Ruskoff: come restare umani nell’ era del web
‘’Programma o sarai programmato. Dieci istruzioni per sopravvivere all’era digitale’’.
E’ il titolo – e il consiglio – di un Manuale elaborato da Douglas Rushkoff, uno dei più importanti teorici dei  media,  autore di una decina di libri – tra i quali “Coercion” (Marshall Mcluhan Award nel 2000 come miglior libro sui media) – che è stato appena pubblicato in Italia da Postmedia (128 pp., 10 illustrazioni),  con la traduzione e un intervento di Bernardo Parrella.
Rushkoff – spiega una nota editoriale – comincia dal punto in cui aveva finito Marshall McLuhan, aiutando i lettori a riconoscere la programmazione come la nuova alfabetizzazione dell’ era digitale, un modello attraverso il quale vedere oltre le convenzioni sociali e le strutture di potere che ci hanno tormentato per secoli.
Il problema vero è: sappiamo gestire la tecnologia o è lei a stabilire cosa facciamo? Per Douglas Rushkoff è necessario scegliere la prima ipotesi “per avere accesso al pannello di controllo della civiltà ”.
Il saggio è articolato in 10 capitoli. Dieci comandamenti utili sia ai ciber-entusiasti sia ai tecnofobi per navigare nel nuovo universo della comunicazione. Dopo aver lavorato come consulente per decine di aziende, Douglas Rushkoff è diventato una figura di culto della controcultura statunitense (frequenti le sue apparizioni nei talk show e le incursioni di documentari video dei suoi fan su YouTube): viene considerato tra i più importanti teorici dei media; studia (insegna e documenta) psicologia e antropologia dei media, il modo in cui la gente, le culture e le istituzioni condividono e trasmettono i propri valori, il modo in cui bisogna operare dall’interno della cultura digitale senza soffrire le transizioni causate dai nuovi media, quelle che secondo lui hanno messo in “survival mode” buona parte delle aziende esistenti.
‘’Internet – spiega Rushkoff – non è mai stata veramente libera, decentralizzata o caotica. Certo, venne programmata con molti nodi e ridondanze per poter resistere agli attacchi nucleari, ma è stata sempre e assolutamente sotto il diretto controllo delle autorità centrali. … Non si tratta certo di demoralizzare nessuno né di minimizzare le potenzialità del ‘fare network’. Voglio soltanto smitizzare l’idea fantasiosa per cui Internet sia qualcosa di incontrollabile, decentralizzato, libero e gratuito per tutti – in modo da consentire a tutti noi di procedere a creare qualcos’altro di diverso dall’attuale’’.
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Pessimismo galoppante? No, tutt’altro – commenta Parrella in un suo intervento -. Piuttosto un’incitazione a smascherare ogni illusione e a darci da fare in prima persona per cambiare la situazione. Un appello in sintonia con le stesse incursioni di WikiLeaks, che hanno dato linfa a una nutrita schiera di attivisti a sostegno della democrazia (con la d minuscola) e della trasparenza, oggi più che mai impegnati a rendere più aperte e responsabili le istituzioni governative e le corporation del pianeta, ricorrendo a strumenti e metodi inediti basati sulle tecnologie mobili e digitali.
 Ogni mezzo di comunicazione e ogni tecnologia – rileva Rushkoff nell’ introduzione – racchiude in sé degli orientamenti particolari. È vero che a uccidere non sono le pistole, bensì gli individui; però le pistole rappresentano una tecnologia con maggiori inclinazioni a uccidere qualcuno rispetto, per dirne una, alla radio-sveglia. La televisione suggerisce di sedersi sul divano per guardarla. Le automobili rivelano una propensione verso il movimento, l’individualismo e la vita nei quartieri residenziali. La cultura orale porta a comunicare sempre di persona, mentre quella scritta rivela un’inclinazione verso comunicazioni tra individui lontani tra loro nel tempo e nello spazio. La fotografia tradizionale e le sue costose procedure tecniche suggerivano una certa carenza, di mezzi, mentre la fotografia digitale è incline alla distribuzione immediata e diffusa. Oggi certe macchine fotografiche ci consentono perfino di caricare automaticamente le foto sul web, trasformando il clic dell’obiettivo in un gesto di editoria globale.
Per la maggioranza di noi, tuttavia, quel “clic” sembra rimasto lo stesso, pur se i risultati sono assai diversi. Non riusciamo a percepire questa diversità delle varie inclinazioni passando da una tecnologia all’altra, o da un compito all’altro. Scrivere una email non è l’equivalente di comporre una lettera, e inserire un messaggio su un social network non corrisponde a inviare una email. Non soltanto ciascuna di queste azioni porta a risultati differenti, ma ci richiede anche un quadro mentale e un approccio diversi tra loro. Così come pensiamo e ci comportiamo in maniera diversa in situazioni discordanti, analogamente pensiamo e ci comportiamo in maniera diversa quando usiamo tecnologie differenti tra loro.
Soltanto comprendendo appieno le inclinazioni insite nei mezzi di comunicazione tramite cui ci relazioniamo al mondo potremo renderci conto della differenza tra quel che intendiamo fare e quel che invece le macchine vorrebbero farci fare, prescindendo dal fatto che queste ultime o chi le ha programmate ne siano consapevoli.
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