I risultati del terzo trimestre del New York Times hanno suscitato un forte interesse. Antonio Rossano, su Lsdi,  li ha interpretati come una conferma del fatto che il paywall può essere un sistema convincente. Pier Luca Santoro, sul Giornalaio, dopo aver segnalato il dato del calo della pubblicità anche per la versione online (pari al 2,2%), osserva che il rapporto carta/digitale non si è ancora chiarito, anche perché, ‘’visti i rapporti di copie e di prezzo è molto probabile che in realtà la crescita dei ricavi dalle copie vendute sia per la maggior parte generata dalla versione cartacea’’.
Paidcontent pone invece tre domande, a Mark Thompson, nuovo CEO dell’ azienda, che, intanto, ha accumulato una grossa liquidità e potrebbe riprendere a dare dividendi, come chiedono con forza azionisti e proprietari.
Domanda numero 1: Come si spiega la crescita di abbonati?
L’ aumento degli abbonamenti è un bel colpo per il Times. I  ricavi complessivi dalle vendite (stampa e digitali) sono aumentati del 7,4% rispetto a un anno fa, mentre il numero di abbonati digitali (per il New York Times, l’International Herald Tribune e il Boston Globe insieme) è aumentato del 11% solo nell’ultimo trimestre, raggiungendo quota 592.000.
Questi dati sembrano promettenti ma non è chiaro fino a che punto la crescita digitale sia un elemento organico. Questo perché il Times non ha spiegato quanto di questo + 7,4% del fatturato venga dagli abbonamenti al digitale e quanto invece sia frutto dell’ aumento del prezzo di vendita della carta.
L’ azienda infatti ha ritoccato i prezzi del giornale a domicilio e quello di vendita nelle edicole a 2,50 dollari. E non è neanche chiaro quanti dei circa 60.000 nuovi abbonati digitali (contando New York Times, IHT e Boston Globe) paghino tariffa piena e quanti invece si siano abbonati sfruttando la miriade di promozioni fatte dall’ azienda.
Il punto quindi è: l’ andamento degli abbonamenti online è promettente, ma potrebbe non essere permanente.
Domanda numero 2: che farà il New York Times con tutti i soldi che ha in cassa?
Nell’ultimo anno, il Times è dimagrito parecchio dopo aver ceduto giornali regionali e asset non-essenziali, come About.com. Il risultato è che la società ha in cassa circa 1 miliardo di dollari in contanti (per Bloomberg in agosto le riserve di cassa erano 840 milioni e ora dovrebbero entrare altri 167 milioni dalla vendita di Indeed.com).
Questa grande liquidità e una struttura del debito stabile comportano  che il Times è ben pronto a investire per il lungo termine. E infatti, l’ azienda ha già partecipazioni di minoranza in una dozzina di new media.
Gli investitori intanto premono sulla società chiedendo di riprendere la distribuzione di dividendi, sospesa nel 2009, al culmine della crisi finanziaria. E non sono solo gli investitori che chiedono a gran voce un po’ di soldi. Come il New York magazine ha scritto l’ estate scorsa, molti componenti del clan dei  Sulzberger-Ochs, che controllano la società attraverso delle azioni privilegiate e si basano sui dividendi per il loro sostentamento personale, vorrebbero che i pagamenti riprendessero prima possibile.  Questo significa che Mark Thompson, il nuovo Ceo, sta già facendo i conti con pressioni informali ma intense per rimettere in moto la macchina dei dividendi.
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Domanda numero 3: Per quanto tempo ancora il Times sosterrà il Boston Globe?
Il Boston Globe è un giornale storico, con un pedigree brillante, ma questo non significa che sopravviverà all’ era digitale. Il giornale un anno fa ha ridefinito il suo profilo, anche attraverso un paywall, ma i risultati sono stati scadenti,  per non dire di peggio.
L’  azienda ha annunciato che gli abbonamenti all’ edizione digitale erano cresciuti del 13%, dimenticando però di dire che essi sono appena 26.000. Per una grande città americana, e un giornale come quello, si tratta di un dato non confortevole.
Questi dati inducono a pensare che probabilmente resteremo presto con una manciata di super-testate, come NYT, Wall Street Journal e Financial Times. Il destino dei giornali regionali, come il Boston Globe, è sempre più legato a sport e cronaca locale, quelle che si sono dimostrate più difficili da monetizzare con gli abbonamenti.
Il Times dovrà decidere presto se continuare a sostenere il Globe oppure se abbandonarlo al suo destino.