Mettiamo subito le cose in chiaro: Facebook, Internet in generale, non è improvvisamente diventato “stampaâ€. Non lo dice alcuna legge e, specie dopo la felice conclusione del caso Ruta, non lo dice più alcun giudice, tanto meno quello di Livorno cui qualcuno, però, proprio in queste ultime ore vuole a tutti i costi attribuire la citata equazione.
La legge, in particolare il terzo comma dell’art. 595 c.p., punisce la diffamazione mediante “qualsiasi altro mezzo di pubblicità †come quella a mezzo stampa. Semplicemente perché si ritiene che questi mezzi, tra cui rientrano le pubblicazioni telematiche, abbiano una diffusività , dunque una potenzialità lesiva, pari a quella della stampa.
E’ previsto anche il carcere, in alternativa alla multa. Ma l’equiparazione è soltanto sanzionatoria.
Allora, il giudice di Livorno non ha sbagliato. Ha semplicemente applicato la legge, come hanno sempre fatto (giustamente, dalla prospettiva giuridica) tanti suoi colleghi.
Contrariamente a quanto pensa la giornalista Paola Ferrari, che l’anno scorso aveva dichiarato di voler querelare Twitter “in personaâ€, la legge c’è già e, come appena detto, nei casi estremi può avere ripercussioni pesanti. Non vi sono buchi normativi o sacche di impunità .
Se, poi, riteniamo che la legge sia sbagliata, discutiamone. Ma è un altro paio di maniche e non distorciamo le notizie anche soltanto per fare sensazionalismo.