I risultati del New York Times, ma allora il paywall è una strada convincente?

 

I risultati del terzo trimestre del New York Times confermano la grave crisi che attraversa il mercato della pubblicità. Mentre la crescita dei ricavi  per le vendite è caratterizzata da un forte incremento delle sottoscrizioni al digitale.

 

Insomma forse è anche il momento di inquadrare correttamente la crisi dell’editoria nel contesto globale della crisi economica.

 

E separare questo problema dalla crisi della piattaforma tecnologica, ovvero della transizione, che oramai appare inevitabile, dal cartaceo al digitale.

 

 

di Antonio Rossano

 

“Anche se i nostri risultati per il terzo trimestre riflettono una pressione continua sui ricavi pubblicitari, i ricavi dalle vendite complessivi  sono  aumentati principalmente per la continua crescita della nostra base di sottoscrizione digitale” ha commentato Arthur Sulzberger, Jr., presidente e direttore esecutivo della  New York Times Company presentando i risultati del terzo trimestre 2012 al New York Times, come riportato nella puntuale  analisi di Pier Luca Santoro.

 

I dati infatti rappresentano una situazione di sostanziale difficoltà relativamente alle revenues pubblicitarie (-2,2% digitale e meno 10,9% cartaceo), mentre , considerato lo scenario economico-finanziario a livello internazionale, sembrano assolutamente positivi i risultati relativi agli abbonamenti sia del cartaceo che dell’online (le sottoscrizioni al NYT online sono cresciute dell’11%).

 

Proprio ieri parlavamo di crisi dell’advertising con Luciano Nardi,  a margine dell’ incontro tenutosi a Lugano, presso l’Università della Svizzera Italiana, sul tema: “Persuadere il pubblico con una campagna di successo”.  Luciano Nardi è uno dei più famosi creativi italiani. Ha vinto il Leone al Festival della Creatività di Cannes (Oscar della pubbicità) e curato le campagne di marchi come Bmw, Apple, , Coca Cola.

 

Sulla questione advertising su carta vs advertising su digitale, anche durante la presentazione, Nardi è sembrato molto scettico. Per lui evidentemente è un falso problema: “la contrazione del mercato, dovuta alla grave crisi economica globale, è tale che le aziende molto spesso preferiscono,  piuttosto che una campagna pubblicitaria in senso tradizionale, investire il denaro in campagne promozionali/scontistiche, con l’effetto, in tempi di crisi come questi, di attirare clienti ed utenti, sulla base di convenienze economiche.”

 

E i dati di oggi del NYT sembrano tutto sommato in linea con questa contrazione generale del mercato pubblicitario.

 

Insomma forse è anche il momento di inquadrare correttamente la crisi dell’editoria nel contesto globale della crisi economica. E separare questo problema dalla crisi della piattaforma tecnologica, ovvero della transizione, che oramai appare inevitabile, dal cartaceo al digitale.