazione di questo genere è un apporto di cui per il momento si possono valere solo le sperimentazioni editoriali nel campo delle Digital Humanities.

 

Il  seminario ‘’aumentato’’

 

Basato su una precedente esperienza di vari anni condotta in seno al blog Actualités de la recherche en histoire visuelle4, Culture Visuelle propone un insieme di punti di riferimento che fanno sistema: l’ unità di base del blog, che restituisce all’ autore-ricercatore il ruolo fondamentale di propulsore; il format redazionale della nota, che permette di dare forma pubblica ai primi stadi di una ricerca; la gestione comunitaria, che trasforma la pubblicazione isolata in una vera attività di laboratorio.

 

Per attualizzare il progetto ho utilizzato un principio di aggregazione ispirato ai media sociali: un programma di syndication riunisce in un solo flusso i post pubblicati dai blogger che fanno parte della redazione. Questo flusso viene sottomesso a una selezione quotidiana da parte di un comitato editoriale di una quindicina di persone5, che ne trattiene in media il 55% e attribuisce a ciascun contenuto pubblicato una serie di parole chiave.

 

La partecipazione alla pubblicazione collettiva passa attraverso l’ uso di determinate categorie. Ogni post che rientra in almeno una di questa categorie viene duplicato in una pagina comune che permette la sua indicizzazione e la sua preparazione editoriale. Viene posto quindi alla valutazione del comitato editoriale, che effettua una selezione a due livelli: una selezione semplice, attraverso l’ opzione positiva di un membro del comitato; una selezione collettiva, riportata in Prima pagina attraverso deliberazione e voto a maggioranza dell’ insieme del comitato.

 

Un post  che invece non rientra in nessuna delle categorie stabilite, non verrà proposto nella pagina comune, ma resterà accessibile e comunque indicizzabile da parte dei motori di ricerca esterni.

 

Questo principio permette sia di preservare l’ indipendenza di ciascun blogger, sia di proporre un contenuto strutturato. Assicurando comunque il controllo e l’ archiviazione della produzione della piattaforma, fornisce ai lettori un giornale di ricerca tematica regolarmente aggiornato.

 

Questo giornale è diventato per l’équipe del Lhivic il suo principale strumento di lavoro e di interazione, alla stregua di un seminario ‘’aumentato’’, che è ormai la colonna vertebrale degli scambi in seno al laboratorio.

 

La parola chiave ‘’illustrazione’’, che raggruppa finora circa 230 contributi, fornisce l’ esempio di una interrogazione colletiva sul ruolo dei supporti visuali nella stampa e nell’ editoria, che si trasforma progressivamente in inchiesta partecipativa, accumulando un’ ampia serie di osservazioni che confermano l’ esistenza di un utilizzo illustrativo della fotografia e gettano le basi di una narratologia visuale dell’ informazione6.

 

Un’ altra applicazione del multiblogging è stata la creazione da parte di vari dottorandi di blog ‘’privati’’ (non indicizzati dai motori di ricerca e il cui accesso è protetto da password), la cui consultazione è riservata al piccolo gruppo di ricercatori direttamente interessati, che permette di archiviare e discutere delle osservazioni non pubblicabili, soprattutto a causa di confidenzialità delle fonti. Questo gruppo di blog dispone del suo proprio aggregatore, che permette ai memrbi dell’ équipe di condividere le fasi finali di una ricerca. Per i docenti che seguono le tesi è un mezzo molto pratico per seguire e discutere i lavori dei suoi dottorandi.

 

Al momento Culture Visuelle è l’ unica piattaforma universitaria a proporre questo tipo di sperimentazione.

 

Fra gli altri benefici, la forma comunitaria dà una base robusta alla pratica della pubblicazione online. Malgrado le dichiarazioni di semplicità degli strumenti digitali, il loro uso da parte dei debuttanti resta una fonte di difficoltà. Attraverso l’ intermediazione della rete sociale, la comunità svolge una funzione di aiuto e di tutoraggio. E consente ugualmente a ciascuno dei partecipanti di approfittare della visibilità che comporta sul web una produzione di qualità. Beneficiando di una indicizzazione favorevole, perfettamente integrata ai diversi sistemi di raccomandazione su Twitter o Facebook, Culture Visuelle fornisce ai lavori dei suoi membri una buona esposizione, favorendo la loro identificazione da parte degli specialisti.

 

Nell’ attuale passaggio delle digital humanities, Culture Visuelle si caratterizza per l’ adozione della cultura della conversazione prodotta dal blogging7. Vicina alla piattaforma Hypothèses8, essa se ne distingue per la scelta della specializzazione tematica, che permette di collocare attorno all’ attività di un gruppo di ricercatori una sociabilità e un dialogo aperto, specialmente ai professionisti interessati (artisti, fotografi, cineasti, iconografi, giornalisti, ecc.).

 

Questa dinamica conversazionale colpisce,  e lo dimostrano sia il numero rilevante di commenti sia le opzioni metodologiche degli articoli pubblicati, che sono spesso delle proposte aperte alla discussione.

 

Una parte non trascurabile dell’ utilizzo scientifico dei blog si configura nella riproduzione di annunci di seminari, colloqui o pubblicazioni curati da chi gestisce le liste di diffusione, spesso arricchiti con la ripresa di articoli sottoposti in prepubblicazione alle varie riviste. La cultura della conversazione è un approccio realmente diverso, che considera il blogging scientifico come una forma analoga al seminario di ricerca, la cui economia si basa sullo scambio e la discussione.

 

Condividere pubblicamente una ipotesi o una osservazione ancora a uno stadio preliminare non è cosa irrilevante. Questo gesto non privo di rischi si può produrre nel quadro protetto del seminario, in un contesto di fiducia e di cordialità. Incoraggiare questa espressione online presuppone la creazione di un ambiente omogeneo, favorito su Culture Visuelle dalla specializzazione tematica e dalla dinamica del gruppo fondatore, che non agisce sulla piattaforma come editore ma la utilizza per i propri scopi di ricerca e di dialogo scientifico. In un periodo di due anni e mezzo, diversi ricercatori stranieri si sono aggiunti in modo stretto all’ équipe iniziale, confermando il fascino di questa proposta e dando corpo all’ idea di un luogo di discussione virtuale.

 

La piattaforma riunisce diversi vecchi blogger, che sono poi coloro che dispiegano l’ attività più rilevante (i 20 blog più attivi hanno messo online più della metà degli articoli pubblicati). La gestione e il controllo del dialogo online è una cultura particolare, che ha bisogno di un apprendistato9. La conversazione è uno strumento sociale di formazione del giudizio e il suo sviluppo presuppone che la questione affrontata resti aperta. Se la pubblicazione dei risultati finali è raramente oggetto di commenti, la formulazione di ipotesi al contrario può suscitare dei dibattiti animati. Come in seminario, il criterio di esposizione scelto o la maniera di rispondere agli interventi gioca un ruolo importante nella qualità dell’ interazione. La scelta di discutere alcuni argomenti di attualità permette spesso di coinvolgere dei partecipanti non specializzati e costituisce altrettante occasioni preziose per estendere il campo del dialogo a un pubblico più ampio.

 

Le statistiche confermano che gli autori vanno su Culture Visuelle anche per cercare l’ appoggio della conversazione. I 22 blog che hanno cessato la loro attività dal 2010 avevano una media di meno di 4 commenti a post. La percentuale di commenti per articolo è chiaramente correlato all’ attività di pubblicazione del blog, che sarà tanto più intensa e regolare quanto più incontrerà una risposta conversazionale. La pratica osservata sulla piattaforma costituisce una indicazione forte di una parentela stretta fra il modello del blogging e quello della discussione scientifica. E suggerisce ugualmente l’ importanza di questo modello nello sviluppo di nuove forme di lavoro scientifico10.

 

Culture Visuelle si è dato come obbiettivo la realizzazione di un ambiente favorevole a una pratica di ricerca condivisa. La pratica quotidiana di questo dialogo ‘’aumentato’’ e la raccolta di lavori accumulati in due anni e mezzo permettono di ritenere che la piattaforma ha pienamente centrato questo obbiettivo.  Più che un semplice supporto editoriale, essa costituisce per i suoi partecipanti un vero acceleratore della ricerca, un indispensabile strumento di lavoro e di dialogo.

Testo rivisto a partire dal mio intervento al seminario “Architecture de l’information pour la recherche en SHS”, Institut Rhône-alpin des systèmes complexes, 6 avril 2012

 

  1. L’ impianto informatico è stato realizzato da 22mars, azienda specializzata in media sociali, grazie a un finanziamento ANR [↩]
  2. Cf. Lionel Maurel, “Sortir la recherche visuelle de l’impasse des exceptions au droit d’auteur“, S.I.Lex, 1er septembre 2011. [↩]
  3. Vedi i commenti al mio articolo: “L’œuvre d’art à l’ère de son appropriabilité numérique“, 14 novembre 2011. [↩]
  4. Actualités de la recherche en histoire visuelle (2005-2009), . Vedi il mio articolo “Why blog ?“, in Marin Dacos (dir.), Read/Write Book, Marseille, OpenEdition Press, 2010, p. 161-171. [↩]
  5. Il comitato editoriale di Culture Visuelle è composto da Lorraine Audric, Gil Bartholeyns, Raphaële Bertho, Rémy Besson, Pierre-Olivier Dittmar, Gaby David, Alexie Geers, André Gunthert, Valentina Grossi, Alexis Hyaumet, Fanny Lautissier, Audrey Leblanc, Patrick Peccatte, Pier-Alexis Vial. [↩]
  6. Cf. le tag http://culturevisuelle.org/blog/tag/illustration/; vedi anche il mio articolo: “L’illustration, ou comment faire de la photographie un signe“, L’Atelier des icônes, 12 octobre 2010. [↩]
  7. Cf. Antoine Blanchard, “Ce que le blog apporte à la recherche“, in Marin Dacos (dir.), Read/Write Book, Marseille, OpenEdition Press, 2010, p. 157-166; Marin Dacos, Pierre Mounier, “Les carnets de recherche en ligne, espace d’une conversation scientifique décentrée“, Lieux de savoir. Gestes et supports du travail savant, Paris, Albin Michel, vol. 2, 2010. [↩]
  8. Hypothèses, piattaforma di ricerche in Scienze umane e sociali; Cf. Mélodie Faury, “Le ‘carnet’ de recherches“, L’infusoir, 5 décembre 2011. [↩]
  9. Cf. Julie Henry, “Les commentaires: espace et outil de réflexivité, ou occasion d’exprimer ses marottes?“, Espaces réflexifs, 4 février 2012. [↩]
  10. Cf. Henry Jenkins, “Why Academics Should Blog…“, Confessions of an Aca-fan, 8 avril 2010; Olivier Ertzscheid, “Science 2.0 : renouveau de la recherche et/ou de l’échange scientifique ?“, Affordance.info, 1er mai 2012. [↩]

 

 

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