Intanto, in un post sul suo Buzzmachine, Jeff Jarvis interviene sulla vicenda analizzando quello che c’ è di giusto e di sbagliato nella decisione del giornale. Spiegando che il giornale avrebbe dovuto aggiornare il ruolo dei fotografi e non eliminarli del tutto. Perché alla fine, senza quel ‘’fotografo stellare che può fare ciò che voi e io non potremmo mai fare, quello che vede il mondo in modo diverso, che non ha paura di ficcare il naso e l’ obbiettivo nel cuore di un’ azione’’, non si potrà mai cogliere l’ emozione profonda di un evento.
SBAGLIATO: Le immagini sono più importanti che mai. Internet ci impone praticamente di includere una foto in ogni post. Su Google+ i post senza immagini sono poco apprezzate. Questa settimana nella scuola di giornalismo in cui insegno, il preside ha spiegato che ogni pezzo che pubblichiamo deve essere illustrato.
GIUSTO: Non ci sono mai stati tanti fotografi come ora. Ognuno di noi scatta foto con i cellulari e le condivide con tutti, compresi i direttori dei giornali. Le notizie non aspettano che arrivi un fotografo ufficiale della redazione fotografica per mostrarsi. Non c’ è bisogno che un singolo episodio venga ‘catturato’ da centinaia di obbiettivi diversi.
Proprio come il cronista non fa più tutto da solo – è un lavoro collaborativo il suo – e si concentra soprattutto sul  valore da aggiungere ai flussi di informazione che già esistono, così il fotografo dovrebbe costruire delle nuove relazioni con il nuovo ecosistema iconografico.
Dovrebbero puntare a ottenere le foto migliori per la loro testata se loro non riescono a scattarle. Per molto tempo questo lo hanno fatto, e attualmente hanno anche più modi per farlo. Dovrebbero diventare esperti nella raccolta di foto del pubblico per scoprire che cosa hanno raccolto eventuali testimoni delle notizie. E dovrebbero coltivare dei dilettanti per insegnare a scattare al meglio. Dovrebbero aggiornare ogni redattore e ogni fotografo amatoriale per aiutarli a catturare notizie al meglio delle loro capacità .
Il reparto fotografico dovrebbe dotarsi di strumenti in grado di individuare persone che stanno nel luogo dove c’ è una notizia e di chiedere loro di scattare quello che serve per illustrare una vicenda (roba ovvia: l’ immagine di un edificio che è stato venduto, per esempio, oppure quella di un’ altra dannata tempesta di neve).
I fotografi invece – gli esperti, i professionisti, gli artisti – dovrebbero andare dove possono realizzare il massimo del valore aggiunto, catturando immagini che amatori e cronisti non possono raggiungere e spingendo più in alto gli standard della loro testata.
Questo è quello che il Sun-Times ha appena perso, osserva Jarvis: quel fotografo stellare che può fare ciò che voi e io non potremmo mai fare, quello che vede il mondo in modo diverso, che non ha paura di ficcare il naso e l’ obbiettivo nel cuore di un’ azione.
Quando ero un giornalista alle prime armi a Chicago Today, nel 1973  – ricorda Jarvis – il direttore, Milt Hansen, chiamava i nostri fotografi ‘’Lensmen Dauntless’’ (‘’Lensmen coraggiosi’’, da una serie di fumetti e film di fantascienza, ndr) e dava a ciascuno un soprannome, come per esempio, Fearless Frankie Hanes (‘’Frankie Hanes senza paura’’, ndr). Sono andato a seguire con Frank per il giornale degli scontri e lui mi ha insegnato e protetto anche se rischiava la testa per ottenere l’ immagine migliore. Nessun giornale potrebbe chiedere a un dilettante o a un redattore di farlo.
Intendiamoci, stiamo insegnando a tutti i nostri studenti alla CUNY come scattare le foto migliori. Il mio collega che cura il corso riconosce che ora c’ è una necessità ancora maggiore di un training di quel genere. Che è una cosa buona e giusta.
Ma è difficile che i reporter a cui viene insegnato come ascoltare, analizzare, fare domande, prendere appunti e cercare testimoni ed esperti, riescano anche a catturare l’ emozione, lo stato d’animo, il feel, il punto di vista speciale di un evento. Oh certo, si può insegnare loro a fare una foto decente di un ragazzo su un podio o un edificio con il sole al posto giusto.
Ma forse abbiamo raggiunto il limite di quello che ci si dovrebbe aspettare da un giornalista: mostri-a-otto-braccia, come diceva un mio studente, che fanno tutto quello che un giornalista dovrebbe fare più a scattare foto, più prendere un video, più registrare l’ audio, più pietire qualche dato e più sapere di impaginazione.
Certo, hanno bisogno di saper fare ognuna di queste cose, ed è per questo che insegniamo loro quelle pratiche. Ma tutte queste cose assieme? In una volta? Non senza aiuto. Non senza gli esperti, i professionisti, gli artisti, conclude Jarvis.
Ecco, non senza, i ‘’lensmen coraggiosi’’.