C’ è sempre più bisogno di giornalisti sensibilizzati a ricostruire la realtà attraverso i dati, con un metodo condiviso, che trovi quantomeno ispirazione nel metodo scientifico. Nell’ era digitale la riscoperta di un metodo condiviso differente dal passato può essere uno dei passaggi chiave per restituire credibilità alla professione giornalistica.
Nico Pitrelli, condirettore del master in Giornalismo scientifico digitale curato dalla Sissa (International School for advanced Studies) di Trieste, spiega così, in una intervista a Lsdi, il senso di un progetto che intende formare professionisti con elevate competenze pratico-teoriche nell’ ambito dell’ informazione scientifica sui nuovi media.
E indica come principale valore aggiunto il coniugare competenze scientifiche a capacità di produzione multimediale e di rete e, come possibili sbocchi professionali, il  campo della comunicazione istituzionale e della iniziativa auto-imprenditoriale in ambito giornalistico.
Il master è arrivato alla seconda edizione. I corsi cominceranno il 12 novembre (da qualche giorno sono state aperte le iscrizioni).
D – Pitrelli, come nasce questo progetto?
Il master nasce sulla base di un’esperienza ventennale nella formazione in questo settore alla Sissa.
Si affianca al Master in Comunicazione della Scienza, fondato nel 1993 per iniziativa di un gruppo di scienziati e giornalisti per poi allargarsi successivamente ad altri ambiti della comunicazione (musei, editoria, organizzazione eventi, ecc.) pur mantenendo un nucleo importante focalizzato sull’ informazione.
Da un po’ di anni eravamo consapevoli che l’emergere dell’ ecosistema comunicativo digitale necessitava insegnamenti specifici e un approccio culturale al giornalismo che non tutti i docenti dell’altro Master avevano. Allo stesso tempo anche l’evoluzione dei rapporti tra scienza e società poneva discontinuità forti rispetto al passato in ambito comunicativo. Su questo, il nostro quadro di riferimento è “la società della conoscenza”.
Di fronte a queste due grandi scosse telluriche (culture digitale e società della conoscenza) abbiamo pensato che i ragionamenti e le pratiche sulla formazione si dovessero allineare. Dulcis in fundo, la Sissa ha come mission quella di sperimentare e contribuire all’innovazione, nell’accezione più ampia che si possa pensare.
D – Quali sono le linee di fondo del progetto?
R – L’interdisciplinarietà scientifica, il discorso sul metodo e la retorica dei fatti nel racconto giornalistico (data journalism in primis), l’imprenditorialietà , l’internazionalizzazione.
D – Come è andato il primo master*?
Gli studenti sono stati molto coccolati e seguiti.
Erano otto, più due uditori. Sono rimasti entusiasti dal clima friendly e innovativo.
Probabilmente i nostri corsi erano un po’ sovradimensionati rispetto alle loro competenze di base. Qualcuno con esperienza giornalistica pregressa avrebbe apprezzato meglio contatti, esperienze e insegnamenti offerti. In ogni caso sono rimasti molto soddisfatti.
Attualmente sono tutti in stage. Tra le realtà coinvolte: wired.it, fondazione ahref, galileo.it, qbgroup di Padova.
D – Vi siete posti, realisticamente, la domanda sui possibili sbocchi occupazionali?
R – Abbiamo registrato un forte e spontaneo interesse da parte delle istituzioni di ricerca e di aziende che lavorano nel settore sviluppo e ricerca. Sono molto attratti dal fatto che i nostri studenti uniscano competenze scientifiche a capacità di produzione multimediale e di rete.
La comunicazione istituzionale sembra uno sbocco promettente insieme all’iniziativa auto-imprenditoriale in ambito giornalistico. Noi insistiamo molto con i nostri studenti che questo è il momento giusto per sperimentare, proporre iniziative nuove, specifiche e di qualità .  Su questo non abbiamo riscontri. Ci sono poi le collaborazioni con le testate online, non solo quelle che si occupano di scienza, e infine il mercato europeo della comunicazione dei progetti di ricerca finanziati dall UE.
D – Ma quale valore aggiuto può dare il master rispetto all’ offerta di formazione giornalistica delle altre varie istituzioni universitarie o di ricerca? E perché uno scienziato dovrebbe considerare importante un processo di formazione giornalistica?
R – Noi crediamo sempre di più che il giornalismo scientifico,  da una parte non debba più essere semplicemente una specializzazione, dall’altra che debba liberarsi dall’ immagine di essere propaganda per la scienza, una sorta di prolungamento della comunicazione istituzionale.
Andrebbe ribaltato il punto di vista. E’ il giornalismo in generale che deve inglobare sempre di più quantità di scienza, di tecnologia, di medicina per raccontare la realtà . La società della conoscenza ha bisogno di un giornalismo in grado di rappresentare le dimensioni multidisciplinari e interdisciplinari della conoscenza e il suo impatto sulla società (ad esempio ogm, fecondazione assistita, nucleare, green economy, ecc.).
Quanto alla seconda domanda, più che chiedersi perché uno scienziato si debba interessare al giornalismo, sarebbe il caso di chiedersi se un giornalista contemporaneo possa non sapere niente di scienza per costruire un racconto condiviso della realtà dei nostri anni.
L’ altro aspetto peculiare, come già accennato, sono i fatti, la retorica dei fatti. Noi crediamo che ci sia sempre più bisogno di giornalisti sensibilizzati a ricostruire la realtà attraverso i dati, con un metodo condiviso, che trovi quantomeno ispirazione nel metodo scientifico. Nell’ era digitale la riscoperta di un metodo condiviso differente dal passato può essere uno dei passaggi chiave per restituire credibilità alla professione giornalistica.
D – Una nuova generazione di giornalisti?
R – E’ possibile, ma non è detto, che chi ha una preparazione scientifica mostri più sensibilità e abbia maggiore facilità a recepire questo approccio. In realtà non credo sia così significativo il background culturale, quello che conta è una rinnovata passione per la ricerca tendenziale della verità in un’epoca in cui i media sociali lo consentono, diversamente e forse di più rispetto al passato, e in un passaggio storico in cui il tasso di conoscenza tecno-scientifica è cruciale per le decisioni individuali e collettive.
Non bisogna infine dimenticare che il Master si svolge all’interno del Sissa, una delle prime scuole di eccellenza in Italia insieme alla Normale e al Sant’Anna di Pisa, con la partecipazione diretta dei docenti Sissa alle lezioni per i nostri aspiranti giornalisti.
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*Tra gli ospiti intervenuti nel corso della oprima edizione, Mario Tedeschini Lalli, vice-responsabile Innovazione e Sviluppo del Gruppo Editoriale L’Espresso, Luca De Biase, responsabile di “Nòva24”, inserto dedicato alle tecnologie de Il Sole 24 Ore, Miranda Patrucic, giornalista d’ inchiesta del Center for Investigative Reporting Organized Crime and Corruption Reporting Project di Sarajevo, Enrico Pedemonte, giornalista e già caporedattore a Repubblica.
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