I social non sono mezzi pubblici, sono utilities private. Lo  sostiene Andrew Keen, attualmente in Italia per presentare il suo ultimo libro ‘Vertigine digitale. Fragilità e disorientamento da social media‘.
Il saggio è stato tradotto per Egea/Bocconi da Bernardo Parrella, che ha appena annunciato ai suoi “amici” la chiusura definitiva del suo account su Facebook. Sottolineando come non siano certo gli utenti il focus di quest’ultimo, e citando, appunto, Keen: «In realtà è uno scambio iniquo: dietro i social network ci sono dei tecnocrati che si servono dei nostri dati, ottenuti con il nostro consenso, per rivenderli e far soldi a palate».
In un articolo su Lindro – L’ inarrestabile caduta dei social – Parrella segnala come vadano drasticamente scemando i casi in cui il social online si dimostri di pubblica ed effettiva utilità , come forse per calamità naturali o news iperlocali ignorate altrove. I suoi limiti, aggiunge, emergono ancor più nelle investigazioni pseudo-collaborative – per non parlare della copiosità di troll, inserzionisti e venditori di fumo, ben accoppiati all’uso repressivo e/o subdolo che ne fanno certi regimi o governi non democratici.
Secondo Parrella, perfino nel contesto di nuove forme di giornalismo, i social media continuano a essere usati più per portare traffico ai vari siti che come concreto canale di conversazione e relazione.
Quanto al piano dei dati, si conferma in ogni caso un forte calo di presenze e attività su Facebook. Nell’ultimo mese – segnala Parrella – si sono avuti 6 milioni di visitatori in meno nei soli Stati Uniti, pari al 4%, analogo al 4,5% in Gran Bretagna (1,4 milioni di visite in meno) – per una caduta generale, di circa 9 milioni di visitatori al mese nell’ultimo semestre, incluse le ovvie ricadute a livello di mercato e di borsa. La crisi pare estendersi anche a Paesi quali Canada, Spagna, Francia, Germania e Giappone, dove Facebook ha sempre spadroneggiato.
In più, le rilevazioni di ComScore confermano la riduzione del tempo medio speso su Facebook dagli utenti Usa sul proprio PC: dai 121 minuti nel dicembre 2012 a 115 minuti in febbraio, pur se via apparecchi mobili il tempo è raddoppiato in un anno fino a 69 minuti al mese. Mentre sembra che in certi Paesi non occidentali le cose vadano un po’ meglio: i visitatori mensili in Brasile sono aumentati del 6% nell’ultimo mese, fino a 7 milioni, e l’ India ha visto un aumento del 4% fino a 64 milioni.
Comunque sia – conclude Parrella su Lindro -, il calo è fisiologico e diffuso, proprio come per strumenti e piattaforme social precedenti, non solo per via di rivali più ‘di nicchia’ e di portata ridotta, in primis Path: lanciato nel novembre 2011 da Dave Morin, ex impiegato Apple e Facebook, ha appena superato i 10 milioni di iscritti.
C’è insomma spazio per dedicarsi al tweet responsabile? E per riflettere meglio sull’intero scenario e muoversi verso alternative davvero a misura di esseri umani?
Infine, per chi volesse approfondire lo scenario, ecco altre risorse utili:
– Why I’m quitting Facebook
http://www.cnn.com/2013/02/25/opinion/rushkoff-why-im-quitting-facebook/index.html
– Farewell Facebook, and Good Riddance
http://abcnews.go.com/ABC_Univision/quitting-facebook/story?id=18668978#.UYALpYJby9Y
– Unlike Us Reader: a collection of essays on social media monopolies and their alternatives
http://networkcultures.org/wpmu/unlikeus/past-events/3-amsterdam/reader/
– Internet e l’io diviso. La consapevolezza di sé nel mondo digitale (libro di Ivo Quartiroli, Bollati/Boringhieri, 2013)
http://www.bollatiboringhieri.it/scheda.php?codice=9788833923956