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Il digitale, l’ unica speranza per i media

“Il Digital First per i mezzi di comunicazione non è un’ opzione. E‘ l’ unico modo per andare avanti’’.  E’ la convinzione di Mathew Ingram che, in un articolo su Gigaom, risponde così agli ‘’scettici’’ secondo cui la scommessa digitale ‘’non è la risposta’’. ‘’Al contrario, essa è l’ unica speranza che ha l’ industria giornalistica’’, aggiunge, secondo quanto riporta Media-tics.com.

Ingram – spiega il sito – lamenta che nel settore dei media ‘’dovunque si guardi’’ si vedono ‘’segni di confusione e di disorganizzazione’’ e che ‘’ci sono ancora dirigenti del settore che si chiedono se debbano investire nel digitale’’.

 

 

Tutti dubbi che, secondo Paul Bradshaw, docente di giornalismo, provocano “perdite di tempo e di energia’’.

 

Ingram segnala che il fallimento del Journal Register Co, al cui vertice c’ era John Paton, che ha sempre difeso la linea ‘prima l’ online, poi la carta’, ha provocato delle reazioni di  dubbio e perplessità sul modello. ‘’Per qualcuno, la sconfitta finanziaria viene vista come un fallimento di tutto il digitale, nonostante che Paton abbia spiegato bene che i problemi stavano soprattutto nei costi pregressi’’, spiega Ingram.

 

L’ esperto segnala come esempio di questo atteggiamento dubbioso un editoriale publicato su “Editor & Publisher”, che si basa sulla bancarotta del Journal Register per rilevare che il modello non sarebbe pacifico: ‘’Con tutto il can can che si è fatto sulle piattaforme digitali, Digital First non è stato sufficiente per salvare il Journal Register dalla nuova bancarotta e ha spinto gli editori a pensare: ‘’Se puntare sul digitale non funziona, che cosa volete?”

 

“Questo tipo di atteggiamento dimostra una profonda ignoranza dell’ industria della stampa e di quello di cui c’ è bisogno per farcela’’, sostiene Ingram citando le parole di David Carr, giornalista del New York Times: “Ci sono due case – la carta e il digitale, e i giornali devono andare da una all’ altra. Però non si può semplicemente spegnere la luce in una e passare all’ altra. In questo momento stanno intrappolati in un lungo corridoio oscuro fra di esse, cercando di trovare qualcosa a tastoni per appoggiarsi. E non riescono a capire quando incontrano qualcuno (come Facebook o Twitter) se si tratta di ‘amici’ o ‘nemici’ ‘’.

 

Ingram sottolinea che la trasformazione deve essere effettuata in ogni caso ‘’più o meno rapidamente’’, e la prova viene, a suo parere, dai ripetuti studi che dimostrano come il consumo di notizie sia sempre più mobile e multi-piattaforma. E aggiunge che, anche se nessuno sa dire se bisogna pagare per avere del giornalismo, bisogna riconoscere che il vecchio sistema è rotto: i lettori se ne sono andati e gli inserzionisti li stanno seguendo.

 

‘’Quello che è chiaro è che si sta perdendo tempo a discutere se i media debbano adottare il Digital First’’, conclude.