Customize Consent Preferences

We use cookies to help you navigate efficiently and perform certain functions. You will find detailed information about all cookies under each consent category below.

The cookies that are categorized as "Necessary" are stored on your browser as they are essential for enabling the basic functionalities of the site. ... 

Always Active

Necessary cookies are required to enable the basic features of this site, such as providing secure log-in or adjusting your consent preferences. These cookies do not store any personally identifiable data.

No cookies to display.

Functional cookies help perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collecting feedback, and other third-party features.

No cookies to display.

Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics such as the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.

No cookies to display.

Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.

No cookies to display.

Advertisement cookies are used to provide visitors with customized advertisements based on the pages you visited previously and to analyze the effectiveness of the ad campaigns.

No cookies to display.

Financial Times, i soldi dei lettori (carta e online) supereranno nel 2012 quelli della pubblicità

La progressione delle vendite dei dispositivi mobili e la costante evoluzione tecnologica permette di intravedere delle grandi opportunità per l’editoria. Lo stile di consumo delle notizie cambia rapidamente, diventa sempre più individuale ed è atemporale, nel senso che può essere esercitato in qualsiasi momento della giornata e da qualsiasi luogo.

E’ la conclusione di una interessante riflessione che Piero Macrì, sull’ EJO, dedica a una notizia per molti versi clamorosa nel campo dell’ industria dei media. Il fatto cioè che entro il 2012 per il Financial Times i ricavi dei lettori a pagamento (carta più online) supereranno quelli della pubblicità.

 

Si tratta, secondo Macrì, di un risultato che premia la volontà del FT di perseguire una politica a pagamento per l’intero spettro di distribuzione dell’informazione attuato nel corso degli anni. Un modello che dalla carta stampata si è esteso a tutte le componenti, online e digitali.

Certo il Financial Times, come il suo cugino americano, il Wall Street Journal, è una eccezione. Si riviolge a un pubblico da una fisionomia fortemente delineata. Ma , al di là di questo aspetto, la notizia è assolutamente rilevante lo stesso.

 

Perché alla fine,

 

– segnala  che, a questo punto, l’ elemento della qualità e della pertinenza dei contenuti offerti diventa cruciale, perché è solo su questo piano che si può costruire un modello economico soddisfacente come quello realizzato da FT;

– indica, sul piano simbolico (in questi casi non secondario), che non è ineluttabile l’ unicità della pubblicità come risorsa;

– conferma le grosse potenzialità dei dispositivi mobili sul piano dei ricavi editoriali.

 

Sempre a proposito del FT, Macrì osserva:

 

La dimensione dell’ informazione veicolata  attraverso web, tablet e smartphone è a pagamento, così come nel caso del suo alter ego americano, il Wall Street Journal. Una formula che si è rivelata vincente e che ha portato nelle casse dell’editore un flusso di ricavi progressivamente crescente. Certo, stiamo parlando di un giornale che costituisce una sorta di eccezione nel panorama dell’editoria.

 La logica del paywall non è considerata praticabile dalla stragrande maggioranza di testate generaliste, che hanno invece perseguito il modello a pagamento soltanto per le nuove forme di distribuzione sviluppatesi grazie al successo di nuove emergenti tecnologie come tablet e smartphone.

A differenza di questi ultimi, il modello impostato dal FT, ha reso possibile sviluppare un rapporto con i lettori ispirato a una solida coerenza: l’ informazione si paga, comunque e sempre.

 

Nessuno pensa che si debba far pagare l’ informazione generalista sul web (anche perché poi la si paga lo stesso indirettamente), ma cominciare a pensare seriamente a una offerta diversificata e più curata di contenuti di approfondimento o di nicchia resta l’ unica strada per cercare di mettere a fuoco un modello economico di informazione digitale sostenibile e di non incatenarsi per sempre al carro della pubblicità.