Sport e giornalismo digitale, pallavolo all’ avanguardia

In una intervista a Lsdi Fabrizio Rossini, resposabile della comunicazione nella Lega serie A di Volley, racconta la precoce e convinta adesione del suo settore a internet e agli strumenti della Rete – Sin dal 1997-1998, quando non c’ erano i blog e i social network o You Tube erano ancora lontani – Volleyball.it è stato uno dei primi siti sportivi nati in Italia -Un pubblico “giovane e altamente scolarizzato” – Partite seguite da centinaia di account Twitter – Il problema del ”filtro

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a cura di Marco Renzi

Il mondo dell’informazione analogica nostrana combatte quotidianamente per cercare di resistere alla progressiva invasione degli “ultracorpi digitali”, senza tenere conto che il fenomeno in atto  non rappresenta certamente  un atto di guerra e anzi con molta probabilità potrebbe invece essere l’ ancora di salvezza per evitare un irresistibile quanto ineluttabile tramonto della “nobile professione”.

Ma ci sono settori del giornalismo italiano in cui la contaminazione digitale è apprezzata e le risorse in essa contenute vengono utilizzate al meglio da tempo lontano.

Uno di questi settori, “incredibile dictu”, è  il giornalismo sportivo. Ne abbiamo parlato con uno specialista di giornalismo e comunicazione in ambito sportivo:  Fabrizio Rossini responsabile della comunicazione presso la Lega Volley di Serie A.
d – Chi è Fabrizio Rossini?

F.R. – Sono un giornalista, anzi meglio sono stato un giornalista a 360 gradi nei primi anni della mia carriera. Abusivo, poi collaboratore precario come si conviene per quotidiani e periodici per anni,  ho poi scoperto il giornalismo sportivo e mi sono specializzato in contenuti specifici sul mondo della pallavolo, lavorando per quasi nove anni come redattore e in seguito dirigendo un mensile di volley tuttora in edicola che si chiama “Pallavolo Supervolley”.

 

In quegli anni ho approfondito le questioni più tecniche relative al giornale in quanto la redazione era molto piccola ed era necessario saper fare di tutto e ho scoperto e usato da subito i supporti digitale per migliorare la qualità del lavoro. Poi ho cominciato a occuparmi di eventi sportivi. In particolare qualche match internazionale di pallavolo come ufficio stampa a gettone per la Federazione Italiana Volley e subito dopo sono entrato in Lega Pallavolo dove mi sono occupato di comunicazione e sviluppo, dove ho messo mano ad alcune innovazioni in campo tecnologico legate al mondo digitale.

 

Per due anni e mezzo ho diretto l’ufficio stampa della Federazione Internazionale Volley, un esperienza davvero molto interessante in cui mi sono trovato anche ad organizzare la partecipazione della nostra nazionale alle Olimpiadi e ad altri eventi di risonanza globale.

 

Oggi lavoro come responsabile comunicazione presso la Lega Pallavolo di Serie A a Bologna, dove la tecnologia è sempre stata di casa, e dove l’attenzione per il mondo digitale è sempre stata spiccata. Ad esempio abbiamo cominciato a studiare una web tv già molti anni fa, abbiamo creato il nostro sito da più di un decennio, al punto da essere uno dei primi siti sportivi della rete. In particolare  la Lega Femminile, diretta all’epoca da Massimo Righi, attuale Amministratore Delegato della Lega Maschile di volley, aprì una bacheca on line nel 1997.

 

Come si coniuga il rapporto fra giornalismo digitale e sport?

F.R. – Lo sport, forse proprio per la sua stessa natura, è stato uno dei primi settori a capire la reale portata del giornalismo digitale. Le prime e-mail dei giocatori di pallavolo, le prime interviste fatte tramite posta elettronica, erano già cosa avanzata quando invece altri giornali, altri media non erano così avanti. In particolare lo sport di cui mi occupo io, la pallavolo, è sempre stato uno sport  molto improntato alle novità. Si parla di cose fatte attorno al 1997/98, quasi 15 anni fa, un’epoca lontanissima, quasi preistorica, se paragonata ai rapidissimi “tempi” della rete.

 

In quegli anni c’erano ancora pochi siti sportivi on line, i blog non esistevano, per non parlare di strumenti più sofisticati come i social network o i siti di condivisione di video.

 

Nonostante questo la rivista cartacea presso la quale lavoravo, all’inizio come redattore e poi come direttore responsabile, già utilizzava la posta elettronica per realizzare le interviste. Per noi giornalisti di pallavolo l’utilizzo della rete fu immediato. Non a caso uno dei portali di riferimento della nostra disciplina che si chiama Volleyball.it è stato uno dei primi siti sportivi nati in Italia. Il portale è stato messo in rete nel 2000, copiando un sistema americano. Questa propensione fra gli adetti ai lavori e gli appassionati di pallavolo c’è sempre stata, a mio avviso, forse anche perchè il nostro pubblico è sempre stato un pubblico di “smanettoni”. Non si tratta di un pubblico ingessato e forse anche più “agè” come può succedere per altri sport. Le ricerche di mercato eseguite nel corso degli anni hanno definito il pubblico del volley come : “giovane e altamente scolarizzato”.

 

Una provocazione da giornalista a giornalista, o ancora meglio da giornalista digitale ad esperto di comunicazione con il pallino della rete quale tu sei. Come è possibile che lo sport abbia scoperto e dialogato così da vicino con il giornalismo digitale sin dal ’97 o addirittura prima, e ad oggi 15 anni dopo il giornalismo ufficiale quasi ancora non conosca o meglio riconosca, i cugini digitali?

F.R. – Da quanto ho visto, per quello che ho potuto scoprire seguendo il volley, i giornalisti più giovani sono stati rapidissimi nella propria conversione da analogici a digitali ad ogni livello sia per le testate mainstream che per quelle minori.  Tempi più lenti ci sono stati per la mia generazione, quella approdata alla professione  con le macchine da scrivere. Maggiore difficoltà a digerire il giornalismo digitale hanno avuto proporzionalmente i professionisti in attività da ancora più anni, ma non è stata solo una questione anagrafica.

 

Ricordo con precisione i primi contratti con i fotografi, dopo l’arrivo del digitale,  e in particolare con i siti su cui pubblicare il loro materiale. I fotografi facevano resistenza a sottoscrivere contratti con le testate digitali perchè non riuscivano a capire che fine avrebbero fatto le loro foto una volta che fossero state inserite in un medium digitale. Le domande ricorrenti erano: ” Come potrò controllare chi userà le mie foto? Chi mi garantirà che le foto non saranno scaricate dai tifosi senza pagare? “. Oggi questo tipo di dubbi nel nostro settore sono stati superati, ma c’è stata una lunga fase in cui si leggeva il panico negli occhi degli addetti ai lavori quando si doveva ragionare di sfruttamento dei diritti, gestione dei contenuti e delle immagini in mancanza di regole certe.

 

Non è un mistero che anche oggi, grandi giornalisti sportivi abbiano ancora una certa difficoltà con la posta elettronica. Ho visto nella pallavolo molta più rapidità che in altri sport nel capire la qualità oltre alla maggiore velocità che il web e il giornalismo digitale potevano offrire. Non a caso oggi stanno fiorendo  numerosi blog dedicati a questo sport che fino a qualche anno fa non esistevano e noto una curiosità:  i grandi gruppi editoriali ancora oggi dimostrano di avere non poche diffocoltà a gestire i blog dei loro stessi giornalisti presenti sulle loro piattaforme on line; perchè, a mio avviso, sono un oggetto strano, difficilmente collocabile e classificabile, e noto che solo ora gli stessi editori mainstream stanno cercando di dare loro una collocazione più organica rispetto all’impaginazione dei media on line.

 

Tramite questi nuovi spazi editoriali anche sport cosiddetti “minori”, come il nostro, riescono a veder realizzate e in tempi strettissimi  proposte editoriali che un tempo venivano regolarmente bocciate nelle riunioni di redazione del mattino dei quotidiani. E’ anche un modo, a parer mio, per gli stessi giornalisti di riappropriarsi in qualche modo del proprio ruolo. Il fatto di poter avere un altro supporto dove far uscire le notizie,  aiuta tantissimo,  e permette di scrivere tante bellissime storie che non troverebbero posto per ragioni di spazio in un giornale.

 

Quale credi che sia il potere del web?

F.R. – La grande domanda è quanto filtro possono e devono fare i giornalisti professionisti alle informazioni diffuse on line per fare in modo che in rete circolino dati attendibili e verificati e non “fuffa” incontrollabile. E’ necessario insistere sulla qualità di quello che si fa. La prossima battaglia sarà sui numeri, come si è battagliato per anni su auditel, audiradio e audipress, ora è giunto il momento di confrontarsi sull’affidabilità di google analytics rispetto ad altri strumenti similari. Adesso, grazie alla rete, c’è talmente tanto materiale diffuso che si corre il rischio  di avere un’immensa quantità di dati fruibili ma non accessibili perchè non raggiungibili o consultabili da tutti.  Quando tutti comunicano tutto, il caos è a portata di mano.  Servono professionisti capaci e preparati che scovino le notizie e le pubblichino ma anche che indirizzino gli appassionati verso luoghi “digitali” affidabili cui poter fare  riferimento. Saranno i numeri a fare la differenza come sempre, ma la professionalità giocherà un ruolo importante.

 

Giornalismo digitale e sport dunque in grande sintonia,  e per gli esperti di comunicazione quali sono i modi per sfruttare al meglio questo connubio?

F.R. Mi viene in mente proprio in questi giorni in cui la Penisola è flagellata dal maltempo che ha penalizzato parecchio anche gli eventi sportivi, la scelta fatta dal nostro amministratore delegato. Un tweet  per informare nel modo più rapido e capillare la stampa specializzata e i tifosi che il nostro era l’unico sport, anzi meglio l’unica serie A, che, nonostante la neve, non aveva rinviato le proprie partite.

 

Poi abbiamo replicato questo tweet in un comunicato stampa ufficiale in serata, ma l’informazione è arrivata molto prima e capillarmente in questo modo. Questo ad esempio è stato, a mio avviso, un corretto sfruttamento degli strumenti digitali.  Quando è arrivato il nostro tweet io mi trovavo a bordo campo a Modena ad una nostra partita e ho visto materialmente i giornalisti che hanno ricevuto “il cinguettio” rilanciare il comunicato attraverso le loro reti in tempo reale.

 

Un altro aspetto della progressiva digitalizzazione dei giornalisti sportivi va ricercato, secondo me, nella dotazione di strumenti in loro possesso oggi. Mi spiego meglio. Tutti i giornalisti del quotidiano sportivo più letto e diffuso del Paese, la Gazzetta dello Sport, sono provvisti di videocamera e non meno del 90 per cento dei giornalisti che seguono il nostro sport è parimenti equipaggiato. Questo trestimonia in modo inequivocabile, a mio avviso,  una evoluzione precisa e specifica del mestiere giornalistico verso i contenuti digitali.

 

Un altro esempio di forte commistione degli ambiti digitale con quelli sportivi arriva dall’analisi del regolamento olimpico per la diffusione delle notizie. Regolamento in cui da almeno 2 edizioni, dunque non meno di 8 anni, hanno fatto la loro apparizione norme specifiche sulla divulgazione delle notizie da parte di blog e bloggers, siano essi gestiti da professionisti dell’informazione o dagli stessi atleti.

 

E i social network?

F.R. – Siamo stati un poco lenti, come Lega Pallavolo di Serie A, ma il motivo per cui ci siamo avvicinati tardi ai media sociali è costituito dal fatto che non volevamo metterci in competizione e neppure intralciare lo splendido lavoro intrapreso sui network sociali da molti dei nostri club sportivi, anche perchè noi in quanto  Lega siamo un consorzio di club, quindi lavoriamo espressamente per le trenta società che compongono la serie A di pallavolo.

 

Non volevamo che si creasse un filone di fan della Lega Pallavolo ovvero del campionato nazionale in alternativa o peggio in contrapposizione a quello delle squadre di club. Anche la nostra attività su twitter è  circoscritta e limitata a pochi interventi e  commenti.

 

Preferiamo continuare a lavorare in aree web più istituzionalizzate e rodate come il nostro sito, che per fortuna è molto seguito, e lì postare interventi e commenti più articolati. A proposito di web e pallavolo vorrei ricordarti che già nel 1995 una delle nostre squadre più rappresentative, la Sisley Treviso, creò un vero e proprio portale già nel 1995 che si chiamava The Mall, sviluppato dal Benetton Group, e la Sisley ne faceva parte. The Mall fu uno dei primi interventi on line di una squadra di sport italiana.

Io credo che i confini siano ancora da tracciare. Attualmente siamo ancora in una fase di strano Eden in cui c’è di tutto e di più e arriveremo a un momento in cui inevitabilmente dovremo fare un piccolo passo indietro, creando nuovi e più efficienti filtri, cercando di dare un po’ di ordine  alla enorme quantità di informazioni che circola on line.

 

C’ è la bellezza di aver potuto sdoganare il mondo dell’ informazione in ambito sportivo grazie agli strumenti digitali. C’è la bellezza di poter comunicare in maniera estremamente rapida indirizzando le informazioni in modo preciso cosa che per uno sport come il nostro dove le azioni durano  3 secondi e mezzo non era possibile fare con altri strumenti.

 

Stanno nascendo fra i tifosi piattaforme di twitting  in tempo reale delle nostre partite in cui gli appassionati commentano punto a punto il nostro sport.

La prossima frontiera sarà quella di creare un osservatorio un po’ più attento a quello che succede on line perchè attualmente tutti possono fare tutto e,  inevitabilmente, qualcuno dovrà intervenire a fare un poco d’ordine, non certo l’elenco dei buoni e dei cattivi, ma a distiguere con precisione l’informazione sportiva dal commento dell’amatore o del tifoso. Forse la professione giornalistica declinata ed esercitata in ambito digitale potrebbe essere uno degli strumenti da utilizzare per mettere ordine nel mare magno del web, senza per questo limitare in alcun modo l’ uso e l’ accesso alla rete da parte degli utenti.