La fabbrica dei giornalisti / Il Rapporto completo

Sono oltre 112.000 i giornalisti in Italia (103.000 se si escludono gli iscritti all’ elenco speciale e gli stranieri): il triplo che in Francia, il doppio che in Uk.  Ma solo il 45% sono attivi ufficialmente e solo 1 su 5 ha un contratto di lavoro dipendente, (guadagnando però 5 volte più di un freelance e 6,4 volte più di un Co.co.co). Intanto i rapporti di lavoro subordinato continuano inesorabilmente a calare (meno 5,1% dal 2008) e l’ età media degli attivi a crescere.

Qui di seguito l’ introduzione. In coda, i link al testo completo e alle varie appendici

 

di Pino Rea  


 

Mentre in gran parte dei paesi occidentali la densità della professione giornalistica è in declino, in Italia i giornalisti continuano ad aumentare, sia nell’ Ordine che nella professione, anche se solo il 45% degli iscritti sono ‘’attivi’’ ufficialmente e solo 1 su 5 ha un contratto di lavoro dipendente.

 

– In Francia nel 2012 il numero dei giornalisti professionali era calato al livello del 2006: 37.286 contro 37.423 di sei anni fa;

– Negli Stati Uniti si contano circa 60.000 giornalisti professionali. Quelli delle testate quotidiane e dei magazine erano 41.600 nel 2010, contro i 56.400 nel 2001 (e 56.900 nel 1990) e nel solo 2011 erano stati tagliati altri 4.190 posti di lavoro.

– Nel Regno Unito i giornalisti sono scesi di circa 10.000 unità dal 2008, da 60 a 50.000 circa.


L’ Italia ha quasi il doppio di giornalisti di Usa e Uk e il loro numero aumenta costantemente.

 

All’  1 ottobre 2012 l’ Ordine contava 103.036 iscritti (esclusi elenco speciale e stranieri) contro i 102.656 del 31 dicembre 2011 e i 100.487 dell’ anno precedente.

 

Per quanto riguarda la professione, gli iscritti all’ Inpgi attivi (e non in ‘’sonno’’) erano 43.300 nel 2009, erano diventati 44.906 nel 2010 e sono arrivati a 46.243 alla fine del 2011.

 

Ma a crescere, come si vede dalla tabella, è solo l’ area del lavoro autonomo e parasubordinato (Co.co.co), mentre quella del lavoro dipendente continua a restringersi.

 

Solo il 19,1% degli iscritti all’ Ordine – meno in giornalista su 5 – ha un contratto di lavoro dipendente.

 

Nonostante lo stato di crisi di tante testate, i prepensionamenti e il sostanziale blocco del turn over (i praticanti sono scesi da 1.306 del 2009 a 868, mentre dal 2007 al 2011 solo nei tre maggiori gruppi, Rcs, Espresso e Mondadori,  sono stati tagliati quasi 3300 posti, il 21% circa del totale), globalmente quindi il bacino del giornalismo retribuito ufficiale  (i giornalisti iscritti all’ Inpgi e con una posizione ‘’attiva’’) continua a lievitare.

 

Il problema è che questo dato rappresenta tutti i titolari di reddito da lavoro giornalistico ufficiale:

 

1)      quelli che fanno giornalismo come professione unica o prevalente (i quasi 20.000 subordinati e i freelance veri, per scelta);

2)      quelli che svolgono altre attività professionali  e fanno anche del giornalismo: i pubblicisti tradizionali;

3)      quelli che fanno prevalentemente giornalismo ma con retribuzioni bassissime e che non riescono a conquistare un contratto ed entrare nel mondo del lavoro stabile.

 

 

Il divario nei redditi

 

Il quadro è molto complesso e difficile da decifrare.

 

Analizzando, attraverso i dati forniti da tutti gli Istituti della categoria,  la situazione per il terzo anno consecutivo un altro tratto rilevante che emerge  – dopo quello relativo al numero globale dei giornalisti – è il persistente e crescente gap nei redditi fra lavoro subordinato e lavoro autonomo.

 

Infatti, mentre la media annua delle retribuzioni dei giornalisti dipendenti  era pari a 62.228 euro,  il reddito lordo medio degli autonomi nel 2011 era di 12.456 euro e quello dei parasubordinati (Co.co.co.) era di 9.703 euro.

 

Il reddito medio dei giornalisti dipendenti era insomma maggiore di 5 volte rispetto a quello degli autonomi  e di 6,4 volte rispetto a quello dei Co.co.co.

 

Tra l’ altro, quasi 8.000 dei 19.639 subordinati (7.812, il 40%) hanno anche un reddito da lavoro autonomo, che non entra nel calcolo della media annua della sua retribuzione come dipendente.  E quindi il divario continua a crescere (anche se non è possibile dire di quanto).

 

Infine, un lavoratore autonomo su 4 (il 24,4%: 3.663 liberi professionisti  e 2.568 Co.co.co) dichiarava redditi compresi fra lo zero e i 1500 euro.  

 


Segnali di ‘’miglioramento’’?

 

Al di là del divario, comunque,  nel 2011, si registravano dei segnali  di miglioramento sul piano economico, almeno per il breve periodo.

 

Nel campo del lavoro autonomo, dove, come si è visto, la situazione è ancora disastrosa, il 2011 registra questi andamenti:

 

– la media retributiva dei ‘’liberi professionisti’’ cresce da 12.187 a 12.586 euro (+2,9%)

– la retribuzione media dei Co.co.co passa da 8.505 a 9.703 euro (più 14,1%)

– la percentuale di denunce sotto i 5.000 euro scende complessivamente dal 62% al 55,8%, tornando praticamente allo stesso livello del 2009, quando era il 55,3%.

 

In ogni caso, resta il fatto che  14.800 giornalisti autonomi hanno dei redditi inferiori a 5.000 euro annui lordi.

 

 Sul piano del lavoro subordinato, se i rapporti di lavoro diminuiscono in termini numerici e peggiorano sul piano del reddito nelle fasce più basse, registrano invece dei lievi miglioramenti quelli nelle fasce medio-alte.

 

Tanto che la retribuzione media lorda nel settore – 62.228 euro – è in crescita sia sul 2009 (quando era pari a 61.620 euro) che sul 2010 (61.865 euro).

 

Un elemento in parte confermato dai dati della Casagit sull’ evoluzione del contributo medio, che  mostrano un arresto nella tendenza alla diminuzione della massa salariale dei contrattualizzati e anzi un lieve aumento, pari a un più 0,8%.

 

Spiegabile soprattutto con gli effetti degli aumenti contrattuali.

 

 

Stabile la disoccupazione, ma esplode il ricorso agli altri ammortizzatori sociali

 

Se intanto il livello della disoccupazione resta più o meno stabile (i giornalisti che percepivano l’ assegno di disoccupazione erano 1514 contro i 1527 del 2010), il 2011 ha visto un aumento esponenziale del ricorso agli altri ammortizzatori sociali, tanto che l’ anno scorso la spesa dell’ Inpgi è cresciuta del 18,9% rispetto al 2010:

 

– più 29% per la solidarietà;

– più  144,7% per la cassa integrazione straordinaria.

 

Quest’ anno, invece, secondo la previsione di bilancio per il 2013, la Cigs dovrebbe aumentare del 12,6%, mentre la spesa per i contratti di solidarietà dovrebbe registrare un aumento del 177%.

     

 


Calano i contrattualizzati
e ‘’invecchia’’ progressivamente la professione

 

 

Ma il dato preoccupante è il calo del numero dei rapporti di lavoro,  in diminuzione costante dal 2008: dai 22.197 di quell’anno ai 21.069 del 2011, con una contrazione del 5,1% (-0,94% nel 2011).

 

Una tendenza che viene temperata solo lievemente dalle misure di sgravi contributivi per le aziende che assumano o trasformino rapporti di lavoro a termine o Co.Co.Co in contratti di lavoro a tempo indeterminato, che hanno visto ad esempio (fino ad ottobre scorso) l’ instaurazione di soli 207 rapporti di lavoro.

 

Il calo viene confermato dalla Casagit dove nello stesso periodo, vale a dire dal 2008 al 2011, complessivamente il calo dei soci attivi è stato di 1.350 unità. Di questi – spiega il presidente della Cassa, Daniele Cerrato – circa 750 sono soci contrattualizzati e 600 giornalisti professionisti e pubblicisti che esercitano autonomamente la professione e aderiscono alla Cassa in forma volontaria. In percentuale il peso dei due gruppi è molto diverso, basti pensare che i soci con contratto  erano in origine 17.500 e sono passati a poco più di 16.800 (-4,2%) e i volontari da 3.500 sono passati a 2.900 con una flessione percentuale superiore al 12%.

 

Nell’ultimo anno d’analisi, nel 2011, i soci contrattualizzati in Casagit sono diminuiti di 150 unità, scendendo da 16.969 del 2010 a 16.819 del 2011, con una perdita dello 0,8% (un calo molto meno marcato di quello dell’ anno precedente, quando fu del 3%).

 

Tra l’ altro, la maggiore contrazione dei rapporti di lavoro riguarda il settore dei contratti Fieg-Fnsi – quelli che producono la parte più consistente della massa retributiva -, scesi a 14.951 rispetto ai 15.172 del 2010 (con una diminuzione dell’ 1,46%).

 

Erano nel 2010 il 71,3% di tutti i rapporti di lavoro; nel 2011 sono diventati il 70,1%.

 

La diminuzione del numero di rapporti, il sostanziale blocco del turn over, la progressione degli stati di crisi – sono stati trattati solo nel 2011 55 accordi, di cui una decina ancora aperti, relativi a una cinquantina di testate e ai maggiori gruppi editoriali italiani (in appendice l’ elenco dei casi)  – e il flusso costante di prepensionamenti  produce un progressivo invecchiamento della professione e uno squilibrio nel rapporto fra attivi e pensionati che preoccupa non poco gli istituti di categoria.

 

Fra il 2008 e il 2011, alla Casagit, i pensionati sono saliti di circa 1.200 unità, passando da 6.362 a 7.533, con un incremento del 18,4%: oggi  sono il 27% dei soci, mentre solo nel 2008 erano il 22%.

 

E all’ Inpgi, come ha sottolineato il presidente, Andrea Camporese, il rapporto fra attivi e pensionati continua a scendere, passando da 2,58 del 2010 a 2,45 del 2011.

 


E i giornalisti ‘’invisibili’’?

 

Sfugge invece, ancora, la natura di quei   48.206 giornalisti iscritti all’Ordine che, all’ 1 ottobre 2012, non avevano nessuna posizione Inpgi. Si tratta del 46,8% di tutta la popolazione giornalistica italiana (escludendo sempre elenco speciale e stranieri).

 

Intanto, sarebbe molto interessante realizzare uno studio, semmai in qualche ordine regionale scelto come campione, sulla composizione di questa parte così rilevante della categoria.

 

Anche se preferiamo augurarci  che la necessità di questa analisi venga spazzata via da una riforma radicale della legge sull’ Ordine.

 

Una riforma che (naturalmente dopo un periodo di transizione consistente e il più possibile indolore) porti fra i professionali quell’ ampia fascia di pubblicisti che vivono di giornalismo (vedi Lsdi https://www.lsdi.it/2012/il-pubblicismo-professionale-e-la-precarieta-nel-lavoro-autonomo-un-approfondimento-con-nuovi-dati-inpgi/)  e cancelli la distinzione professionisti/pubblicisti, prevedendo che è giornalista chi fa prevalentemente il giornalista e versa i contributi all’ Inpgi, imponendo l’ accesso universitario alla professione, ecc., ecc.

 

Per il momento possiamo supporre comunque che in questa grossa fetta del giornalismo italiano ci sia un’ ampia fascia di precariato.

 

Quel  mondo che tracima a cerchi concentrici anche al di fuori del bacino dell’ Ordine, in territori dove si intuiscono centinaia e centinaia di aspiranti giornalisti che sperano  in una tessera come viatico al Giornalismo con la G maiuscola: una miriade di giovani (e meno giovani) inseriti in qualche modo nella macchina della produzione e della distribuzione dell’ informazione giornalistica – soprattutto nel segmento dell’ online – che premono verso l’ alto nella speranza di raggiungere almeno il traguardo di uno sbocco nel pubblicismo.

 

 

Un dato sconcertante: in una ricerca per l’ Ordine sul rapporto fra giornalisti e tecnologie digitali (in corso di elaborazione), 123 dei 907 giornalisti che hanno partecipato al sondaggio – il 13,6% (e il 43,5% dei 283 che si sono dichiarati ‘dipendenti’) – hanno indicato come qualifica quella di ‘’impiegato’’.

 

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Il testo completo del Rapporto in Pdf

APPENDICE: DATI E TABELLE

 

1) – Inpgi: documento_riepilogativo_2011

 

2)  – Ordine: dati al 30 settembre 2012

 

3) – Casagit: dati al 31 dicembre 2011

 

4) – Fnsi: stati di crisi dal marzo 2011

 

5) – Fondo complementare: dati

 

 

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Ringraziamenti

 

Insieme ad Andrea Camporese, Daniele Cerrato, Marina Cosi,  Enzo Iacopino, Roberto Natale e Franco Siddi – responsabili di  Inpgi, Casagit, Fondo integrativo, Ordine e Fnsi, gli enti  che ci hanno fornito i materiali su cui lavorare -, desideriamo ringraziare in particolare, ancora una volta, per la loro sensibilità e cortesia, Alessandra Contini, responsabile della sezione Programmazione e Controllo dell’ Inpgi, che ha raccolto e preparato la maggior parte dei dati usati per questo aggiornamento, e i direttori di Ordine, Casagit e Fnsi, Ennio Bartolotta, Francesco Matteoli  e Giancarlo Tartaglia, che hanno messo a disposizione gli altri dati su cui si basa questo piccolo studio.

 (p. r.)