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Cambiare sede come occasione per una riorganizzazione digital-first delle redazioni

Partiamo dalla crisi economica e da un elemento fisico: il cambio di sede per un editore che non può più permettersi i propri spazi lavorativi.
Da qui prende l’ avvio  una interessante analisi di Nikki Usher  – docente alla George Washington University’s School of Media and Public Affairs – che studia la costruzione delle redazioni digitali e il loro rapporto con lo spazio lavorativo.

 

a cura di Claudia Dani

 

Molti editori Usa (il work in progess della Usher ne ha raccolti finora 29) stanno lasciando le loro sedi tradizionali – per la maggior parte ricche di storia – per spostarsi in locali più piccoli e più economicamente sostenibili.

 

Questo – sottolinea Usher – è diventato, per alcune fra le testate che la studiosa ha visitato, un’ occasione per ripensare e riformare le redazioni in funzione di una nuova organizzazione degli spazi.
La riorganizzazione delle redazioni non è solo legata al minor spazio a disposizione, ma è interpretata nel senso di ripensarla in funzione del tipo di notizie e racconti che la redazione produrrà.

 

Quale tipo di occupazione degli spazi per  individui, schermi e scrivanie è più funzionale? Questo è quello che le redazioni raccontate nell’articolo di Nieman Lab si sono chieste.
In Italia questa domanda se la sono posta La Stampa e Il Sole24ore.

 

Oggi non basta più affiancare una redazione digitale a quella, ancora dominante, di carta, ma si tratta di reinterpretare il modo stesso di produrre e comunicare i contenuti giornalistici. Partendo da due parole chiave: tecnologie e tempo. Le nuove piattaforme consentono, infatti, di accorciare la distanza con il lettore e di diversificare al massimo i punti di incontro nell’ arco della giornata. Lungo un’ unica filiera, l’ informazione diventa contemporanea, coinvolgente e personalizzata.  (Marco Mariani – 22/01/13)

 

Nel settembre 2012 Mario Calabresi scriveva:

 

La nuova redazione de La Stampa, che inauguriamo oggi: uno spazio aperto, costruito a cerchi concentrici, in cui ognuno ha sotto gli occhi l’intera produzione, dalla carta al digitale. (Mario Calabresi 9/9/12)

 

e ancora sul sito si legge sempre in quei giorni:

 

Non è solo un aggiornamento di tecnologie… ma un tentativo di rispondere alle sfide dell’informazione e di un mondo che cambia a una velocità sconosciuta.

 

Di questa settimana le parole del presidente del Gruppo 24 Ore:

 

Il  modello di innovazione del Gruppo 24 ORE pone il lettore-cliente al centro del core business e punta sullo sviluppo digitale come strumento di eccellenza per creare valore attraverso offerte sempre più personalizzate di servizi e prodotti. Questa strategia richiede la definizione di una nuova organizzazione aziendale, coerente con la scelta di dar vita a una direzione giornalistica ed editoriale unica, dove tutte le attività del gruppo (carta, sito, quotidiani digitali specializzati, informazione professionale, radio e agenzia di stampa) operano in sintonia per aggredire gli specifici mercati di riferimento con offerte coordinate e con un sistema commerciale integrato capace di veicolare l’autorevolezza dei nostri contenuti.

 

Nel frattempo RCS svende la sua sede storica – a Via Solferino – pur restandoci a lavorare:

 

Un comunicato stampa del 5 novembre  2013 recita:

 

Il Consiglio di Amministrazione di RCS MediaGroup, riunitosi oggi sotto la presidenza di Angelo Provasoli, ha approvato a maggioranza  la vendita a The Blackstone Group International Partners LLP dell’intero complesso immobiliare di via San Marco e via Solferino, in linea con l’annunciato programma di dismissioni previste nel Piano per lo Sviluppo 2013 – 2015. Il Consiglio ha quindi dato mandato all’Amministratore Delegato e al Chief Financial Officer di finalizzare l’operazione – comprendente la stipula di contratti di affitto da parte di RCS sull’intero complesso, con durate variabili sulle diverse porzioni – per un valore di cessione di 120 milioni di Euro.

 

Aldilà degli spostamenti, delle svendite e delle diverse posizioni prese dagli editori in Italia, quello che è importante chiedersi è se la redazione di un quotidiano all’ epoca del web ha bisogno di riorganizzare i propri spazi in funzione della produzione di contenuti per l’ online.

 

Nell’analisi di Usher si raccontano traslochi da spazi organizzati per un lavoro di tipo industriale, ampio con passaggi strutturati, ad uno più piccolo per creare un flusso di lavoro primariamente orientato al digitale (digital-first).
Dal lavoro della ricercatrice emerge una chiara connessione fra la necessità economica del trasloco e l’esigenza di una strategia digitale.

 

L’obbiettivo è la costruzione di qualcosa simile ad un hub (letteralmente in inglese fulcro, elemento centrale, una sorta di concentratore) con sedute che si dispongono a stella in modo radiale, come orbite in modo da facilitare fisicamente la comunicazione fra redattori. Fra chi si occupa di BreakingNews, di contenuti online e lo staff dedicato ai social media.

 

Ad una prima analisi di questa ricerca (ancora in corso) pare che questi nuovi modelli forse stiano favorendo le BreakingNews online.  Nikki Usher afferma in conclusione del post:

“al momento basti dire che questo tipo di organizzazioni crea una produzione centralizzata e una piattaforma di distribuzione per le redazioni che bramano di essere sempre le più aggiornate.”

 

 

Per approfondire:

– avevamo già parlato di redazioni e digital-first

– il tema sarà trattato ‘fisicamente’ a Glocal .

 

 

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