Con una radicale inversione di tendenza rispetto ai giornali, alcune delle maggiori reti commerciali Usa hanno iniziato a vendere pubblicità e a produrre contenuti editoriali online spinti con grande forza sui siti di shopping online.
Questi nuovi ‘’editori’’, che prima dipendevano dai giornali, stanno intessendo relazioni dirette, potenti e solide per raggiungere i potenziali clienti in base ad una linea strategica destinata a ridurre la domanda di pubblicità tradizionale
Retailers are routing around the media
di Alan D. Mutter
(Newsosaur.blogspot.com)
(a cura di Elena Baù)
Con una radicale inversione di tendenza rispetto ai giornali, alcune delle maggiori reti commerciali Usa hanno iniziato a vendere pubblicità e a produrre contenuti editoriali online spinti con grande forza promossi sui siti di shopping online.
Questi nuovi ‘’editori’’, che prima dipendevano dai giornali, stanno intessendo relazioni dirette, potenti e solide allo scopo di raggiungere i potenziali clienti in base ad una linea strategica destinata a ridurre la domanda di pubblicità tradizionale.
A meno che i quotidiani non invertano la loro rotta con un salto nella mischia, è difficile immaginare come essi possano bloccare il declino della pubblicità che ha portato i ricavi del settore dai 49.9 miliardi di dollari del 2005 ai circa 24 miliardi del 2011. Tra l’altro, l’ammontare complessivo delle entrate registrate dai giornali l’ anno scorso corrisponde a meno di due terzi dei 37.9 miliardi di dollari derivanti dalle vendite di Google.
Il fatturato collegato alla vendita di pubblicità sui siti commerciali è una succulenta attrazione per un numero crescente di rivenditori, come dimostrato da Target.Com, uno dei pionieri del settore.
Se siete alla ricerca di orologi, cesoie da giardinaggio o calzini, potrete vedere una striscia con le pubblicità di Google in quasi ogni pagina interna di Target.Com. Gli annunci, sorprendentemente, pubblicizzano non solo merci di rivenditori online ma anche, ad esempio, quelle di grandi rivali nei settori della casa e dell’arredamento quali Pottery Barn e Sears. Mentre la maggior parte delle inserzioni tradizionali su Target sono legate ovviamente al tipo di merce a cui è dedicata quella pagina, le page views sono invece in vendita al miglior offerente. Annunci di servizi di consulenza fiscale, come ad esempio quello per la dichiarazione dei redditi, sono dilagati in tutto il sito fino alla scadenza dell’ ultimo giorno utile per la presentazione delle dichiarazioni.
Fonti del settore riferiscono che un sito come Target.Com è in grado di generare molte decine di milioni di dollari di introiti pubblicitari in un anno. Osservando questo flusso potenziale di nuove entrate, i commercianti che si danno battaglia in rete stanno assumendo esperti pubblicitari per monetizzare al massimo lo spazio di manovra attorno alla merce. Gli analisti del commercio al dettaglio affermano che è solo questione di tempo prima che questa strategia si diffonda in modo invasivo e generalizzato.
Siti come Walmart.Com e Safeway.Com non solo stanno vendendo annunci ma anche investendo in contenuti editoriali per incoraggiare gli acquirenti a comprare più roba e fidelizzarli.
Walmart ad esempio, fornisce garbatamente consulenze per tutti gli eventi più importanti: come pianificare una festa di compleanno a tema, come andare d’ accordo con il proprio compagno di stanza; come gli integratori alimentari possano facilitare il funzionamento del ginocchio nelle persone anziane. Recentemente Walmart ha nominato l’ex capo di CBS Interactive alla direzione delle sue operazioni di commercio digitale, suggerendo che una ancor maggiore enfasi sui contenuti potrebbe essere proprio dietro l’ angolo.
Safeway invece si occupa della pubblicazione di ampi ricettari, che vanno dalla cucina etnica, ai tempi di cottura, alle dosi da impiegare in base al numero di convitati, al grado di difficoltà di preparazione dei menù. Il sito incoraggia gli utenti a leggere e commentare ogni ricetta, in maniera da rafforzare la comunità ed estendere la divulgazione dei contenuti. Non c’è molta pubblicità nelle accanto ai vari servizi – per ora – ma non è difficile immaginare come questo potrebbe cambiare rapidamente.
Altro caso interessante è rappresentato da Meijer.Com, una catena di negozi del Midwest, che, come molti altre reti commerciali, pubblica tutte le inserzioni pubblicate dai giornali anche sul proprio sito web, effettuando una indicizzazione completa degli articoli suddivisi per marchio e categoria. Oltre a riportare le solite occasioni e tagliandi-sconto, ad esempio, un inserto sulle vitamine pubblicato nel dicembre scorso conteneva anche articoli completi sugli effetti benefici per la salute dell’ olio di pesce e sull’ utilità della melatonina come aiuto contro l’ insonnia.
Anche BestBuy.Com ha adottato un programma di gestione molto lungimirante, che si spinge ben oltre la semplice vendita di frigoriferi e televisori: esso ha creato, infatti, una sorta di centro commerciale online per soli soci, il Rewards Zone, il quale offre prodotti di oltre 400 marchi diversi che vanno da Saks Fifth Avenue ad iTunes,  a Budget Rent a Car. I soci ricevono frequentemente dei punti-spesa per qualsiasi cosa acquistano nel portale, ma i punti possono essere utilizzati solo –come è facile indovinare- presso BestBuy.
Il progetto presenta tre grandi vantaggi per il rivenditore: innanzitutto genera qualche soldo extra attraverso le commissioni pagate dai commercianti affiliati. In secondo luogo favorisce la fidelizzazione dei clienti verso BestBuy. Ma l’ effetto migliore è che questo tipo di percorso fornisce all’azienda informazioni complete circa le abitudini di acquisto di ogni singolo utente registrato.
In altre parole, BestBuy sta perseguendo l’ambiziosa meta del marketing digitale: vale a dire il poter disporre di informazioni dettagliate e fruibili sui consumatori, incluso che tipo di persone sono, dove vivono, cosa hanno acquistato in precedenza e cosa potrebbero comprare prossimamente.
A questo punto, la via principale attraverso la quale i giornali possono rimanere rilevanti per gli inserzionisti in futuro è quella di sviluppare lo stesso tipo di informazioni per il maggior numero possibile di persone delle comunità di cui sono a servizio. Per farlo con successo, è necessario studiare il profilo dei clienti non solo attraverso il proprio giornale, ma anche monitorando il numero più ampio possibile di piazze del mercato digitale.
Gli editori che investono in questa strategia avranno una strada aperta da battere, sebbene gli inserzionisti stiano sempre più sminuendo il ruolo e la forza dei media classici quali stampa e mezzi radiotelevisivi in favore dell’efficienza e precisione del marketing digitale.
Gli inserzionisti hanno cominciato ad avanzare. Gli editori a questo punto devono necessariamente recuperare il distacco.