Lelio Simi, dal sito senzamegafono.com, segnala l’iniziativa Dig.it. Una riflessione sull’engagement del lettore. Nei media tradizionali il lettore è ai margini dell’attenzione, nelle reti sociali del web ha, invece, acquistato sempre maggiore spazio.
Simi afferma che la sfida, per chi fa informazione oggi, sta nel comprendere il nuovo ecosistema, soprattutto, in modo da realizzare nuove relazioni e dinamiche nel ciclo di raccolta e verifica delle notizie. I lettori vanno coinvolti perché riacquistino fiducia.
#digitfi12: ascoltare e interagire per coinvolgere il lettore. L’engagement nelle testate giornalistiche
di Lelio Simi
Pianificare e mettere in atto tecniche di engagement con i propri lettori, ovvero strategie di ascolto, interazione e coinvolgimento diretto con la comunità di riferimento sono (dovrebbe essere) una delle priorità per le testate giornalistiche (digitali o tradizionali che siano) impegnate ormai da anni ad arginare il calo verticale della propria audience.
E se da una parte nei media tradizionali il lettore si è sentito sempre più ai margini dell’attenzione, figura di fondo e indistinta, dall’altra grazie alle reti sociali e alle nuove piattaforme di comunicazione ha potuto acquistare sempre maggiore spazio per raccontare sé stesso e la realtà che lo circonda (o meglio, la percezione che lui ha della realtà che lo circonda). Il tutto mentre la cultura “open†sta sempre più affermando tra i cittadini la necessità nella loro vita sociale di spazi partecipati, trasparenti e collaborativi.
La sfida, per chi fa oggi informazione, sembra essere sempre più quella di saper “abitare†queste nuove reti e saper leggere con intelligenza questo nuovo ecosistema, non solo per quanto riguarda gli strumenti digitali a disposizione, ma più in generale per realizzare nuove relazioni e nuove dinamiche nel ciclo di raccolta, verifica delle notizie. Perché per riacquistare fiducia e autorevolezza agli occhi dei lettori serve coinvolgerli davvero, in modo concreto e non solo a parole o con slogan. E d’altronde come mai potrà realizzarsi un qualsiasi modello economico vincente se non sarà recuperata, almeno in buona parte, quella fiducia e autorevolezza persa in questi anni agli occhi dei lettori? Persa – vale la pena sottolineare – anche (e forse soprattutto) perché sempre meno il lettore si è riconosciuto nel racconto quotidiano che della propria comunità veniva fatto dai giornali.
Ma oggi “I quotidiani, gli organi di informazione oggi, possono fare molti passi in avanti per dare alle persone un senso di appartenenza e partecipazione nel loro giornalismo†ha scritto John Robinson in chiusura di un suo bellissimo artico che ho già  citato su questo blog. Bene, di quel “molto†parleremo all’interno di Digi.it, la due giorni fiorentina per fare il punto sul giornalismo digitale in Italia. In particolare segnalo (ma tutto il programma è da seguire)  buone pratiche e strumenti per realizzare un corretto e proficuo coinvolgimento delle community di riferimento di un giornale, mercoledì 4 luglio ore 14,30 con (in caso di variazioni vi aggiorno) Antonella Beccaria, Luca De Biase, Luca Conti,Carlo Sorrentino, Massimo Mantellini, Marco Pratellesi, Marco Giovanelli e il sottoscritto in qualità di moderatore (quiil form per registrarvi). Gli spunti e i temi sono molti: strumenti, case history, prospettive. Qui metto insieme tre punti che mi sembra possano sintetizzare alcuni aspetti fondamentali delle buone pratiche di ascolto e interazione da applicare nelle redazioni. Giusto per iniziare la discussione…
- L’Engagement è prima di tutto migliorare la qualità del proprio giornalismo. Fare politiche di ascolto e interazione con i propri lettori vuol dire principalmente una cosa: essere convinti che coinvolgere il lettore nel processo di raccolta, verifica e distribuzione delle notizie migliori la qualità del proprio lavoro e il livello del proprio giornalismo. La prima ragione per la quale si attuano pratiche di interazione – in modo organizzato e non sporadico – con la comunità di riferimento, è quindi migliorare il racconto che la testata giornalista fa di quella stessa comunità (locale o professionale che sia). Tutto il resto sono elementi e pratiche che vengono in ordine a questa prima impostazione: le attività di marketing (che pure è necessario fare) così come quelle di distribuzione dei propri contenuti e di auto-promozione (che pure è assolutamente necessario fare). Ma è ovvio che se si vuole dialogare con qualcuno non si può solo cercare di vendergli qualcosa o di annoiarlo nel parlare solo di noi…
- Non utilizzare solo strumenti digitali. È un errore pensare che le pratiche di interazione e coinvolgimento, pur essendo uno degli elementi che caratterizzano le politiche editoriali digital-first debbano utilizzare unicamente strumenti digitali. Nelle strategie di engaging è necessario integrare gli strumenti tradizionali con quelli digitali, e i primi non sono necessariamente meno importanti degli altri. Così in molti hanno capito che relegare l’esperienza di interazione e di ascolto unicamente dentro l’universo digitale spesso vuol dire limitarla, non renderla completa. L’esperienza dei newsroom caffè – spazi attrezzati per accogliere e incontrare la comunità – diventa emblematica di un giornalismo che oltre alle nuove tecnologie, riscopre vecchi metodi di relazione aprendo le porte (letteralmente) delle redazioni ai propri interlocutori, si confronta direttamente creando spazi fisici dove discutere faccia-a-faccia con i membri della comunità per condividerne storie, idee ed esperienze.
- Essere capaci di guidare la conversazione. Gli organi di informazione devono essere capaci di guidare la conversazione con la comunità , un ruolo che però va guadagnato sul campo: ascoltando, partecipando e favorendo fattivamente le conversazioni e le discussioni sui temi rilevanti per la comunità . Mettendo in rete le competenze e le conoscenze dei cittadini a beneficio di tutti. La redazione quindi ascolta ma è capace anche di guidare il dibattito facendosi carico di elevare la discussione, e magari di non parlare solo alla “pancia†dei lettori per coinvolgerli, ma stimolarli e favorire  l’emergere dei diversi punti di vista.