Il crollo della pubblicità tradizionale e l’impossibilità di traghettarsi dalla crisi al futuro
Il giorno 11 febbraio il papa si è dimesso. Evento veramente storico. Il giorno dopo, stranamente, mi sono presentato in edicola per comprare un giornale e fare un’ analisi empirica che mi serviva. E’ un’ analisi che faccio periodicamente. Le notizie le avevo tutte, non mi servivano. Volevo misurare la quantità di pubblicità presente sui giornali in un giorno in cui se ne sarebbero venduti molti e che quindi sarebbe stata presentata con molto appeal agli investitori pubblicitari. Poi l’evento clou era avvenuto all’ ora di pranzo per cui c’era tutto il tempo delle concessionarie di vendere pubblicità aggiungendo anche last minute stuzzicanti.
L’unico giornale nazionale ancora presente nell’edicola sotto casa era La Stampa. L’ho sfogliato: da pagina 1 a pagina 15 non c’era un millimetro di pubblicità . A pagina 16 mezza pagina di pubblicità di Jeep (gruppo fiat, proprietario della testata). A seguire una mezza pagina di comunicazione a pagamento di convocazione di assemblea di Exor (azionista di maggioranza del gruppo Fiat). A pagina 20 una pagina intera di pubblicità vera di una nota catena di sofà . Ancora a seguire a pagina 23 i necroclogi, manna dal cielo per salvare il bilancio. A seguire due mezze pagine e una intera di vendite giudiziarie dei tribunali: le crisi portano fallimenti a frotte, ma serve anche quello per sopravvivere .
Ora non vi tedio oltre con l’ analisi pagina per pagina, ma fino a pagina 50, fine della parte nazionale del giornale ho trovato 8 pagine e mezzo di pubblicità , di cui le ultime 2 del giornale, le meno care. Le inserzioni sul fascicolo locale sono più incoraggianti: 9.5 pagine su 30, con però quasi 3 pagine di autopubblicità di prodotti della testata. Una situazione per niente positiva.
Questo è il dato empirico. Il dato economico potrà essere valutato fra qualche mese, ma la crisi enorme del mercato pubblicitario tradizionale e la flessione relativa del mercato della pubblicità online non potranno che essere fatali a molte testate generaliste. Molte di queste cercano di traghettarsi con l’attuale piano di costi e con le stesse voluminose e poco produttive redazioni dal mondo cartaceo a quello digitale, ma per ragioni di costi e quindi di margini non ce la possono fare e per ragioni tipicamente sindacali non vogliono tagliare personale oramai, ci si consenta il termine, in esubero. E’ la fine di un vecchio mondo, senza rimpianti.