E’ giornalista chi lo fa, non solo chi lo ‘’è’’
Su Lsdi abbiamo parlato ripetutamente del processo di ampliamento del campo di protezione del giornalismo dai soggetti che lo esercitano (i giornalisti) alla produzione del flusso informativo: quello che sta passando – e si sta consolidando – sotto il termine di ‘’atto di giornalismo’’ .
Ma questo processo spaventa settori importanti della vita politica americana. Preoccupati dal fatto che una eventuale ‘’shield law’’ (al Congresso si sta già discutendo di una nuova legge-scudo) possa proteggere anche Wikileaks, ad esempio, o comunque tutti i giornalisti ‘’irregolari’’, come i bloggers, i tweeters e i citizen journalist indipendenti, proprio in nome del fatto che l’ oggetto della protezione non sarebbe più il giornalista ma il giornalismo.
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 Fra chi si oppone c’ è in particolare una senatrice della California, Dianne Feinstein, secondo cui, come riporta Truth-out.org (un sito della sinistra radicale americana), la nuova legge dovrebbe assicurare protezione solo ai giornalisti ‘’pagati’’.
E invece, commenta il sito, se vogliamo che ‘’il Primo Emendamento continui ad assicurarci la libertà , dobbiamo lottare per mantenere una definizione di ‘stampa’ il più inclusiva possibile. Dobbiamo esigere che i nostri rappresentanti eletti proteggano gli atti di giornalismo, piuttosto che soltanto i giornalisti professionisti pagati. Chiunque informa il pubblico su quello che succede nel mondo, nelle sale del Congresso, o per le strade della loro città è una persona impegnata nel giornalismo. Punto e basta’’.
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Journalism: You Know It When You See It
In questo momento, Dianne Feinstein e altri membri del Senato degli Stati Uniti stanno cercando di definire la parola ‘’stampa’’ – la stessa stampa che è citata nella prima riga del Primo emendamento della Costituzione. Per quanto sia ben intenzionato il loro progetto, esso potrebbe diventare estremamente pericoloso.
Quando inizialmente, a maggio, era filtrata la notizia che il Dipartimento di Giustizia aveva sequestrato i tabulati telefonici dei giornalisti dell’ Associated Press e monitorato i movimenti del giornalista di Fox News James Rosen, si è presentata al Congresso la grande opportunità di approvare quelle protezioni più forti a favore della stampa che la libertà richiederebbe.
L’ opinione pubblica era indignata e grandi nomi del Senato, di entrambe le parti, fra cui Chuck Schumer di New York e Lindsey Graham della Carolina del sud, proposero nuove leggi per proteggere i giornalisti dalle inchieste giudiziarie.
Quella spinta bipartisan per una legge scudo sui media ha ora incontrato un intoppo.
L’ ostacolo sono dei senatori, come Dianne Feinstein, democratica della California, secondo i quali i blogger e tweeter non  dovrebbero avere le stesse protezioni che il  Primo Emendamento assicura ai giornalisti che lavorano per testate di grandi gruppi, come la Fox o il New York Times.
Nella sua forma attuale, la legge scudo del Senato impone che il Dipartimento di Giustizia dia a qualsiasi giornalista un preavviso di 45 giorni prima di cominciare a ficcare il naso nella loro attività .
Un giornalista, secondo il disegno di legge, è chiunque abbia come “intento primario quello di indagare sui fatti e procurarsi del materiale” relativo a quei fatti.
Sembra abbastanza semplice, no? Non per Dianne Feinstein.
La senatrice californiana  ha detto ai suoi colleghi all’inizio di questo mese di essere preoccupata perché il termine “giornalista” è così vago che la legge scudo proposta potrebbe “…fornire degli speciali privilegi a coloro che non sono giornalisti per nulla”.
Feinstein ritiene che i ‘’veri giornalisti’’ siano quelli che vengono pagati. In altre parole quelli che lavorano per le testate ‘’ufficiali’’ riconosciute dall’ establishment di Washington.
La parlamentare democratica vuole assicurarsi che la schield law in discussione al Senato non salvi WikiLeaks dalle inchieste giudiziarie, ma se il Congresso dovesse davvero limitare la protezione solo ai giornalisti “pagati”, allora resterebbero fuori i tantissimi blogger, tweeter e citizen journalist indipendenti che si troverebbero alla mercé delle indagini del governo federale solo perché non hanno uno stipendio da portare a casa.
E questo è semplicemente sbagliato.
Il giornalismo non è una professione o una persona, è un atto. Chiunque commenta una notizia, chiunque coltiva delle fonti, chiunque ricostruisce una vicenda di corruzione dei pubblici ufficiali – quella è una persona impegnata in un atto di giornalismo.
Il giudice della Corte Suprema Potter Stewart ha detto una volta parlando di pornografia che “ha capito cos’ era quando l’ ha vista”.  Lo stesso vale per il giornalismo. Lo riconosci quando lo vedi. Può sembrare troppo vago, ma è così.
L’ idea del giornalismo come atto è particolarmente rilevante oggi. Con l’avvento di internet e del giornalismo digitale, chiunque voglia essere parte della stampa può essere parte della stampa. Non c’ è  bisogno di qualifiche particolari o di una laurea; basta avere un buon fiuto per la notizia e lavorare duro.
Se lo scopo della stampa è di informare il pubblico, allora blogger e utenti di Twitter – ma anche WikiLeaks per quello che interessa – fanno proprio quello. Non possono essere pagati per quello che fanno, ma quello che fanno è una parte essenziale del processo democratico, un controllo essenziale sui poteri del governo, è uno strumento indispensabile per la libertà del paese.
I blog dei freelance indipendenti e le organizzazioni come Wikileaks sono probabilmente delle fonti di informazione ancora migliori dei media tradizionali, perché non sono compromesse con sponsor aziendali e sono aperti a chiunque possa raccontare una storia importante.
La Costituzione menziona solo una attività per nome.
E quella industria è la stampa.
Per i Padri Fondatori, non vi era alcuna istituzione più importante per una società democratica dei mezzi di informazione liberi e indipendenti. Proprio lì in cima al Primo Emendamento hanno scritto che “il Congresso non farà mai una legge … che limiti la libertà di parola -. O quella della stampa”
Ma “la stampa” è una industria speciale. Essa dovrebbe includere tutti coloro che pubblicano, twittano o commentano una notizia. Dovrebbe includere tutti coloro che fanno delle cose (degli atti) per informare il pubblico. E quegli atti meritano protezione, a prescindere da chi li fa e come.
Thomas Jefferson una volta disse che avrebbe preferito avere i giornali e non un governo piuttosto che un governo e non i giornali.
Se Jefferson fosse vivo oggi, avrebbe probabilmente detto la stessa cosa su blog, Twitter, e anche Wikileaks.
Per fare in modo che il Primo Emendamento continui ad assicurarci la libertà , dobbiamo lottare per mantenere una definizione di “stampa” il più inclusiva possibile. Dobbiamo esigere che i nostri rappresentanti eletti proteggano gli atti di giornalismo, piuttosto che soltanto i giornalisti professionisti pagati.
So che cosa è giornalismo quando lo vedo. E chiunque informa il pubblico su quello che succede nel mondo, nelle sale del Congresso, o per le strade della loro città è una persona impegnata nel giornalismo.
Punto e basta. Fine della storia.