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Dig.it / Fnsi e giornalismo multimediale, un connubio possibile?

Daniela Stigliano vice segretario Fnsi

Trovare un modello di business sostenibile è un problema che non riguarda solo i giornalisti che vogliono inventarsi e diventare imprenditori o che vogliono farsi una propria testata on line e cercano finanziamenti e finanziatori; è un problema enorme che riguarda anche le testate analogiche, anche quelle mainstream, che hanno necessariamente l ‘obbligo di andare verso questa unica strada possibile: la multimedialità.

 

 

I racconti che abbiamo sentito oggi (5 luglio, ndr) sono racconti di giornalisti che si fanno imprenditori per trovare un proprio modello di business, meglio ancora uno stipendio. Ma io sono convinta che invece la realtà odierna sia un’ altra, la realtà è di un mondo che ha bisogno di modelli di business per fare dei giornali multimediali.

 

Qualcuno ha detto: “Chi ha risorse è in una posizione di difesa e sta fermo…”. Io credo che ad oggi ci sia ancora un grande disorientamento tra i nostri editori che ancora stanno cercando un modo per fare soldi, perché è la loro mission, attraverso il multimediale rispettando le regole, ma non l’hanno trovato.

 

Ed è anche un problema dei giornalisti, di una parte di essi, che hanno difficoltà a riconoscere le possibilità che la rete offre, oppure che sentono le potenzialità del web ma hanno difficoltà a sfruttarle in modo adeguato. Molti giornalisti delle redazioni analogiche a tutt’oggi continuano a rifiutare le oppurtunità dell’on line.

 

Secondo me la gran parte dei colleghi sono disorientati ma ritengo che riconoscano le potenzialità di internet. L’innovazione è l’unica possibilità? Io credo sia la qualità l’unica possibilità, l’innovazione è irrinunciabile, inevitabile, non si può ignorare; il problema è di utilizzarla e di farlo con qualità. L’etica e il rispetto dei lettori devono essere sempre poste davanti a tutto.

 

 

Vorrei brevemente presentare i risultati dell’analisi svolta da Nicola Bruno. Sono state messe a confronto 3 testate on line in start up, in tre paesi diversi; per l’Italia si analizzano Linkiesta, Lettera 43 e il Post.
Le conclusioni sono che non esiste ancora un modello di business credibile, due sole testate hanno raggiunto il punto di pareggio in Germania e Francia.

 

Io non credo che sia cambiata la professione giornalistica da quando ho iniziato a frequentarla, circa 30 anni fa, credo che raccontare la realtà sia rimasto quello, i modi di farlo sono diversi.

 

Io credo, da sindacalista, che ci siano delle regole che debbano essere rispettate anche nella multimedialità, nel gestire la professione giornalistica, e che le regole in primo luogo le debbano rispettare gli editori, anche quelli che si muovono e scelgono la multimedialità alla ricerca di nuovi modelli di business. Anche costoro, a mio avviso, devono comunque fare i conti con regole preesistenti e con il rispetto per i giornalisti che lavorano per loro, senza il rispetto e senza una giusta retribuzione non ci può essere la qualità nell’informazione.

 

Io credo anche che quelle stesse regole devono essere rispettare anche da quei giornalisti chi si fanno imprenditori, da chi ha un’idea innovativa e prova a costruirci sopra un’ azienda di successo.