Pinterest, tanto rumore, ma ‘’per nulla’’?
Cresce costantemente l’ interesse nei confronti di Pinterest – visto anche il suo vertiginoso sviluppo in termini di visitatori (in soli sei mesi è arrivato al terzo posto nella classifica dei principali social network) – anche qualcuno comincia a denunciare l’ entusiasmo eccessivo e poco realistico con cui, almeno in italia, molti si stanno gettando a capofitto nell’ esaltazione acritica di questa nuova realtà della Rete. Come Luca Conti, che in un post recente sul suo Pandemia, parla di ‘’Tanto rumore per nulla’’.
Intanto molte testate, anche di primo piano, cominciano a puntare su Pinterst, come il Wall Street Journal, mentre un sito di giornalismo investigativo come ProPublica ha appena aperto una pagina in cui raggruppa tutti i suoi articoli relativi al Data journalism.
E crescono i consigli e suggerimenti su come utilizzare il social network a vantaggio dei propri siti web: Journalism.co.uk, ad esempio, ha appena pubblicato un servizio analizzando ‘’Dieci idee per le testate che usano Pinterest’’. Mentre su MediaShift vengono offerte ‘’Cinque strategie creative per i magazine per l’ uso di Pinterest’’.
Ed è stato messo a punto un sito,  Pinerly, che, come segnala Nancy Messieh , aiuta a valutare se il modo con cui si sta utilizzando Pinterest sia producente o meno.
Al fenomeno è stato dedicata, fra le altre cose, una infografica realizzata in Italia e pubblicata su Affreschi digitali, che contiene una serie di dati aggiornati sull’ andamento del network.
Ma Luca Conti invita a un sano realismo e, alla domanda se consiglierebbe Pinterest per una strategia sul social web in Italia oggi, risponde ‘’No!’’.
‘’Su blog specializzati in social media – spiega – circolano ormai da mesi infografiche a più non posso che non dicono nulla: i numeri sono strabilianti ma, salvo la crescita di utenti certificata da Nielsen o Comscore, gli effetti sul business (traffico e ricavi) sono estratti da campioni discutibili, raccolti senza metodologia dichiarata da chi ha interesse a promuoversi, ovvero agenzie che vendono servizi a clienti per andare sul social web e su Pinterest ovviamente. Affidabilità di tali fonti, parziali e con palese conflitto di interessi? Nulla dal mio punto di vista’’.
‘’ Un paese, come il nostro, in cui la penetrazione di Internet è a livelli da ultimi della classe in Europa, in cui si cresce come navigatori ma mediamente si naviga meno (evidente che internet, salvo il nocciolo duro, è considerato accessorio e saltuario), in cui la fascia ultracinquantenne non naviga neanche la metà di quanto si naviga in Europa, in cui si parla tanto di Twitter ma pochi milioni sull’insieme dei navigatori lo conosce e lo usa, dove si passa tanto tempo su Facebook ma poi si aprono profili personali per il business invece che Pagine, forse – osserva Conti – è un paese che ha bisogno di pochi proclami, poche fughe in avanti e di un impegno serio e quotidiano sull’aiutare, stimolare i navigatori italiani a navigare meglio, usare meglio i motori di ricerca, essere più consapevoli e fare qualche piccolo passo in avanti quotidiano’’.