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Giornalisti senza Ordini

Negli Stati Uniti ci sono le ‘’shield laws’’, in Belgio c’ è il titolo professionale, in Svizzera è guerra delle tessere stampa, in Germania la professione è garanzia d’ indipendenza, in Francia è un affare di Stato, nel Regno Unito c’è il liberismo assoluto, in Norvegia e in Svezia tutti hanno la tessera.

 

Sull’ ultimo numero di Tabloid – la rivista dell’ Ordine dei giornalisti della Lombardia – una inchiesta su come si diventa giornalisti all’ estero mostra che in ogni Paese – anche in quelli come Germania e Spagna, dove non c’è uno status giuridico vero e proprio di chi esercita professionalmente il giornalismo -, esistono varie leggi che regolamentano la natura e l’ attività dei giornalisti e si richiamano – tutte – a precisi vincoli di autonomia, deontologia e accesso alla professione. Senza che ci sia bisogno di un organismo specifico come l’ Ordine italiano.

 

 

Ma chi dà la ‘’tessera’’ di giornalista? E come è articolato lo status giuridico della professione giornalistica?

 

In generale si è giornalista se si fa il mestiere di giornalista, sulla base di un rapporto contrattuale (da lavoro dipendente o autonomo che sia) con uno o più datori di lavoro. Oppure si è giornalisti se si ha una laurea o un master in giornalismo.

 

Per quanto riguarda invece l’‘’investitura’’ professionale attraverso la tessera, il potere in generale fa capo ai sindacati o ai datori di lavoro.

 

L’ inchiesta – a cura di Paolo Pozzi (Tabloid) e Pino Rea (Lsdi) -  presenta anche le testimonianze di tre colleghi della stampa estera in Italia, raccolte da Stefania Bonacina.  Esperienze diverse fra loro e differenti rispetto alle nostre per quanto riguarda l’accesso,la formazione e l’ inquadramento professionale. 

 

 

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di Paolo Pozzi e Pino Rea

 

 

L’ Ordine dei giornalisti  è un’anomalia solo tutta italiana? Non è proprio così. Che sia la tessera dell’ Ordine o la carte de presse, che sia un titolo professionale o le shield laws, cambiano i fattori ma il risultato non cambia.

In ogni Paese, anche in quelli come Germania e Spagna, dove non c’è uno status giuridico vero e proprio dei giornalisti, in realtà le leggi che regolamentano la natura e l’attività dei giornalisti si richiamano – tutte – a precisi vincoli di autonomia, deontologia e accesso alla professione.

Nell’ordinamento anglosassone – e negli stessi Stati Uniti, in particolare, solitamente portati a esempio di come si possa fare i giornalisti senza un Ordine professionale – in realtà ci sono precisi accordi contrattuali tra le aziende e i loro giornalisti che prevedono il licenziamento del dipendente se il giornalista si rende colpevole di commistione tra pubblicità e informazione o se non garantisce piena autonomia e indipendenza sul lavoro.

 

Dove vige il liberismo più assoluto – ad esempio in Inghilterra – è vero che ci sono grandi scoop dovuti a un fortissimo senso del giornalista come “cane da guardia del potere”, ma è anche vero che questi stessi Paesi, più frequentemente che altrove, sono teatro di grandi scandali come quello, recente, del quotidiano News of the Word di proprietà del magnate Rupert Murdoch, i cui giornalisti – per eccessivo amor di gossip – sono stati travolti, nel 2011, dallo scandalo delle intercettazioni telefoniche illegali – con il benestare della direzione – nei confronti di attori, calciatori, reali, vip e politici.

 

In alcuni Paesi del Nord Europa, invece, gli stessi editori hanno sottoscritto una Carta etica ed esiste la figura dell’ Ombudsman come  giudice-garante dei lettori.

 

Allora vediamo nel dettaglio.

 

Negli altri Paesi chi dà la ‘’tessera’’ di giornalista? E come è articolato lo status giuridico della professione giornalistica?

 

In generale si è giornalista se si fa il mestiere di giornalista, sulla base di un rapporto contrattuale (da lavoro dipendente o autonomo che sia) con uno o più datori di lavoro. Oppure si è giornalisti se si ha una laurea o un master in giornalismo.

 

Per quanto riguarda invece l’‘’investitura’’ professionale attraverso la tessera, il potere in generale fa capo ai sindacati o ai datori di lavoro.

 

 

Il testo completo del servizio (in Pdf) è qui

 

 

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