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Dopo oltre 10 anni di rivoluzione digitale il grosso del giornalismo è ancora offline

“Dieci anni che hanno sconvolto il mondo dei Media “ è il titolo dell’ultimo rapporto del Reuters Institute sullo stato dei media.

 

Il rapporto  paragona il periodo attuale (quello della scoperta e dell’affermazione dei protocolli TCP-IP) a quello immediatamente successivo alla invenzione della stampa, che sappiamo essere stato molto lungo e denso di cambiamenti strutturali, non solo economici, ma anche sociali e culturali.

 

La transizione per ora è comunque solo all’ inizio tanto che , anche nei paesi con alti livelli di accesso e di uso di internet, come Nord Europa e Nord America, la gran parte del giornalismo professionistico  continua ad essere sostenuto da aziende mediatiche di tipo tradizionale e dai guadagni di piattaforme “offline” come stampa e televisione

 

 

di Antonio Rossano

 

“Dieci anni che hanno sconvolto il mondo dei Media “ è il titolo di un nuovo report (qui il pdf) pubblicato lo scorso 11 ottobre dal Reuters Institute for the Study of Journalism (Oxford University) sullo stato dei media.

 

I media tradizionali, in special modo la televisione, sono ancora dominanti nello scenario dei media, attraendo una grande fetta del’advertising e supportando la creazione della maggior parte dei contenuti, in special modo per quanto riguarda le informazioni. Tutto questo è destinato a cambiare, con profonde implicazioni per i media così come li conosciamo.

 

Ma al momento attuale, anche nei paesi con alti livelli di accesso e di uso di internet, come Nord Europa e Nord America, la gran parte del giornalismo professionistico  continua ad essere sostenuto da aziende mediatiche di tipo tradizionale e dai guadagni di piattaforme “offline” come stampa e televisione.

 

Passando attraverso l’analisi dell’audience e di cambiamenti fondamentali come la frammentazione dell ‘ audience ed il ridimensionamento dei mass media (vedi grafico), la valutazione dei grandi paesi emergenti quali Brasile e India, il rapporto giunge a paragonare il periodo attuale (quello della scoperta e dell’affermazione dei protocolli TCP-IP) a quello immediatamente successivo alla invenzione della stampa, che sappiamo essere stato molto lungo e denso di cambiamenti strutturali, non solo economici, ma anche e principalmente sociali e culturali per concludere che, sebbene siano trascorsi più di dieci anni di cambiamenti spesso drammatici, siamo solo all’inizio di un più lungo periodo di transizione.

 

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Secondo il Rapporto, in assenza di innovazioni industriali veramente rilevanti, le basi commerciali del giornalismo professionale continueranno a indebolirsi in gran parte del mondo occidentale, di pari passo con il declino dei vecchi media  e il loro progressivo allontanamento dall’ informazione giornalistica e tenendo conto dell’ esiguità delle nuove aziende online che sono riuscite a trovare dei modelli sostenibili per la produzione giornalistica.

 

Tra l’ altro, mentre nuove piattaforme digitali hanno creato nuove opportunità di socializzazione – spiega una nota del Reuters Institute -, non è ancora chiaro se la condivisione delle informazioni, e il settore della ricerca, riusciranno a fornire un nuovo ambiente ospitale per il giornalismo professionale.

 

Il rapporto, curato da Rasmus Kleis Nielsen e sostenuto da una sovvenzione della Open Society Foundations, documenta alcune differenze molto significative nel modo in cui le aziende di diversi paesi hanno affrontato l’ ultimo decennio attraverso l’ esame di sei democrazie assestate (Finlandia, Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Stati Uniti) e di due economie emergenti (Brasile e India).
L’ industria dei giornali negli Stati Uniti, per esempio – segnala la Ricerca -, ha sofferto molto di più rispetto ai suoi omologhi in altri paesi, mentre molte testate dell’ Europa del sud hanno dovuto lottare con problemi istituzionali ereditari e flessioni cicliche dell’ economia oltre che con le questioni legate alle nuove tecnologie. Fino ad ora, secondo il Rapporto, le testate dell’ Europa nord-occidentale hanno registrato risultati migliori rispetto ai loro omologhi nordamericani o del Mediterraneo, ma, anche con la loro base invidiabile di abbonati e spettatori devoti, esse non sono immuni dalle sfide che accompagnano il processo di convergenza digitale.

 

Il Rapporto mostra inoltre come gran parte del settore dei media sia in Brasile che in India sia in rapida crescita, beneficiando della crescente alfabetizzazione, dello sviluppo economico e dell’ emergere di una classe media urbana che interessa fortemente gli investitori pubblicitari, anche se alcune testate dirette alle elite, fra cui i giornali di opinione, stanno cominciando ad affrontare alcune delle sfide comuni alle aziende editoriali degli altri paesi.

 

Nella maggior parte delle democrazie avanzate, il Rapporto individua una tendenza all’ indebolimento della capacità di produrre informazione giornalistica e della capacità professionale delle testate di attrarre un pubblico ampio, mentre la crescita registrata nelle economie emergenti – se non ostacolata da problemi di interferenza padronale, abusi politici, e tenendo comunque conto della necessità di migliorare la qualità del lavoro giornalistico – prefigura la produzione di una quantità sempre maggiore di contenuti giornalistici, offrendo informazione a milioni di persone che fino ad ora sono state dimenticate.

 

 

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