Ma i giornali vogliono ancora continuare ad avere una audience nel vecchio senso del termine (un pubblico passivo a cui inviare i propri contenuti), oppure capiscono che è meglio, a prescidere dal supporto utilizzato, avere delle comunità di riferimento se non addirittura delle tribù aggregate intorno ad una causa, a valori ideali, così come avviene da tempo per molti brands?
Sul suo Giornalaio Pier Luca Santoro pone una questione chiave nell’ attuale crisi di identità dell’ editoria giornalistica. Perché capire bene a chi una testata fa riferimento e come gestisce questo orizzonte editoriale è un aspetto essenziale anche sul piano economico.
Il Giornalaio naturalmente è convinto che la strada giusta sia la seconda e sottolinea chiaramente come sia ” necessario riflettere sulla cura necessaria nella relazione con i lettori, con le persone, da parte dei giornali in un momento in cui ‘la pubblicazione è un bottone’, e la differenza, il valore aggiunto viene creato dai servizi aggiuntivi forniti e dall’apertura, nei contenuti e nella relazione, con il pubblico di riferimento”.
Il ragionamento parte dalla valutazione dei dati diffusi da Audipress relativamente al primo semestre 2012.
Perché continuare a dare per scontata la tanto annunciata morte dei giornali di carta visto che, allo stato attuale, vantano nel giorno medio un audience di 14,2 milioni di persone contro i 3,3 milioni di visitatori per i siti web delle testate corrispondenti?
Se – dice Santoro – si applicasse l’idea di pubblico pagante, di coloro che comprano un quotidiano, si vedrebbe che, nonostante il calo pressoché costante dal 1990 ad oggi, si vendono mediamente in Italia 4,5 milioni di copie al giorno attualmente mentre dall’altro lato gli abbonamenti digitali o comunque l’informazione digitale per la quale viene riconosciuto un esborso da parte delle persone [solo area consumer].
Insomma, appare evidente come la crisi dei giornali NON sia dettata da Internet. Il Web ha probabilmente soltanto acutizzato una serie di problemi sia di carattere gestionale, a livello di organizzazione interna del lavoro e di relazione con il mercato [a cominciare ancora una volta dalla tanto declamata e ancora non attuata informatizzazione delle edicole], che di attenzione ai pubblici di riferimento, agli investitori pubblicitari ed alle persone, ai lettori.
Ecco – insiste Santoro -: nella ridefinizione di audience, per concludere, partirei dalla terminologia cessando l’utilizzo di questa parola per sostituirla con pubblici o, ancora meglio persone. Come sempre non è una questione esclusivamente semantica ma di approccio.