L’Italia attende da anni una giusta riforma normativa che assicuri a chiunque il diritto di accedere a informazioni che, di fatto, appartengono a ognuno di noi poiché la pubblica amministrazione le detiene per conto e a spese dei cittadini italiani (la norma vigente è la Legge 241, che risale al 1990). La drammatica e farsesca condizione che quotidianamente apprendiamo dalle procure e dai media impone un passo deciso e tempestivo in questa direzione.
Interrogato in proposito, nel corso della conferenza di presentazione del Rapporto sulla Corruzione presentato dal Governo lo scorso 22 ottobre, il Ministro della Pubblica Amministrazione, Patroni Griffi, si è detto pronto a “un ripensamento della tematica della trasparenza†di cui alla legge 241/1990, come già avviato nel 2009: ovvero, superare il principio vincolante di un “accesso qualificato†a favore di una “accessibilità totale indipendentemente da un interesse concreto … una linea di tendenza in cui anche l’esercizio della delega in materia di trasparenza si potrà muovere†… purchè ciò non si trasformi in “opacità della confusioneâ€.
In politichese significa che si può lavorare per un Freedom of Information Act anche in Italia.
E già , perché dopo la fiducia posta al Ddl anti-corruzione, “Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per il riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità , trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, mediante la modifica o l’integrazione delle disposizioni vigenti†(Comma 35 del Ddl).
Â
Resta il dubbio sulla formula forse troppo semplicistica del “senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica†(nulla è a costo zero), ma la sostanza è chiara: il Governo ha facoltà , nei prossimi sei mesi, di introdurre in Italia il Freedom of Information Act.
Del resto, come ci sentiamo dire spesso, ce lo chiede anche l’Europa, con una apposita Convenzione del 2009, e non da ultimo con le raccomandazioni rivolte espressamente all’Italia dal GRECO – Gruppo di Stati contro la Corruzione, i cui rapporti sono in appendice proprio allo studio presentato dal nostro Governo (anche nell’ottica di quella “formazione e promozione della cultura della legalità †di cui alla Parte I/8.5).
In particolare, oltre a mettere in dubbio la legittimità dell’obbligo di motivazione della richiesta oggi vigente in Italia, il GRECO evidenzia come “il ruolo di controllo che i media e i cittadini potrebbero svolgere in tale ambito, di vitale importanza per il corretto funzionamento di una democrazia, è ulteriormente ostacolato dalla complessità del sistema …. La divulgazione consuetudinaria delle informazioni è la pietra angolare che assicura la trasparenzaâ€.
L’Italia è stato finora uno dei pochi Paesi a non avere una legge sull’anticorruzione. Ed è uno dei pochissimi a non avere una legge Foia. Il momento non è solo propizio, ma tassativo per formalizzarle entrambe.