Giornalisti: diventa norma deontologica la Carta di Milano sui diritti dei detenuti

Carcere Con l’ approvazione da parte del Consiglio nazionale dell’ Ordine, la ‘’Carta di Milano’’ – la Carta relativa ai diritti dei detenuti – diventa ufficialmente un protocollo deontologico obbligatorio per tutti i giornalisti italiani.

Il documento è stato approvato all’ unanimità dal Cnog.

 

Aggiornamento. Dal testo però manca il principio del diritto all’ oblio – è stato sottolineato nella conferenza stampa tenuta venerdì 15 marzo nella sala conferenze di Regina Coeli. Ma il segretario nazionale dell’ Ordine, Giancarlo Ghirra, ha annunciato che proporrà lui stesso la modifica in tal senso del testo in occasione della prossima riunione del Cnog, in programma ad aprile. >

 

 

La Carta – sottoscritta nei mesi scorsi dagli Ordini dei giornalisti di Lombardia, Veneto, Toscana, Emilia Romagna, Basilicata, Liguria, Sardegna e Sicilia – nasce da una riflessione collettiva, maturata all’ interno delle redazioni carcerarie, tra coloro che fanno giornalismo in carcere e sul carcere. Da questo dibattito è emersa la necessità di “informare gli informatori”, che troppo spesso scrivono di carcere e di esecuzione penale ignorando cosa prevedono le leggi che regolano questa materia.

 

 

La “Carta di Milano” si richiama ai dettati deontologici. Riafferma il dovere fondamentale di rispettare la persona e la sua dignità, contro ogni forma di discriminazione, di rispettare “la verità sostanziale dei fatti, come espresso dall’ articolo 2 della legge istitutiva dell’Ordine, di rispettare i principi fissati dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, dalla Costituzione italiana e dalla normativa europea.

 

Negli otto articoli della “Carta” si ribadisce il valore di ogni azione che tenda al reinserimento sociale del detenuto, un passaggio complesso che può avvenire a fine pena oppure gradualmente, come prevedono le leggi che consentono l’accesso al lavoro esterno, i permessi ordinari, i permessi premio, la semi-libertà, la liberazione anticipata e l’affidamento in prova ai servizi sociali.

 

Il documento raccomanda l’ uso di termini appropriati in tutti i casi in cui il detenuto usufruisca di misure alternative al carcere o di benefici penitenziari (che non sono – si ribadisce – equivalenti alla libertà, ma solo una modalità di esecuzione della pena, il cui valore può essere illustrato anche da dati statistici), un corretto riferimento alle leggi che disciplinano il procedimento penale, una aggiornata e precisa documentazione del contesto carcerario, un responsabile rapporto con il cittadino condannato non sempre consapevole delle dinamiche mediatiche, una completa informazione circa eventuali sentenze di proscioglimento.

 

Il tema del rapporto tra informazione e realtà carceraria – spiega il documento del Cnog – sarà inserito fra gli argomenti oggetto dell’esame professionale.

 

La violazione di queste regole, nello spirito dell’ articolo 2 della legge istitutiva dell’ Ordine, comporta l’ avvio di procedimenti e l’ applicazione di sanzioni disciplinari.

 

Aggiornamento

 

Dal testo manca però il principio del diritto all’ oblio – è stato sottolineato nella conferenza stampa tenuta venerdì 15 marzo nella sala conferenze di Regina Coeli.

 

La Carta – ha spiegato Gerardo Bombonato, presidente dell’ Ordine dell’ Emilia-Romagna – ”si ispira a due principi: la non ammissione dell’ ignoranza e l’ ineluttabilità del diritto all’ oblio, non per casi di interesse nazionale come il caso Moro ma per quelle piccole storie, non edificanti, che sono errori di vita già scontati”. Questa seconda parte, però, hanno lamentato gli addetti, nella versione firmata dal Consiglio Nazionale dell’Ordine non c’ è.

 

”La Carta si puo’ integrare”, assicura all’ANSA il segretario nazionale Giancarlo Ghirra. ”Chi ha steso il testo – dice – ha saltato un passaggio, forse per la fretta di essere pronti oggi. Proporrò io stesso che venga modificata al Consiglio Nazionale del mese prossimo. Ovviamente il diritto all’oblio va coniugato con il diritto di cronaca. Sono due temi che hanno pari dignità e vanno salvaguardati entrambi con intelligenza”. (ANSA).