La trasparenza può rappresentare per il giornalismo italiano un efficace antidoto alla faziosità contro le scelte ideologiche preconcette che stanno trasformando alcuni organi di stampa in organi di fazione, poco attenti al rispetto della verità sostanziale dei fatti.
Nel loro intervento alla Giornata della Trasparenza, Gegia Celotti e Giancarlo Ghirra, del Consiglio nazionale dell’ Ordine dei giornalisti, analizzano la difficile fase che attraversa la professione giornalisica nel nostro paese, sottolineando, fra le altre cose, che ‘ ‘’senza una severa riforma, l’attuale Ordine rischia di non rappresentare più la realtà ’’.
 ‘’Giornalisti più informati, democrazia più forte”
di Gegia Celotti e Giancarlo Ghirra
(consiglieri nazionali dell’ Ordine dei giornalisti)
Viviamo una fase storica affascinante e contemporaneamente drammatica per il nostro sistema dell’informazione, alle prese con cambiamenti epocali. L’esigenza di garantire ai cittadini un’informazione completa e corretta, priva di condizionamenti, tanto più in un Paese teatro di insopportabili conflitti di interesse, non è realizzabile senza un accesso trasparente alle fonti.
Un’ Italia a pieno titolo democratica deve assicurare a tutti la disponibilità libera e gratuita degli atti della pubblica amministrazione. A maggior ragione la questione riguarda i giornalisti, a loro volta alle prese con una realtà difficile. In cinquant’anni il numero degli iscritti all’Ordine si è quadruplicato, giungendo a quota 112mila, in un quadro profondamente mutato. Si può dire che il sistema dei mass media sia immerso in un magma incandescente. Se i quotidiani restano una settantina, perdendo copie, si contano centinaia di emittenti radiofoniche e televisive, e, soprattutto, siti e testate on line. Il mondo dell’informazione è letteralmente esploso, dilagando nella Rete anche su social network e blog, con i fenomeno crescente del citizen journalism.
In questa situazione caotica si muove anche l’Ordine dei giornalisti, presente a questo incontro non a caso, ma spinto dall’esigenza di contribuire a far fare al nostro Paese un salto in avanti sulla strada della democrazia , e dunque anche di un’informazione più credibile, se possiamo dirlo autorevole.
Un’informazione che può contribuire concretamente alla lotta alla corruzione e al malcostume. I recenti casi delle Regioni Lombardia e Lazio, ma anche la denuncia di alcuni inspiegabili privilegi di esponenti politici, non devono ridursi a episodiche denunce scandalizzate: i cittadini devono sapere tutto del funzionamento della macchina dello Stato e di chi li amministra per poter esercitare il loro ruolo di detentori della sovranità politica ed elettorale.
La trasparenza può rappresentare per il giornalismo italiano un efficace antidoto alla faziosità contro le scelte ideologiche preconcette che stanno trasformando alcuni organi di stampa in organi di fazione, poco attenti al rispetto della verità sostanziale dei fatti, come recita l’articolo 2 della legge istitutiva di un Ordine voluto nel 1963 da uomini come Guido Gonella e Aldo Moro.
Oltre che fornire ai cittadini un’informazione meno partigiana (i fatti separati dalle opinioni) la conoscenza degli atti e dei dati consentirebbe anche ai giornalisti una crescita di autorevolezza, consentendo loro di interrompere quei politici che, nei salotti televisivi, si lanciano in affermazione propagandistiche spesso prive di fondamento. Poter contestare al presidente del Consiglio o a un leader di partito la veridicità di affermazioni non verificate aiuterebbe tutti a crescere: anche chi ci governa. Ci piacerebbe pensare a giornalisti cani da guardia del potere, ma in realtà ci accontentiamo di seri professionisti, autonomi dai centri del potere economico, politico e mediatico.
Tutto ciò comporta una vera e propria rivoluzione nelle abitudini del sistema dell’informazione in Italia. Attingere dati, raccontare la vita della pubblica amministrazione, può portare al rilancio di un serio giornalismo d’inchiesta sempre meno diffuso nel nostro Paese. Gran parte della responsabilità è degli editori, sempre meno appassionati della qualità del prodotto e sempre più attenti al conto economico. Ma non possiamo negare una certa pigrizia di noi giornalisti, che, soprattutto se precari e sottopagati, fatichiamo a trovare informazioni che possono risultare scomode in primo luogo ai nostri editori. In fondo le pagine stiracchiate che anche i grandi quotidiani dedicano alla vita del Palazzo gratificano i portavoce dei politici e consentono di tirare avanti senza grandi fatiche e senza scontri. Un giornalismo fondato su dati anche scomodi può essere faticoso. Magari appaga poco gli amanti del gossip e dell’informazione-spettacolo, dove il ruolo di chi informa per professione e quello delle soubrette si confondono. Ma resta una scelta obbligata.
L’approvazione del Freedom of information act in Italia può insomma rappresentare per i giornalisti italiani una grande opportunità . Non soltanto l’Italia entrerebbe finalmente nel circolo virtuoso dei Paesi democratici più avanzati, ma ci entrerebbe con un sistema dell’informazione più forte. Tutto ciò sarà più semplice con un Ordine dei giornalisti adeguato ai tempi difficili di una professione esaltata dall’irruzione di tecnologie sempre più avveniristiche ma avvilita dalla crescente precarizzazione di decine di migliaia di professionisti. Vogliamo dire che senza una severa riforma l’attuale Ordine rischia di non rappresentare più la realtà .
Nel 2012 giornalista deve essere chi lo fa, chi viene retribuito per scrivere e paga i contributi all’Inpgi, l’istituto di previdenza dei giornalisti. Giornalista è e deve essere chi ha la necessaria preparazione, figlia di una laurea e di un tirocinio serio e rigoroso. Giornalista è chi rispetta le regole etiche e deontologiche, non viola il rapporto di fiducia con i lettori praticando la commistione fra informazione e pubblicità , non scrive il falso, verifica puntigliosamente le notizie.