Aiuti pubblici alla stampa, in Francia la resa dei conti si avvicina

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Mancano meno di due mesi alla presentazione della riforma dei finanziamenti pubblici alla stampa. Secondo un recente rapporto della Corte dei Conti, la Francia ha già perso un’occasione per rendere più giusto ed efficace il suo generoso sistema di sovvenzioni.

Sino ad oggi esclusi dalla spartizione della torta, i pure players on line alzano la voce. La battaglia dell’ Iva.

 

 

di Andrea Paracchini

 

La Francia è il paese dell’Ocse che spende più denaro pubblico (oltre 1,2 miliardi di euro) per il finanziamento della stampa. Un motivo d’ orgoglio per quello che ama definirsi il “paese dei diritti dell’uomo”? La questione è un po’ più complessa. Come LSDI ha già ricordato recentemente, il sistema di finanziamento pubblico della stampa d’ Oltralpe è sotto accusa e il nuovo governo del presidente Hollande si è impegnato a renderlo meno dispendioso e più efficace. A fine aprile, una proposta da parte del gruppo di riflessione presieduto dall’avvocato della Corte dei Conti Roch-Olivier Maistre dovrebbe essere presentata. Ma il dibattito è già acceso, fra provocazioni (LSDI ha riportato la proposta di Rosselin di distribuire gli aiuti direttamente ai giornalisti), colpi bassi e proposte.

 

“Un’ occasione persa”

 

Il 12 febbraio scorso, la Corte dei Conti ha pubblicato il suo rapporto annuale, contenente una severa requisitoria sul piano triennale 2009-2011 di aiuti alla stampa. Niente di completamente nuovo se si pensa che già svariati rapporti avevano criticato le misure elaborate nell’urgenza da Sarkozy al termine degli Stati Generali della Stampa da lui convocati a fine 2008. Il rapporto “Gouvernance des aides publiques à la presse” di Aldo Cardoso del 2010, quello della senatrice oggi ministro Nicole Bricq dell’ anno successivo, o quello del deputato Michel Françaix l’anno scorso (di cui LSDI ha parlato) avevano mostrato i limiti di un sistema di aiuti a pioggia poco efficaci.

 

La Corte dei Conti mette però un po’ di ordine nelle cifre e conferisce alla stroncatura tutta l’ autorità che Oltralpe si riconosce ai “saggi della rue Cambon”.

Secondo il rapporto, lo Stato francese spende troppo e male. Fra il 2007 e il 2011, il giro d’affari del settore è calato del 16%. Nel frattempo, gli aiuti sono lievitati e nel 2012, nonostante un parziale giro di vite, si sono attestati a un livello superiore del 22% a quello del 2008. Questo perché la Francia in questi ultimi anni avrebbe perso un’occasione per rilanciare la stampa, preferendo mantenere le ambiguità esistenti ed amplificandone gli effetti. Il sistema francese prevede infatti due tipi di aiuti:

 

> Diretti:

– Il Programma 180 “Presse”, presso il ministero della cultura e della comunicazione, che si compone di tre azioni: aiuti alla diffusione, aiuti al pluralismo e aiuti alla modernizzazione.

– Il Programma 134 “Développement des entreprises et des services”, presso il ministero dell’Economia.

 

> Indiretti: tre dispositivi fiscali di cui il principale è il tasso “super ridotto” dell’IVA al 2,1%.

 

Gli aiuti diretti, in particolare il programma 180, sono quelli che hanno conosciuto il maggiore incremento nel quadro del piano Sarkozy. Finalizzati a sostenere il pluralismo dei media, dovrebbero beneficiare in particolare alla famiglia dei media di ‘informazione politica e generale” (IPG), una categoria comprendente 392 testate sulle 5.093 pubblicazioni registrate in Francia, per un giro d’affari di poco inferiore alla metà dei 9 miliardi totali.

 

Ma le misure in assoluto più costose sono quelle indirette. Il “régime économique de la presse” offre infatti benefici come l’IVA al tasso “super ridotto” del 2,1% e tariffe postali preferenziali a tutti i 5.000 titoli di stampa iscritti alla Commission paritaire des publications et des agences de presse (CPPAP). Risultato: nel 2011 l’IVA speciale è arrivata a costare 180 milioni, le tariffe postali 269. Solo la metà del mancato gettito fiscale per gli sgravi IVA e del costo delle tariffe agevolate (che lo stato rimborsa alla Posta) vanno a beneficio dei titoli IPG. Il resto finisce nelle tasche di magazine ma anche di guide TV (12%!) il cui contributo al pluralismo è esplicitamente messo in discussione dalla Corte dei Conti. Il candidato Hollande aveva del resto dichiarato in campagna di voler concentrare gli aiuti sulla stampa IPG a svantaggio dei magazine di svago. Una promessa che aveva innervosito il settore dal momento che, in molti gruppi, i titoli “seri” sono infatti finanziati attraverso pubblicazioni più “frivole”.

 

 

La battaglia dell’ IVA

 

I saggi della Corte dei Conti sembrano dare ragione al presidente e suggeriscono in particolare di introdurre tassi differenziati di IVA, al fine di tutelare le famiglie di stampa più importanti nell’ ottica del pluralismo ma anche più fragili economicamente. La Corte non lo dice, ma viene immediatamente da pensare alla stampa on line, ai tanti pure players innovativi ancora in cerca di un modello economico affidabile (LSDI ne ha parlato qui e qui). Paradosso, proprio loro sono oggi esclusi dal tasso “super ridotto” come pure da quello ridotto del 5,5% che si applica agli e-book[1] e devono pagare il 19,6%! Una situazione inaccettabile per il Syndicat de la Presse en Ligne (Spiil) che dalla fine del 2010 raccomanda ai suoi aderenti di applicarsi l’IVA più favorevole. Ad oggi, Indigo, Mediapart, Dijonscope e @rrêt sur images sfidano così il fisco francese. Maurice Botbol, presidente del sindacato, difende la sua scelta:

 

“Non facciamo una rivolta. In nome della neutralità fiscale, consideriamo che esercitiamo un nostro diritto e ci opponiamo all’amministrazione fiscale. Non siamo fuori legge[2]”

 

Già nel maggio 2011, otto sindacati fra cui lo Spiil avevano pubblicato una dichiarazione comune per ottenere l’ estensione alla stampa digitale del tasso di IVA favorevole. Nel novembre 2011, la Corte di giustizia Europea aveva poi riconosciuto alla società britannica di giochi on line Rank Group l’applicazione del principio di neutralità fiscale tale per cui a bene uguale si applica fiscalità uguale. Eppure, @rrêt sur images, che si è auto ridotto l’IVA sin dalla creazione nel 2009, continua ad avere guai col fisco. Dal 2010 trascina infatti un contenzioso con l’amministrazione fiscale per 176.000 euro per IVA indebitamente trattenuta. In quell’anno il sito, che volontariamente aveva rinunciato ad ogni altro tipo di sovvenzione pubblica, si era ritrovato in perdita nonostante avesse chiuso in attivo. Persino Mediapart, in attivo per il secondo anno di fila, sarebbe in seria difficoltà se dovesse applicare l’IVA al 19,6%. Quanto a Dijonscope, già in guai seri (vedi questo articolo di LSDI), ha appena ricevuto una cartella esattoriale che contesta i versamenti IVA degli ultimi anni.

 

La goccia di troppo per lo Spiil che si è così rivolto direttamente al capo dello stato con una lettera aperta in cui minaccia di ricorrere alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea se le misure fiscali nei confronti dei soci saranno mantenute. La lettera è accompagnata da un corposo memorandum di 13 pagine dedicato alla questione dell’IVA con cifre, grafici, calcoli e riferimenti a testi di legge e precedenti. Lo Spiil cita in particolare uno studio del 2012 del consulente Kurt Salmon in cui si stima che:

 

“Il passaggio ad un tasso del 2,1% già nel 2012 costerebbe il primo anno circa cinque milioni di euro di mancati introiti per lo Stato, ma contribuendo a sviluppare la filiera, gli permetterebbe di aumentare i suoi ricavi a partire dal 2015. Nonostante la riduzione del tasso, lo Stato incasserebbe nel 2017 tre volte più IVA sulla stampa on line che nel 2010”

 

 

La stampa on line non è invitata al banchetto

 

La lettera e il successivo colloquio con un funzionario dell’Eliseo è stata l’occasione di ribadire proposte del sindacato per una riforma del sistema dei sussidi alla stampa.Lo Spiil contesta in particolare gli aiuti diretti – di cui chiede la soppressione entro tre anni – trovando sostegno in alcune considerazioni della Corte dei Conti. In particolare quando questa segnala come oltre la metà dei fondi versati per la modernizzazione nel 2011 siano finiti in macchinari per la stampa.

 

“La scelta di questi investimenti appare discutibile poiché lo sviluppo di internet avrebbe dovuto costituire la strategia privilegiata dalle imprese della stampa, in risposta a un contesto di rapido declino del supporto cartaceo (…) In assenza del fondo, l’invecchiamento dello strumento di produzione avrebbe probabilmente accelerato il calo del supporto cartaceo”

 

Anziché incoraggiare la conversione digitale, lo Stato con i suoi aiuti prolungherebbe l’agonia di una stampa cartacea che vive sotto flebo. Una sorta “sindrome della siderurgia”, chiosa Eric Leser su Slate.fr tentando un parallelismo con le fallimentari politiche di rilancio industriale che il paese ha conosciuto. Non solo, secondo lo Spiil, questi aiuti sarebbero all’origine del mantenimento di posizioni di monopolio, in particolare nella stampa locale e regionale, a detrimento del pluralismo.

 

“Assicurare il pluralismo non consiste soltanto a preservare la sopravvivenza dei titoli esistenti (…) Assicurare il pluralismo significa anche favorire l’emergere di un ecosistema che permette la nascita e lo sviluppo di nuovi titoli, testimoni del loro tempo, iniziatori di innovazioni, riflesso di un mondo in mutazione”

Persino il Fonds de soutien à la presse en ligne (SPEL, diventato nel 2012 Section II del Fonds stratégique de développement de la presse), promettente nelle intenzioni, è finito sprecato. Secondo la Corte de Conti “solo 9,7 M€ dei 58 M€ di crediti aperti nel corso del periodo da 2009 a 2011 sono stati spesi”. Meno del 17% dei fondi disponibili, a causa, secondo lo Spiil, di lungaggini nell’approvazione dei dossiers e del rifiuto di includere nelle spese finanziabili lo sviluppo informatico in interno (a beneficio dei subappalti in esterno).

 

“Ma anche per colpa di alcune imprese che hanno cercato di approfittare di questi fondi senza avere un progetto di sviluppo, poca vocazione all’innovazione, progetti di business troppo fragili, preventivi fittizi poi approvati su base formale, senza valutare la qualità del progetto”

 

La Corte dei Conti è su questo persino più spietata:

 

“Molti aiuti sono stati attribuiti a servizi on line di riviste specializzate, in particolare nell’ ambito dello sport e del turismo. All’ opposto, il numero di dossiers presentati da servizi on line appartenenti alla stampa d’informazione politica e generale sono proporzionalmente calati fra il 2009 e il 2011”

 

E non di poco: in proporzione sono passati dal 60% al 36%, per una parte di aiuti versati scesa dal 78% al 60%, molto spesso a beneficio di misure salariali compensative per giornalisti in mobilità.

 

 

Finanziamenti 2.0

 

Lo Spiil, la cui assemblea generale annuale si terrà il 25 marzo, è chiaramente favorevole all’estensione degli aiuti indiretti, in particolare l’IVA ma anche la possibilità di pubblicare gli annunci legali a pagamento. Questi aiuti “sono i più virtuosi perché beneficiano in maniera egalitaria all’insieme dell’ecosistema della stampa e in questo modo evitano le distorsioni della concorrenza”. Se però lo Stato tiene a mantenere un sostegno diretto, lo Spiil chiede allora più chiarezza e trasparenza nella sua distribuzione attraverso la creazione di un fondo per l’innovazione della stampa digitale “che sostenga nuovi formati, data-journalism, redazioni multimedia, nuove forme di marketing, nuovi modelli economici, sviluppo di software”. Ma anche progetti collettivi per permettere alla stampa francese di sviluppare piattaforme indipendenti dai giganti americani per la distribuzione e commercializzazione dei contenuti e per la raccolta pubblicitaria. Questi aiuti dovrebbero essere concessi sulla base di obiettivi precisi derivati dall’analisi del contesto della stampa da parte di un comitato di orientamento, affiancato da un pool di esperti che accompagnerebbero gli editori nell’elaborazione dei progetti e nella formulazione del loro dossier.

 

Alla creazione di questo fondo dovrebbe poi corrispondere la fine della distinzione IPG, dal momento che “ogni forma di stampa partecipa, in una maniera o nell’altra, alla vita sociale, politica, culturale, economica, scientifica del paese”, ha dichiarato Maurice Botbol in un’intervista esclusiva a Edition Multimédi@. Paradossale se si ripensa alle critiche della Corte dei Conti. Un po’ meno se si considera che uno dei criteri essenziali di attribuzione del “marchio” IPG è ancora oggi la periodicità (in origine solo i quotidiani, poi anche periodici e settimanali), una nozione anacronistica nell’era del digitale. Quasi quanto quella di stampa “scritta”, quando da un lato la stampa sul web è sempre più multimediale, dall’altro televisioni e radio creano siti d’informazione “scritta”. Questi criteri fanno sì che alcune pubblicazioni abbiano ottenuto la menzione IPG per la loro edizione cartacea e non per il loro sito o viceversa! Poco male, se non fosse che l’appartenenza alla stampa d”informazion politique et générale” dovrebbe diventare, secondo le promesse dell’allora candidato Hollande, il bersaglio privilegiato degli aiuti. Gli stessi 60 milioni di euro messi sul tavolo da Google saranno accessibili solo ai media IPG. Ora, l’accordo[3] è stato siglato con l’Association de la presse d’information politique et générale[4], creata nel maggio scorso e di cui fanno parte tre sindacati (stampa nazionale, magazine e regionale) ma non lo Spiil, quando fra i suoi 74 membri conta alcuni dei 180 siti oggi riconosciuti IGP!

 

 

I Dati

 

Per la prima volta, i servizi del ministero della Cultura hanno appena pubblicato il dettaglio di tutti gli aiuti diretti versati nel 2012:

Mutation et modernisation industrielles : 9.645.288 euro. In testa Ouest France (regionale), Le Parisien e l’Equipe con oltre un milione di euro a testa. [Formato ODS]

Développements numériques : 7.645.588 euro. Dominano Le Monde Interactif, Epresse (un’edicola on line) e Le Nouvel Économiste ma persino il giornale delle scommesse dei cavalli! [Formato ODS]

Développement du lectorat: 3.662.779 euro. Ancora Le Monde, Paris-Match e poi la stampa regionale. [Formato ODS]
Quotidiens nationaux à faibles ressources publicitaires: 9.155.000 euro. Cinque beneficiari: L’Humanité, comunista, con tre milioni, La Croix, cattolico, con poco meno, un giornaletto ultracattolico, l’editore di alcuni quotidiani per bambini e adolescenti e…Libération con poco meno di tre milioni!

Quotidiens locaux à faibles ressources de petites annonces: 1.400.000 euro [Formato ODS]
Presse hebdomadaire régionale: 1.420.000 euro [Formato ODS]

 

 


[1]L’IVA ridotta per gli e-book è stata attaccata dalla Commissione Europea davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Il 22 febbraio i ministri Fleur Pellerin e Aurélie Filippetti hanno annunciato l’intenzione di difendere questa misura proprio in virtù della neutralità fiscale.

“La Francia applica il tasso ridotto dell’IVA sia sul libro digitale che su quello cartaceo per garantire un trattamento equivalente dell’accesso alla cultura, quale che sia il supporto. (…) La Francia difenderà davanti alla corte di giustizia il principio di neutralità al fine di non ostacolare l’emergenza del libro digitale proprio quando il mercato europeo si sta costituendo”

[2] Il riferimento è al termine “hors-la-loi” impiegato in un articolo del gennaio 2012 apparso su Les Echos che ha fatto infuriare lo Spiil

[3] In realtà un protocollo di accordo. L’accordo commerciale definitivo sarà concluso a fine marzo. Nonostante abbia ricevuto il sostegno delle più alte cariche dello stato, non è detto che il suo contenuto venga reso pubblico

[4] L’AIGP è inoltre presieduta da Nathalie Collin, co-presidente del direttorio del settimanale Le Nouvel Observatuer, appartenente al gruppo di Claude Perdriel. Lo stesso che ha recentemente imposto al noto pure player Rue89, di cui è proprietario da più di un anno, di uscire dallo Spiil (vedi la conclusione di questo recente articolo di LSDI)