Editori o ‘’commercianti di contenuti’’?

Lettori
Forse per il giornalismo tradizionale non suona bene, ma nel nuovo ecosistema digitale gli editori dovrebbero cambiare orizzonte e ispirarsi soprattutto alle pratiche migliori dell’ e-commerce.

 

Lo sostiene Thierry Picard, esperto informatico, consulente nel campo dell’ e-commerce per grosse aziende internazionali, e ora direttore dell’ attività internet del sesto gruppo editoriale francese, la Nouvelle République du Centre Ouest. Spiegando come affrontare questo nuovo punto di vista

 

In un articolo sul Journaldunet, di cui riportiamo ampi stralci, Picard osserva che le domande che si fanno oggi gli editori della stampa digitale sono le stesse di quelle che il commercio online si pone quotidinamente : chi sono i nostri clienti ? quali sono i loro bisogni? quali contenuti e servizi offrire? come farli pagare? come fidelizzarli? E così via.

 

Osservando che non si esita a parlare di Customer relationship management (CRM), di Key Performance Indicators (KPI), di web analisi, di tasso di trasformazione e di ‘’percorso del cliente’’.

 

La strategia

 

Alle prime questioni, comunque, secondo l’ esperto francese, la stampa online avrebbe già risposto.

 

Si sa ormai che i siti vengono sostanzialmente consultati da due tipi di lettori :

 

  • Il lettore opportunista,  reclutato attraverso le reti sociali o i motori di ricerca, costituisce un volume rilevante di visitatori unici, pagine viste e visite – più di due lettori su tre -, ma legge poche pagine e non è sensibile alla testata. Può capitare che, per la stampa regionale, sfortunatamente sia un lettore fuori zona.  Ma può essere anche un segmento che bisogna imparare a identificare, a captare e a fidelizzare quando consulta contenuti che consentono di individuarlo (vicende locali, questioni tematiche, ecc.).
  •  Il lettore fedele che accede direttamente al sito rappresenta una audience relativamente piccola, ma fedele al marchio. E’ più attiva sulle reti sociali, più sensibile alla testata e alle sue offerte.

 

Si tratta quindi, secondo Picard, di un insieme di lettori interessati ad argomenti nazionali e internazionali oltre che a questioni tematiche, come economia, ambiente e, ovviamente, sport. I contenuti possono essere mirati per segmenti comunitari, con destinazione decisori, donne o adolescenti ; possono integrare una dimensione cronologica – passato, presente, futuro - ; possono essere raccolti o prodotti da internauti, da esperti o da giornalisti ; e infine possono essere testuali, fotografici o video.

 

In questo campo il solo limite all’ offerta sono le capacità umane, tecnologiche e finanziarie da parte di una testata  nel (ri)package delle rubriche o dei siti verticali per rispondere a dei bisogni multipli.

La nozione di packaging integra la sfera dei canali: mobile, tablet, pc, e-reader e IPTV.

 

 

L’ offerta

 

Che ciò avvenga attraverso la pubblicità – anche con la sua fragilità di fronte ale fluttuazioni del mercato – oppure attraverso la vendita di servizi o prodotti online, la salvezza della stampa passerà per una diversificazione dei ricavi e una strategia multi-prodotti piuttosto che per la semplice declinazione online della sua strategia monoprodotto.

 

Ma anche qui da parte dell’ offerta sembra ci si auna discreta organizzazione, dice Picard.

 

Infine la questione del formato, sia esso strutturato (il giornale digitale via e-reader) o non strutturato (via sito internet). Su questo punto la risposta sembra molto chiara : bisogna proporre esperienze diverse per rispondere ai bisogni più ampi. L’ offerta – contenuti differenziati o analoghi ? – deve essere legata al  modo con cui viene affrontato il problema dei canali.

 

La risposta non è evidente perché ci sono in campo due teorie :

  • Una, la più razionale, sostiene che il bisogno di informazione è sempre lo stesso e che solo il momento induce ad usare uno o l’altro canale, che vanno quindi adattati ai contenuti.
  • La seconda, più complessa, sostiene che gli acquirenti di contenuti digitali sarebbero  dei CSP+ (Categorie socio-professionali superiori, ndr) e quindi dei multipossessori (internet+mobile oppure internet+mobile+tablet), e che quindi c’ è bisogno di contenuti differenziati se si desidera indurli a consumare su ciascuno di questi canali.

 

Allo stato attuale del mercato – osserva Picard – niente permette di accogliere una o l’ altra teoria, e la verità si trova probabilmente all’ incrocio delle due strade.

 

A questa equazione si poi è appena aggiunta la variabile del pricing.

 

Prendiamo iTunes. La vendita di un brano a 0,99 centesimi ha spinto il mercato verso la vendita di album a 9,99 euro. Ma una cosa è un brano a 0,99 cent, che si può ascoltare più volte. Ma di un articolo, una volta letto, che ce ne facciamo ? Non si può condividerlo perché è a pagamento, lo si può solo promuovere o stampare… ma il nostro diritto si arresta là.

 

Qualcuno, per giustificare questa eventuale soluzione, dice che alcuni contenuti possono essere letti e riletti come delle tesi, degli studi, delle ricette di cucina, delle guide di bricolage, ecc., ma la vendita di un articolo resta complicato da giustificare anche se la tentazione di applicare iTunes è grande.

 

E poi ricordiamo che un euro è il prezzo di un giornale intero.

 

Il pagamento

 

Poiché l’ acquisto di contenuti online al minuto si basa sull’ impiego di piccole somme, la vera  scommessa sta nella procedura di (micro)pagamento messa a disposizione degli internauti e degli editori.

 

E’ ovvio che l’ obbiettivo degli editori è di trasformare quegli acquirenti al minuto in abbonati, risolvendo così nello stesso momento sia la questione del pagamento che quella della fidelizzazione.

 

Questa procedura di micro-pagamenti non deve essere troppo costosa per gli editori, con commissioni troppo elevate sulle transazioni, e deve essere semplice per l’ internauta (prelievo sulla bolletta del telefono o del fornitore di internet, portamonete virtuale, addebito sulle carte di credito o bancomat, ecc.)

 

Stanno nascendo vari sistemi. Picard è entusiasta in particolare di uno di essi, Uber.

 

Ci si iscrive, si scannerizza con l’ apprecchio fotografico dello smartphone la propria carta di credito e poi ogni acquisto si può pagare con un clic sul cellulare. Non c’ è più bisogno di tirar fuori la carta. E pochi minuti dopo ogni transazione arriva la fattura via email. Lo sta per adottare  una applicazione mobile delle Ferrovie dello stato francesi, per evitare che a ogni acquisto di biglietti si debba tirar fuori la carta.

 

Si potrebbe facilmente immaginare che una procedura del genere – conclude Picard – possa essere eseguita su pc, smartphone o tablet consentendo così di regolare gli acquisti in modo molto semplice per l’ internauta.