Customize Consent Preferences

We use cookies to help you navigate efficiently and perform certain functions. You will find detailed information about all cookies under each consent category below.

The cookies that are categorized as "Necessary" are stored on your browser as they are essential for enabling the basic functionalities of the site. ... 

Always Active

Necessary cookies are required to enable the basic features of this site, such as providing secure log-in or adjusting your consent preferences. These cookies do not store any personally identifiable data.

No cookies to display.

Functional cookies help perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collecting feedback, and other third-party features.

No cookies to display.

Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics such as the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.

No cookies to display.

Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.

No cookies to display.

Advertisement cookies are used to provide visitors with customized advertisements based on the pages you visited previously and to analyze the effectiveness of the ad campaigns.

No cookies to display.

Bezos e gli altri miliardari possono far tornare redditizi i quotidiani locali?

Bezos

Il modello di business del giornale tradizionale si sta sgretolando: l’ intervento dei miliardari invertirà la tendenza?

E’ una delle tante questioni aperte dall’ acquisto del Washington Post da parte di Jeff Bezos ed è al centro di un articolo su Bloomberg.com dal titolo  ‘’Jeff Bezos Can Make Newspapers Profitable’’.

 

Perché una persona ricca dovrebbe comprare un giornale locale? – si chiede l’ autrice, Susan Crowford -. Molti di loro naturalmente pensano che sia una buona idea: il BH Media Group di Warren Buffett ha già investito più di 344 milioni di dollari per 29 quotidiani, Rupert Murdoch ha il suo, David e Charles Koch  hanno giocato per acquistarne alcuni e ora Bezos ha speso quasi l’ 1% del suo patrimonio netto per comprare il giornale che tutti i politici di Washington leggono mangiando i cornflakes.

 

La mia scommessa – osserva Crowford* – è che Bezos punta a sfruttare le opportunità che ogni grande giornale locale ha ancora. Dopo tutto, un giornale con una dote di fedeli abbonati (ma quelli dell’ edizione digitale non sono un granché, ndr)  è un monopolio non male sul piano del profitto, visto che nessun altra testata gli fa concorrenza in quella zona.  Spinti dall’ abitudine e dall’ interesse per la loro comunità, gli abbonati potranno continuare a leggere l’ insieme delle notizie locali (il sindaco, la commissione urbanistica, lo scandalo delle scuole superiori), così come le notizie di matrimonio e le necrologie. Se si riesce a soddisfare il prorio pubblico in modo che gli inserzionisti abbiano sempre qualcuno a cui vendere, a mantenere i costi del personale su una scala ragionevole e a costruire gradualmente  un efficace paywall online, vi andrà bene.

 

Sì, Internet ha rubato un sacco di soldi dai piccoli annunci, ma i giornali stanno cercando di capire il modo con cui compensare una parte di queste perdite. (Una necrologia sul New York Times? Costo un occhio della testa).

 

I giornali locali sono ora disponibili a prezzi stracciati. La vendita del Boston Globe al proprietario dei Red Sox John Henry sarebbe stata la notizia della settimana se non fosse arrivata anche quella di Bezos.

 

E’ vero, il business della comunicazione è cambiato. Venti anni fa – continua Crowford – , gli americani erano abituati a ricevere dei  servizi specifici attraverso delle reti specifiche. Televisione e radio trasmettevano attraverso delle onde radio designate in maniera specifica per loro; le lettere venivano inviate tramite la rete postale, le telefonate correvano sui cavi telefonici; e i  giornali stampati su pasta di legno venivano consegnati alle porte delle case delle famiglie o vendute in città agli angoli delle strade.

 

In un mondo del genere i giornali potevano sentire al riparo la loro attività economica. Reddito costante da pubblicità e abbonamenti incrociati: risultati sportivi e dati economici attraevano i lettori e sovvenzionavano il giornalismo investigativo e le recensioni teatrali. L’ azienda stessa si vedeva come un’ unica entità multiforme.

 

Ora tutti i vecchi metodi di distribuzione hanno collassato sotto i bit del protocollo Internet, e anche se il quotidiano è andato online è solo un altro sito tra i tanti. Gli inserzionisti hanno una miriade di modi per raggiungere i clienti online e  pochi motivi per pagare ai giornali un tributo speciale, ance se il pubblico online di un giornale può essere molto più grande rispetto al numero degli abbonati all’ edizione su carta.

 

Donald Graham, direttore generale del Washington Post,  ha detto qualche giorno fa ai suoi collaboratori che i ricavi erano scesi per sette anni di fila.

 

I quotidiani possono ancora ottenere profitti, ma senza investimenti abbastanza grandi per intimidire gli aspiranti concorrenti, anche i migliori si appassiranno.

 

Mettici Bezos, un investitore con le tasche molto profonde e l’ acume logistico per ottenere un Post in formato smagliante e combattivo,  e avrai un prodotto locale attraente per più persone e meno costoso. Non a caso, egli può far fronte ai problemi di paywall e migliorare radicalmente il sito web del Post, che ora è non è di buon livello.

 

E poi, probabilmente,  Bezos ha anche un cuore civico. E nel suo caso, in più, il suo investimento può ottenere anche restituire un bel profitto.

 

– – –

 

*Susan Crawford, collaboratrice di Bloomberg View e docente alla Cardozo School of Law, è autrice di “Captive Audience: The Telecom Industry and Monopoly Power in the New Gilded Age”

Twitter:  @scrawford.

Email: scrawford@scrawford.net.