Giornalista (precario) in terra di frontiera, ai tempi di internet…

 

Le redazioni avrebbero bisogno di più giornalisti per fare informazione iperlocale ed originale ma la crisi le riduce ai minimi termini e nel frattempo i reporter imparano a fare tanti “mestieri” per poter essere sempre più efficaci, rapidi e, soprattutto, per sopravvivere.

Sopravvivenza che diviene più difficile in alcuni paesi in grande crisi, come l’Italia, e quasi impossibile in alcune aree, come per esempio a Napoli…

 

 

di Antonio Rossano

Ad ottobre del 2009 Clay Shirky scrisse un articolo “Rescuing The Reporters” nel quale evidenziava quanto fosse importante per i giornali mantenere (non ridurre) una redazione che producesse notizie sul territorio e quanto questo fosse vitale per la stessa economia del settore. Prendendo ad esempio una testata locale, il Columbia Daily Tribune,con empirica saggezza (ovvero ritagliando e letteralmente pesando sulla bilancia le notizie) Shirky riuscì ad evidenziare quanta parte delle notizie provenissero dalle agenzie, quanta poca, sempre meno, dai propri giornalisti.

 

Ma insomma, chi scrive le notizie?

 

In rete è un pullulare di esperti di media, social media, analisti e commentatori più o meno qualificati, che parlano molto, troppo  e, spesso, fanno tanto “rumore” per nulla.

 

Sicuramente il pubblico per questo “rumore” non manca, soprattutto nel nostro paese. Con più di centomila iscritti all’ordine, tra pubblicisti e professionisti, gran parte dei quali disoccupati o minimamente attivi, vi è un esercito di giornalisti che cerca, spera ed ambisce che prima o poi venga trovata la formula magica, la soluzione del problema.

 

In questi giorni, ne abbiamo parlato anche noi, ha smosso un po’ le acque la notizia che il Pulitzer del Watergate, Bob Woodward, ha posto , in maniera forse un po’ “all’americana” e in stile “quando io ero giovane” una questione controversa, sostenendo che “l’idea delle nuove leve del giornalismo è che Internet sia una lanterna magica in grado di illuminare tutti gli eventi” e “La verità di ciò che accade non si trova su Internet. La Rete può integrare, può aiutare a fare progressi. Ma la verità si trova dentro le persone, nelle fonti in carne e ossa”. Grandi critiche all’uomo dell’altra epoca ma, in fondo lo sappiamo tutti, un po’ di verità, in quelle parole, ci sta.

 

Due realtà contrapposte, quindi: la necessità o l’idea che produrre informazione iperlocale con i reporter possa e debba essere una importante caratteristica delle testate (e forse una via di uscita per la crisi del settore) e la crisi stessa che impedisce alle redazioni di crescere, di essere presenti sul territorio, di andare dalle “fonti in carne ed ossa”. E in un paese come l’Italia, dove la precarietà è ormai da vent’anni l’unica risorsa che viene sbandierata per far fronte a tutte le crisi, quali, concretamente, le difficoltà e le prospettive per chi vuole avviarsi per essere il “cento…..millesimo” dei giornalisti?

 

Senza pretesa di originalità o di esclusiva, ma solo per dare un’ idea, abbiamo provato a parlarne con qualcuno che si è già avviato, da qualche anno, per questa strada.

 

Alessio Viscardi, videoreporter, giornalista pubblicista dal 2006, nato 27 anni fa  a Ponticelli, periferia degradata di Napoli. Laurea in Scienze della Comunicazione nel 2008. Ha collaborato con diverse agenzie ed i suoi servizi sono giunti a pubblicazione su testate nazionali come “Il Fatto Quotidiano” o “Il Corriere della Sera”. Attualmente collabora con “Fanpage” la testata online italiana con maggiore presenza sui social network che sta rapidamente crescendo e affermandosi nel panorama dell’informazione italiana.

 

La passione per il giornalismo gli nasce in concomitanza con un fatto di cronaca, il rogo dei campi Rom di Ponticelli, come ci racconta lui stesso:

 

“per interessi speculativi del clan Sarno nell’area di Napoli Est i Rom furono letteralmente bombardati con le molotov e notavo che quello che veniva raccontato sui giornali non corrispondeva a quello che io sapevo che era realmente successo. Da lì iniziai a raccontare su un blog quello che succedeva a Napoli Est.  Era anche il periodo dell’emergenza rifiuti risolta dal “santo”Bertolaso e dal “santo” Berlusconi… e c’erano discariche abusive che ci sono ancora oggi…. Tutte realtà che denunciavo sul mio blog. All’ epoca internet era considerato, per un giornalista, una cosa da sfigati….

Ero già pubblicista perché per due anni avevo collaborato, sostanzialmente come schiavo, ovvero non retribuito,  con un giornale che poi chiuse , fortunatamente in tempo utile per farmi prendere questo tesserino che costa 90 euro all’anno…

 

Qudi ti hanno versato i contributi ma senza pagarti…..

 

Ehh!! Ma questa è una prassi che io denuncio sempre, in uso in moltissimi quotidiani in Italia , ma soprattutto a Napoli e nelle testate online…

 

Poi…

 

…ho iniziato a mandare curriculum a moltissime testate locali e ricordo fui convocato da una di queste che, alla fine del colloquio mi consigliò di iscrivermi alla Scuola di Giornalismo del Suor Orsola Benincasa, se volevo lavorare !!

 

Così arrivai alla consapevolezza che forse era meglio tentare una strada autonoma.  Con un gruppo di amici fondammo una testata online, “Avanguardie”, con la quale iniziammo a fare informazione iperlocale, cose nuove per quei posti e quei tempi. Come le dirette “streaming” che oggi chiunque può fare con uno smartphone, ma allora erano davvero una novità. Ricordo in particolare quella che facemmo nel 2010 da Portici sul tema del racket. In quella città, ma in generale in tutta l’area vesuviana, vi era questo forte controllo militare della camorra del clan Vollaro sul territorio. La diretta coinvolgeva con interviste di denuncia, gente del posto, gli esponenti dell’antiracket, di Radio Siani e , mentre noi facevamo quella diretta, vennero dati alle fiamme due locali commerciali, chiaro segno di intimidazione per tutti quelli che pensavano di denunciare quelle realtà.  Il progetto Avanguardie lentamente si esaurì, ma fu una esperienza autentica ed innovativa, dalla quale nacque il progetto di giornalismo partecipativo “Cittadini Giornalisti”.

 

“Cittadini Giornalisti” era un vero e proprio social network di giornalismo partecipativo e l’idea quella di sviluppare inchieste giornalistiche con il contributo attivo dei lettori. La prima inchiesta che abbiamo realizzato fu parzialmente finanziata con il crowdfunding , ed aveva come oggetto i sommovimenti relativi alla discarica Sari di Terzigno, ubicata in pieno Parco Nazionale del Vesuvio. Successivamente siamo stati finalisti al premio “Eretici Digitali” al Festival del Giornalismo di Perugia con un inchiesta dall’esplicativo titolo “I veleni di Napoli Est”.

 

A questo punto, per cercare di migliorare la qualità del mio lavoro, avrei dovuto acquistare delle attrezzature tra cui una fotocamera professionale, una videocamera ed un notebook performante per effettuare il montaggio rapido on-site. Per questo mi rivolsi alla società Sviluppo Italia per ottenere il famoso “Prestito d’Onore” che avrebbe dovuto erogarmi un finanziamento (15.000€ da restituire ad un tasso vantaggioso negli anni successivi) per acquistare le attrezzature. Fui quindi costretto ad aprire la partita iva, come richiesto nei requisiti del finanziamento, con i costi fiscali e previdenziali che questo comportava  ma, con grande sorpresa, dopo un anno di iter, mi resi conto che il finanziamento era un “rimborso”: avrei dovuto anticipare tutti i soldi e poi loro mi avrebbero rimborsato ad acquisti fatti. Ma se io avessi avuto i soldi, perché avrei dovuto fare il finanziamento?

 

E alla fine hai rinunciato al “prestito d’onore”?

 

Ho dovuto rinunciare…

 

Bene, anzi male… Ma nel frattempo come ti sostenevi?

 

Ho collaborato con varie agenzie, poi fortunatamente ho iniziato la mia collaborazione con Fanpage, una nuova testata che sta cercando di fare informazione sia mainstream che di approfondimento, che mi ha consentito di produrre i miei servizi in modo “2.0”, cioè video-foto-testi, il tutto aggregato in modo multimediale…

 

Quindi quando esci per un servizio produci in tempo reale tutto questo materiale…

 

Infatti. Ho iniziato caricandomi con una serie di attrezzature che poi, con il miglioramento delle tecnologie ed un po’ di esperienza ho ridotto al minimo: una fotocamera professionale che registra anche video in alta definizione montata su una staffa multi slitta, con microfono esterno ed un telefono cellulare per le dirette streaming o per mandare in tempo reale spezzoni di video o fotografie.

 

Praticamente il lavoro di una intera troupe…

 

Si anche negli scontri del 15 ottobre scorso a Roma, siamo riusciti in due a fare il lavoro di 5 persone: fotografo, cameraman, montatore, giornalista, regista.